Liberamente corrente, o no?
11 Luglio 2010
Liberamente, corrente di partito o think tank filo-governativo? Dalla Sicilia che, negli ultimi mesi, è stata la terra madre di strappi e lacerazioni dentro il Pdl è più che legittimo porsi la domanda.
Ieri, a spolverare pepe sulla portata, servita sabato a Siracusa durante la seconda uscita pubblica della neonata fondazione, pensata dalle ministre Stefania Prestigiacomo, Mara Carfagna, Mariastella Gelmini e dal titolare degli Esteri, Franco Frattini, ci ha pensato il presidente del Senato Renato Schifani il quale ha proposto la sua visione: “Liberamente non può che definirsi una corrente, al di là di quanto sostengono i suoi fondatori”.
Per la seconda carica dello Stato "non basta riconoscersi in Berlusconi, se poi si creano le condizioni per disaggregare il partito. L’esperienza infatti insegna che se nasce una corrente, altre ne seguiranno”.
Secondo Schifani, invece, sarebbe più opportuno riavvicinare l’area forzista con quella di An che si è allontanata dal presidente della Camera Gianfranco Fini. Eppure la Prestigiacomo dal palco del convegno su “Sud e Federalismo” (location un antico maniero di pietra bianca a strapiombo sul mare, il Castello Maniace, nella sua Siracusa), aveva esordito spiegando proprio come Liberamente non nasce per essere una corrente di partito ma, “uno spazio di confronto aperto al dibattito”.
Insomma, il distacco dalla corrente di partito è netta e, nel meeting di Siracusa, questo è stato – almeno sulla carta e nei propositi iniziali – confermato. Frattini ha parlato di Liberamente, come di uno “stimolo per alimentare il dibattito politico del Paese”. A ruota la Gelmini: “"Liberamente non è una corrente ma un’organizzazione di tipo culturale.
Ha l’obiettivo di aprire il mondo della politica ai giovani e alla società civile, soprattutto alle nuove generazioni che si riconoscono in Berlusconi e nella politica del fare. Quindi Liberamente non nasce affatto per dividere e, Berlusconi, che conosce l’iniziativa l’approva”. “Il nostro leader lo abbiamo – dice la Carfagna – e noi Silvio Berlusconi lo sosterremo sempre”.
Assenti al convegno i finiani, anche se il loro pensiero è stato in qualche modo interpretato ed evocato dal j’accuse di Miccichè ai vertici del partito romano. Poi l’analisi dei temi sul tavolo: il Mezzogiorno e il Federalismo. Tre tavole rotonde, con un’articolata retrospettiva sul Sud e le prospettive del federalismo, con le analisi di Paolo Mieli e del sociologo Luca Ricolfi.
Nel programma era prevista la partecipazione anche del ministro Raffaele Fitto ma alla fine è stato annoverato tra gli assenti. Per impegni istituzionali, spiega il suo portavoce. All’apertura del convegno è giunto un messaggio del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Scomodando Goethe, “senza la Sicilia l’Italia non lascia traccia nell’anima e questo è vero anche per me”.
Nel corso dei lavori di Siracusa tutti d’accordo sulla grande opportunità di sviluppo che il federalismo offre non solo al Nord, ma anche al Sud. “L’Italia – ha spiegato il ministro Frattini – partecipa a un grande disegno europeo. Non ci sono un Sud e un Nord che perseguono proprie strategie. Senza la Sicilia, senza il Sud non può esserci un Paese che si consolida dentro la grande scena euro mediterranea”.
Ma la Sicilia è anche quella regione "ballerina", e non solo per i vulcani che ne caratterizzano il territorio, ma in chiave politica per le continue crisi degli esecutivi regionali: il governatore Lombardo sta lavorando al quarto governo in due anni. Questa volta, pare, con il sostegno di Mpa, Pd, Udc, rutelliani e finiani. Fuori una buona parte del Pdl e destino ancora ignaro per la costola siciliana di Gianfranco Micciché.
A Siracusa, però, la Prestigiacomo, non è riuscita nell’impresa più difficile, quella di far incontrare Micciché con il co-coordinatore del Pdl "lealista" nell’Isola, Giuseppe Castiglione, che non ha preso parte al convegno. Micciché dal canto suo non ha risparmiato fendenti. Sui problemi della classe dirigente del Pdl, il sottosegretario con delega al Cipe, ha fatto capire chiaramente che stanno più a Nord che nel Meridione: “Chi ha dei problemi si chiama Brancher, Verdini e Cosentino. Uno è del Sud ma gli altri due, fino a prova contraria, sono del Nord”.
“Un tempo – ha aggiunto – eravamo noi i farabutti, ma adesso da queste parti non ce ne sono più”. Quindi l’altra stoccata sulla Regione. “"Dobbiamo avere il coraggio di smuovere le cose alla Regione. Abbiamo una classe burocratica terrificante. Non si riesce ad avere un sì, per averlo si esce pazzi”.
La chiosa è eloquente: "Conosco una quantità di imprenditori venuti in Sicilia per investire soldi. Sono arrivati sani e sono andati via dopo alcuni anni con lo psicanalista. Dobbiamo dire ai dirigenti: quando la direttiva politica è sì, se tu dici no io ti licenzio. O si fa in questa maniera o questa regione non avrà speranze”.