Liberati i due ostaggi Farc, ma per Chavez è un successo a metà

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Liberati i due ostaggi Farc, ma per Chavez è un successo a metà

Liberati i due ostaggi Farc, ma per Chavez è un successo a metà

11 Gennaio 2008

La terza volta è stata quella buona. La guerriglia delle
Forze Armate Rivoluzionarie di Colombia (Farc) ha infine consegnato al
presidente venezuelano Hugo Chávez le due prigioniere liberate Clara Leticia
Rojas e Consuelo González de Perdomo. La prima, candidata alla vicepresidenza
colombiana per il partito Verde Ossigeno, era stata sequestrata assieme alla
candidata alla presidenza Íngrid Betancourt il 23 febbraio 2002; la seconda,
deputata, era stata invece catturata il 10 settembre 2001: il giorno prima l’attacco
alle Torri Gemelle!

Già a novembre, durante il suo viaggio in Francia, Chávez
aveva parlato dell’operazione. Ma lo aveva fatto in conferenza stampa con uno
dei suoi classici show esibizionistici, e andando ben oltre il mandato che il
collega colombiano Uribe Vélez gli aveva dato. Ad esempio, aveva detto che i
due presidenti sarebbero stati disponibili a parlare tutti e due coi leader
della guerriglia per ottenere la liberazione di alcuni ostaggi, quando in
realtà l’offerta del governo di Bogotá era di un vertice a tre solo dopo la
liberazione di tutti gli ostaggi in mano alle Farc, dopo un cessate il fuoco, e
nel contesto di una trattativa per un accordo di pace definitivo. Era finita a
insulti, come d’altronde è prassi nelle relazioni tra Chávez e Uribe, ormai
abituati da anni a passare in continuazione dalle strette di mano ai litigi da
lavandaia e viceversa. E poi Chávez aveva ricevuto anche lo schiaffo della sconfitta
interna, al referendum del 2 dicembre per la riforma costituzionale che gli avrebbe
permesso di farsi rieleggere a ripetizione.

Proprio per recuperare un po’ di immagine internazionale Chávez
era però tornato a parlare della possibile liberazione di tre ostaggi a fine
anno, in seguito a un’offerta unilaterale delle Farc probabilmente leggibile
anche come una volata in soccorso per un leader che i guerriglieri sentono
vicino. Ed era stata montata così la cosiddetta “Operazione trasparenza”, con
la concessione da parte dei militari colombiani di un salvacondotto per
l’arrivo di una missione di elicotteri venezuelani con insegne della Croce
Rossa. A bordo con lo stesso Chávez sono venuti “delegati”  di Francia, Svizzera, Cuba, Bolivia, Ecuador,
Brasile e Argentina, in quest’ultimo caso addirittura l’ex-presidente Néstor
Kirchner. E si era aggregato il regista Oliver Stone, interessato a girarvi
sopra un documentario. Ma per quattro giorni la carovana mediatica ha atteso
nella jungla che le Farc mandassero le coordinate, senza riceverle. Finché a
Capodanno non ha infine gettato la spugna. “Come delegati crediamo sia
opportuno sospendere temporaneamente la nostra presenza in territorio
colombiano”, ha spiegato Kirchner. “Quando ci saranno le condizioni per la
consegna di Consuelo, Clara ed Emmanuel, il gruppo di delegati internazionali riprenderà
immediatamente la sua missione”.

Durissime le accuse di Chávez a Uribe di aver “dinamitato”
l’“Operazione Trasparenza”.  “Le intense
operazioni miliari nella zona ci impediscono per ora di consegnarveli come era
nostro desiderio”, era il testo della lettera rivoltagli dal segretariato delle
stesse Farc e da lui letta alla tv di Stato venezuelana. “Accuso il presidente
di Colombia di stare mentendo, di stare manipolando”, ha commentato. “Uribe:
guarda di più qua e di meno verso Bush. Staccati da Bush e abbracciamoci, per
fare la patria grande. Rifletti Uribe, gli Stati Uniti non vogliono la pace per
nessuno e farebbero festa con una guerra tra Venezuela e Colombia”.  Prima però le Farc avevano detto di non poter
dare le coordinate agli elicotteri venezuelani con insegne delle Croce Rossa
che avrebbero dovuto prelevare gli ostaggi perché non c’erano condizioni
atmosferiche favorevoli. Uribe, in conferenza stampa col comandante delle Forze
Armate Freddy Padilla, ha quindi rigirato l’accusa di menzogna sui
guerriglieri. “Qui non c’è cattivo tempo atmosferico. Nelle ultime ore c’è
stato tempo brillante e le Farc dicono che le condizioni atmosferiche hanno
impedito la liberazione dei sequestrati. Le Farc mentono, come è stata la loro
usanza: mentire. Qui non si sono avute operazioni militari nelle due ultime
settimane nell’area, come ha appena confermato il Comandante delle Forze
Militari il generale Padilla de León”. Al contrario, hanno detto i  militari, sarebbe stata la guerriglia a
rompere la tregua: in particolare col missile che il 29 dicembre ha lanciato
contro un aereo militare che portava un gruppo di familiari di marines in una
caserma, per permettere loro di celebrare assieme a loro il Capodanno.

Ma soprattutto Uribe ha accusato le Farc di non aver
mantenuto i loro impegni “perché non hanno in loro potere il bambino Emmanuel”.
Emmanuel, il terzo ostaggio da liberare, è il figlio che la Rojas tre anni fa
ebbe da uno dei guerriglieri suoi carcerieri. L’asserzione di Uribe era basata
sul caso di un bambino che ha la stessa età apparente di Emmanuel, che è oggi
allevato in un istituto di Bogotá, e che con il nome di Juan David Gómez
Tapiero fu consegnato ai servizi sociali nel dipartimento amazzonico del
Guaviare il 16 giugno 2005
in condizioni disastrose: denutrito, con una frattura al
braccio, tormentato dalla diarrea e affetto da malaria e leishmaniosi. Una
storia incredibile, e che però l’analisi del dna ha dimostrato vera: tanto a
ricordare che la Colombia è sempre il Paese del realismo magico. Alla fine le
stesse Farc l’hanno ammesso, con un comunicato demenziale in cui accusavano il
governo di aver “sequestrato” il bimbo nell’istituto apposta per impedire loro
di consegnarlo a Chávez: invece che alla nonna! Il presidente venezuelano però
poco prima aveva detto nero su bianco che il piccolo non poteva essere
Emmanuel, pena la perdita di credibilità delle Farc. E il colpo è stato dunque
accusato, anche perché condito da varie difficoltà interne che l’hanno
costretto a un radicale rimpasto di governo. Anche Uribe si è però dovuto
subito rimangiare l’irata dichiarazione che non ci sarebbero più state
mediazioni del genere: per le pressioni dei parenti, della Francia, e anche del
Brasile di Lula, che è un importante fornitore di armi anti-guerriglia alle
Forze Armate colombiane, ma che ha detto di voler appoggiare l’”esfiltrazione
clandestina” degli ostaggi di cui aveva iniziato a parlare Chávez.

Di qui il nuovo compromesso, annunciato dal ministro della Difesa
colombiano Juan Manuel Santos. Nuovo salvacondotto, e nuova missione: ma a
condizione che fosse discreta, “coordinata col governo colombiano”, e senza la
presenza di personaggi che come Oliver Stone ne approfittassero per fare
dichiarazioni filo-Farc. In bisogno sempre più disperato di un successo
qualsiasi, Chávez si è adattato. Stavolta così la “carovana” sugli elicotteri è
stata essenziale: il ministro dell’Interno venezuelano, un suo assistente, un
medico, un giornalista venezuelano, l’ambasciatore di Cuba in Venezuela e gente
della Croce Rossa. E finalmente la liberazione è andata in porto.