Libonati lascia, il Cda ricomincia da zero

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Libonati lascia, il Cda ricomincia da zero

Libonati lascia, il Cda ricomincia da zero

01 Agosto 2007

Oggi primo agosto 2007, inizia quello che dovrebbe essere il “gran finale” della partita Alitalia: si tiene il Consiglio d’Amministrazione della compagnia con il compito di definirne il piano industriale e mettere in atto le procedure di privatizzazione. Il Presidente, Bernardino Libonati, un professore universitario con grande esperienza di economia aziendale soprattutto nel settore privato, ha rassegnato le sue dimissioni, in quanto aveva accettato il mandato con la finalità specifica di giungere alla privatizzazione dell’azienda. Il Governo ha chiamato a sostituirlo Maurizio Prato, il cui pedigree è, nel bene e nel male, quello di un “bojardo di Stato”, come venivano definiti un tempo i manager delle imprese a partecipazione statale.

Nato a Foligno nel 1941, sposato e con due figli, Prato è laureato in Giurisprudenza ed Economia e Commercio. Dal 1978 (prima, anche se breve, esperienza di governo di Romano Prodi nella veste di Ministro dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato) ricopre numerosi incarichi direttivi in società pubbliche. La sua carriera è tutta all’insegna del mondo Iri. Inizia nell’Italstat, dove è vice direttore generale. Poi passa alla Sifa, società del Gruppo Iri operante nel settore immobiliare, finanziario, del capital market e del merchant banking. Dal 1989 al 1998 è condirettore generale Italstat, vicepresidente Autostrade e amministratore delegato di Autostrade International e di Bonifica. Dopo essere stato direttore generale di Iritecna, nel momento di fusione tra Italstat e Italimpianti è stato responsabile della direzione pianificazione e controllo Iri, ricoprendo cariche di consigliere di amministrazione e di componente di comitato esecutivo delle principali aziende controllate: Alitalia, Finmeccanica, Fincantieri, Cofiri, Stet, Telecom, Iri management. Fino al 2003, ha rivestito incarichi al vertice di Iri (direttore centrale) e di Fintecna, presidente operativo, oltre ad essere stato consigliere di Amministrazione in Rai Holding, Finmeccanica e Alitalia. A oggi è presidente e amministratore delegato di Fintecna e presidente di Grandi Stazioni. La sua “culture”, per utilizzare il lessico anglosassone, è, dunque, quella di uomo cresciuto nell’industria di Stato negli anni in cui Giuliano Amato, in un libro sulla politica del settore edito da il Mulino, chiamava “impiccione” e “pasticcione” l’intervento pubblico a favore dello Stato produttore (tanto di metallurgia quanto di panettoni passando per linee aeree e le agenzie di viaggio).

Prato giunge al vertice dell’Alitalia in un contesto un cui, fallito il beauty contest (come da noi profetizzato da mesi – non ci voleva la sfera di cristallo ma solo buon senso per farlo), sta guadagnando strada l’idea di chiudere la partita a trattativa diretta, invitando a parteciparvi un certo numero di interessati (oltre a AirOne, Aereflot, il fondo Tpg e, semmai, Air France e Lufthansa). La trattativa diretta non verrebbe gestita dalla pubblica amministrazione (al pari del beauty contest) ma dalla Alitalia in quanto s.p.a. In tal modo, si agirebbero le regole, italiane e soprattutto europee, che richiedono appalti pubblici – ivi compreso il nuovo Codice per gli Appalti approvato dal Consiglio dei Ministri venerdì scorso 27 luglio. E’ uno strumento utilizzato per decenni da quel mondo delle partecipazioni statali dove Prato è cresciuto e da cui è stato plasmato. Nel XXI secolo non si addice né all’Italia né all’Alitalia. In primo luogo, quali siano le sottigliezze giuridico-formali, nell’epoca dell’integrazione economica mondiale esiste una  lex mercatoria internazionale per le transazioni finanziarie e commerciali che prevede gare pubbliche per partite come quelle della vendita dell’Alitalia , o del suo pacchetto azionario di riferimento. Tale lex mercatoria è molto più cogente delle norme scritte in quanto non seguirla comporta un danno reputazionale serio. E all’Italia ed all’Alitalia.

Ci sono strade che possono, e debbono, essere percorse. La via maestra è un’asta vera e propria (di quelle che tecnicamente si chiamano “aste alla Vickrey” dal nome dell’economista che ha ricevuto il Premio Nobel per averle teorizzate e proceduralizzate). Se necessario, l’asta dovrebbe essere preceduta da una fase di commissariamento , basata, però, non sulla legge Prodi degli anni ’70 (mirata alla vendita di rami d’azienda) ma sulla legge Marzano, concepita sulla scia della crisi Parmalat e mirata al risanamento strutturale dell’impresa.

L’Alitalia ha liquidità sino alla fine del 2007. Si sono sprecati sette mesi per un beauty contest inconcludente. Evitiamo di sprecarne altri in diatribe bizantine, tentando di fare resuscitare un’epoca ed un modus operandi ormai morti e sepolti.