L’imbarazzante mediocrità del cattolicesimo “critico” alla Micromega

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L’imbarazzante mediocrità del cattolicesimo “critico” alla Micromega

20 Luglio 2007

Il recentissimo fascicolo di Micromega (2007/4), pieno di presenze cattoliche, provoca con davvero utili esempi a
proseguire un’analisi del cattolicesimo “critico” e “democratico”
italiano già avviata. Nel ricco menu si propongono due temi di attualità
religiosa: la crisi della presenza cattolico-democratica, su cui dovremo
tornare, e la valutazione del Gesù di
Joseph Ratzinger.  Alle pagine polemiche dedicate alla
“imbarazzante mediocrità” del Gesù di Nazaret, in linea con tutto quello
che la rivista di D’Arcais riserva alle cose della Chiesa di Roma,  contribuisce don Franco Barbero, “presbitero
della Comunità cristiana di base di Pinerolo” (posizione di cui non saprei
cogliere il profilo canonico: per essenza non sembrano sussistere nella Chiesa
comunità “di base”) e studioso dotato per autocertificazione di un invidiabile
patrimonio di 2.780 opere “espressamente cristologiche”, cioè di una vasta
cucina rispetto al “cucinino” (come Barbero dice) di pochi libri usati dal
piccolo professore bavarese ora Papa.

Leggo: “Dal Gesù [non il libro ndr] di Ratzinger mi sono congedato da molto tempo. Il Gesù dei
dogmi non mi interessa, quando esso viene a trovarsi in contrasto con il Gesù
ebreo, che secoli di studi [diciamo, da Spinosa in poi pdm] ci aiutano ad avvicinare e a comprendere un po’ meglio”. E
prosegue: “constato il mio ampio dissenso [dalla comunque rispettabile, per il
generoso Barbero, interpretazione del Pontefice ndr] e penso che sia assolutamente normale essere diversi nella stessa Chiesa. Non si è
un’altra Chiesa [quando si è diversi ndr],
ma una Chiesa ‘altra’”. 

In questi sinceri quanto incauti enunciati possiamo
riconoscere, come un tutto nel frammento, la sostanza del disastro subìto e
compiuto dall’intelligencija
cattolica di questi ultimi decenni. 

Infatti il Gesù di Ratzinger  – intendo anch’io non il libro ma proprio
Gesù di Nazareth, il Figlio dell’Uomo,
colui di cui Ratzinger dichiara: “Egli proviene da Dio. Egli è Dio” – non è il
Gesù di un’opinione rispettabile seppure “semplicistica” (Barbero). Il Gesù di
cui scrive Joseph Ratzinger è l’unico Cristo della professione di fede
cristiana, degli Evangelisti, di Paolo, dei Concili.  Proprio per non essere stato studiato come un
a-teologico “Gesù storico” è il Gesù non dualistico (fede o storia) della divinità del Figlio di Dio fatto carne, il Gesù
della Tradizione cristiana vitale. Una 
Tradizione che è necessariamente anche ragione,  logos.

Cosa comporta ritenere, e far credere, che il
“contrasto” tra il Gesù dei dogmi e il Gesù ebreo (un linguaggio insidiosamente
de-ellenizzante, non nuovo, di cui diffidare), autorizza ad intervenire
riducendo, in realtà demolendo l’economia del Credo, ovvero dell’intero quadro
dogmatico? Non si dica che questo atteggiamento è questione tecnica di
professori e di aggiornamento culturale. Se così fosse non troveremmo le
friabili congetture della discussione dotta trasferite in enunciati come quelli
del Gesù di Stephen J.Patterson,
citato da Barbero.  Patterson che, com’è
di moda, sviluppa la sua strategia affiancando od opponendo ai Vangeli canonici
la pretesa “verità” emarginata di qualche apocrifo, ci dice ad esempio  che Gesù “non pretendeva affatto di essere
Dio incarnato [formulazione dilettantistica ndr].
Ma affermava la Presenza
del Regno di Dio”. Ora, se questa è
“l’origine della fondamentale convinzione cristiana secondo cui Dio è presente
nella condizione umana”, allora “questo è
il significato dell’incarnazione”.

Conta osservare l