L’immigrazione ha molti volti, il governo poche idee

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L’immigrazione ha molti volti, il governo poche idee

03 Febbraio 2009

Pochi lo ricordano, ma trenta ani fa, il 22 maggio del 1979, un somalo Alì Giama, fu bruciato vivo da alcuni giovinastri, mentre dormiva avvolto negli stracci sotto l’arco della Pace, nel pieno centro di Roma, a un tiro di sasso da piazza Navona. L’orrore e il raccapriccio per il povero Singh, bruciato vivo come Alì Giama, non sono dunque nuovi, in Italia. Anzi, se si leggono le cronache ci si accorge che gesti orribili come questi, si sono replicati a Genova, Rimini, altrove.

Detto questo, però, dato alla ferocia lo spazio che si è ormai conquistata nelle nostre quotidianità malate, in questi giorni avvertiamo un “di più”: stupri di gruppo ovunque in Italia (spesso il “branco” è di immigrati), si intrecciano con polemiche sul Kebab, sulle moschee nuove e ora – e non è un paradosso – con le Trade Unions inglesi – non qualche operaio estremista – che scendono in sciopero contro operai italiani di una società siciliana che ha vinto un appalto in Gran Bretagna. Un clima asfissiante, pesante, aggravato dalla strumentalità politica in vista delle elezioni, dalla idiozia buonista delle sinistre, dal livore eccessivo dei leghisti e… dal silenzio tombale del governo.

Il punto, a nostro parere, è questo: ciclicamente avviene che tutto paia precipitare, che nulla più si tenga, che il caos degli avvenimenti, la violenza della cronaca, la facciano da padroni avvelenando le comunità nazionali. Oggi questo si vive in Italia, con un moltiplicatore infinito che è la crisi economica mondiale. Finisce in questi mesi, infatti, un ciclo che era iniziato più di 50 anni fa, alla fine della guerra. Un ciclo di espansione, di benessere continuo, di consumi crescenti, di famiglie che sentivano la propria affermazione sempre più solida, sicura, il proprio futuro noiosamente assicurato in un consumismo tanto demente, quanto indiscutibile. Non è più così, per la prima volta dal 1929, la recessione è planetaria, riguarda tutto e tutti e – oggi come allora – nessuno riesce a dare al mondo la sensazione di un governo sicuro. La speranza ingenua in Obama è durata lo spazio di un mattino e nulla appare all’orizzonte a sostituirla.

In questo mondo piovoso e gelido, vengono al pettine tutti i nodi: in Italia, quello della mancanza di un progetto. Tutto qui. In Italia nessuno, men che meno il governo, dimostra di avere un progetto serio per sistemare tutti gli aspetti complessi ed enormi portati dall’immigrazione. Peggio ancora, in Italia un partito, il Pdl –lo ha notato con coraggio Beppe Pisanu- ignora bellamente il problema, lo delega alla Lega, dimostra una insensibilità sociale degna di miglior causa. In Italia, insomma, non c’è una forte autorità politica o civile che spieghi agli italiani quale deve essere il volto del paese da qui a dieci anni, anzi, c’è qualcuno, la Caritas, il Pd, lo stesso Gianfranco Fini, che spaventa ancor più gli italiani sostenendo che tutti i quattro milioni di immigrati devono diventare – ma proprio tutti – cittadini italiani, con buona pace delle Trade Unions padane che da qui a poco imiteranno i colleghi inglesi.

Si avverte, insomma, un terribile, preoccupate, “vuoto politico”, vuoto di leadership, innanzitutto nelle forze del governo che continuano a trattare il problema dell’immigrazione come fosse un problema sociale, tipo pensioni, mentre invece è il più grave problema identitario nazionale che un paese possa e debba oggi affrontare. Sino a quando Silvio Berlusconi e i suoi ministri non faranno questo passo, non comprenderanno che devono plasmare con scelte e politiche coerenti il volto dell’Italia futura, calibrando, mescolando, ma anche separando destini e etnie, la situazione non potrà che peggiorare.