L’imperatore sud-americano della telefonia mette le mani sul NYT
12 Settembre 2008
Secondo uomo più ricco del mondo dopo essere stato per un po’ addirittura al primo posto della classifica di Forbes, Carlos Slim Helú è famoso da noi soprattutto per quando in cordata coi texani di AT&T provò a comprare Telecom: scontrandosi però con le barricate che favorirono invece l’acquisto da parte di Telefónica, dello spagnolo César Alierta. La verità è però che a Slim la nostra ex-telefonica di Stato non interessava tanto per il mercato italiano, quanto piuttosto per la possibilità di mettere con essa le mani su alcune partecipazioni che gli avrebbero permesso di rafforzare il suo impero latino-americano. La stessa chiave permette di spiegare l’ultimissima clamorosa decisione di Slim di entrare anche nel New York Times, acquisendo un pacchetto di azioni che col suo 6,4% gli permette di diventare il terzo controllore del prestigioso quotidiano in ordine di importanza, dopo la famiglia Ochs-Sulzberger e il fondo Harbinger Capital Partners.
Il cuore dell’impero di Slim è nel natio Messico, dove ha con Telmex e América Móvil rispettivamente del 91% della telefonia fissa e del 77% di quella mobile. Ma América Móvil ha anche il 18% del traffico in Cile; è il primo operatore in Brasile, Guatemala e nel pre-pagato Usa; ha acquisito le ex-posizioni Tim in Perù; è presente in Argentina, Uruguay e Paraguay; ed è inoltre appena sbarcato nella Repubblica Dominicana e a Porto Rico. Mentre Telmex dopo aver creato una filiale Usa ha acquisito la ex-società di Stato guatemalteca Telgua, si è poi ulteriormente espansa in America Centrale, e ha infine comprato nel 2004 sia Brasil Embratel che AT&T Latin America, quest’ultima con presenza in Colombia, Argentina, Brasile, Perù, Cile e Uruguay. Insomma, Slim è su entrambi i fronti il primo operatore telefonico latino-americano. Una posizione che attraverso l’acquisto di Telecom Italia avrebbe potuto ulteriormente rafforzare con Tim Brasil, secondo operatore mobile del Paese; con Telecom Argentina, 4 milioni di utenti fissi e 7,6 milioni mobili, di cui il 10,3% in Paraguay; e perfino con la cubana Etecsa, di cui ha una quota del 27%, sia pure minoritaria rispetto al 73% del Ministero delle Informazioni e Comunicazioni dell’Avana. Anche così, parliamo così di 100 milioni di utenti, e del 73% del traffico di telefonia mobile in America Latina.
Se i cellulari sono un robusto presente, però, il futuro sta diventando sempre più la tv via Internet, dove la sua Tv Telmex l’anno scorso è sbarcata in Cile, Colombia e Perù, cui a marzo ha aggiunto l’Ecuador. Se si pensa al mercato di quegli immigrati per i quali diventa la rete il modo più pratico per continuare a seguire le emissioni di casa senza il costo e le limitazioni di parabole e satelliti, si capisce la portata del business. E uno studio di Signals Telecom Consulting ha infatti appena previsto che in capo a 5 anni la tv via rete di Slim avrà 4 miliardi di dollari di fatturato, oltre a una quota di mercato pari al 31%. I 200 milioni di dollari che il magnate messicano ha speso per le azioni del New York Times in suo possesso, pur se in teoria poco in rapporto a un patrimonio di 60 miliardi, potrebbero sembrare un’operazione in perdita, se riferiti solo a un giornale che, per quanto prestigioso, è oggi coinvolto dalla più generale crisi della carta stampata. Ma diventano perfettamente comprensibili, se si pensa alla nascita di un conglomerato che si propone di gestire contenuti diversi facendo però lavorare telefonia fissa, cellulari, internet, radio, tv e giornali di carta tutti assieme.