
L’individualismo della Rand è la risposta alla morale altruista di Obama

19 Maggio 2011
Ayn Rand, che sperava di far nascere un movimento culturale di massa dalle sue idee, ha fallito la missione. La sua filosofia, “l’Oggettivismo” (nome ideato dalla Rand per contrapporlo a Idealismo ed Esistenzialismo) è rimasta una curiosità per pochi studiosi e appassionati.L’Oggettivismo, la cui diffusione era il vero e unico scopo dei romanzi della Rand, è una filosofia completa. La sua metafisica è la realtà: l’esistenza esiste, anche al di fuori dei nostri sensi. Quel che noi percepiamo come realtà non è un prodotto della nostra mente, ma c’è, indipendentemente dalla nostra capacità di percepirla.
L’epistemologia è fondata sulla ragione: la mente è il mezzo con cui l’uomo impara a conoscere, catalogare e concettualizzare la realtà. La ragione esclude la fede e domina l’istinto: l’Oggettivismo è una filosofia perfettamente atea, senza compromessi. L’uomo nel suo percorso di apprendimento ed esplorazione della realtà è sostanzialmente solo. Da solo, l’individuo pensa e prende decisioni. Solo all’individuo e non alla collettività, vanno garantiti diritti che proteggono la sua vita e le sue proprietà da aggressori esterni. L’individuo ha il diritto (e il dovere morale) di perseguire i suoi interessi, ai fini della sua stessa sopravvivenza. L’etica oggettivista non solo non condanna, ma elogia l’egoismo. La politica oggettivista è esplicitamente favorevole al libero mercato e alla riduzione ai minimi termini dello Stato. Il capitalismo è l’unico sistema in cui gli individui non si rapportano fra loro come padroni e schiavi, ma come mercanti intenti a effettuare scambi.
Benché l’Oggettivismo abbia tuttora poco seguito in America e i militanti del Tea Party siano in gran maggioranza cristiani osservanti, La Rivolta di Atlante è una guida per quasi tutti loro. Prima di tutto per lo scenario descritto: l’America immaginata dalla Rand non è così lontana da quella di Obama. Il lento processo di deragliamento dei valori individualisti americani verso il collettivismo, a partire dalle accademie, per arrivare alla politica, è ben visibile sin dagli anni Sessanta. Obama è considerato come il culmine di questo percorso. I cattivi del romanzo, grandi imprenditori che chiedono la protezione dello Stato, intellettuali collettivisti, politici pronti a cancellare i diritti di libertà individuale per aver più potere, sono identificati, di volta in volta, nelle banche beneficiarie del bailout, nelle grandi industrie automobilistiche di Detroit che hanno ricevuto l’aiuto di Stato, nei professori progressisti (dal keynesiano Paul Krugman, premio Nobel per l’Economia 2008, all’ecologista Jeremy Rifkin) che egemonizzano le opinioni nei media più diffusi e tutte le più prestigiose università statunitensi e nella classe dirigente democratica, pronta a nominare “zar” (che non rispondono all’elettorato, ma al solo Presidente) alla guida di tutti i settori chiave dell’economia.
Anche il tema energetico è centrale e molto attuale. L’estate del 2008 fu caratterizzata dal rialzo dei prezzi del petrolio in tutto il mondo. Durante la campagna elettorale, i conservatori americani si distinguevano dai progressisti perché predicavano lo sfruttamento di tutte le risorse disponibili, anche in territorio americano, superando i limiti imposti alla ricerca e alla trivellazione fissati per motivi ecologici. La filosofia di fondo di chi vuole piena libertà energetica è così riassumibile: l’uomo è lo scopritore dello sfruttamento energetico, più la ricerca è libera, migliori saranno le soluzioni scoperte, senza alcun limite. John Galt, il misterioso protagonista de La Rivolta di Atlante, è, appunto, lo scopritore di una nuova fonte energetica. Fugge dallo Stato e dalla società che gli impediscono di lavorare e mettere a frutto la sua scoperta. Questa filosofia è l’opposto rispetto a quella ecologista, adottata quasi universalmente negli ambienti progressisti. Secondo gli ecologisti l’uomo è il cancro della Terra, sfruttando le risorse le consuma e le esaurisce. Solo ponendo limiti ferrei al consumo l’uomo potrà salvarsi.
La Rivolta di Atlante, dunque, è fonte di ispirazione per tutti i tea partiers perché offre loro spunti e argomenti per combattere una battaglia contro l’“obamismo” su tutti i fronti. Se gli obamiani sono relativisti, l’aristotelismo di Ayn Rand oppone loro un forte attaccamento alla realtà e a principi morali assoluti. Dove gli obamiani predicano una moralità altruista, la Rand esalta i valori dell’individualismo. Quando i legislatori democratici (a partire da Obama, che ha alle spalle una carriera accademica in campo legale) ritengono di poter scrivere leggi nuove e interpretare in modo elastico la Costituzione per adattarla a nuovi principi condivisi da nuove maggioranze, la filosofia politica di Ayn Rand contrappone loro i diritti naturali, inviolabili, di vita, libertà e proprietà individuale. Diritti che devono essere rispettati da tutte le leggi. Se i professori come Paul Krugman predicano una maggior ingerenza dello Stato nell’economia per salvare il sistema, La Rivolta di Atlante esalta la lotta contro lo statalismo per salvare gli individui dalla volontà predatoria dei politici e dei loro protetti. Al primato della natura (base dell’economia verde di Obama), viene contrapposto un puro antropocentrismo senza compromessi: è l’uomo, non l’ecosistema, al centro della Terra.
Che La Rivolta di Atlante sia un’utile arma per la contestazione se ne sono accorti tutti i promotori del movimento Tea Party. FreedomWorks, in particolare, ne consiglia vivamente la lettura a tutti i suoi militanti. La Atlas Society, fondata dal filosofo David Kelley, promotrice della filosofia oggettivista, nella primavera del 2011, assieme a FreedomWorks, ha avviato una campagna di distribuzione indipendente del film tratto dalla Rivolta di Atlante. Il 15 aprile, in occasione del Tax Day, è uscita al cinema la prima parte della pellicola, divisa in tre episodi (uno per ciascuna delle parti in cui è diviso il romanzo). Diretto da Paul Johansson, prodotto da John Aglialoro, con un budget molto limitato e attori sconosciuti dalle nostre parti (Taylor Schilling, Grant Browler e lo stesso Paul Johansson). Lo scorso decennio si era parlato più di una trasposizione su grande schermo prodotta dalle major hollywoodiane, con attori del calibro di Angelina Jolie, Russel Crowe, Charlize Theron e Brad Pitt. Dopo anni di gestazione quel progetto finì in nulla. Il nuovo progetto, quasi sicuramente, non sarà un film di cassetta. Ma la Atlas Society e FreedomWorks mirano a renderlo un “film di culto” per tutti i tea partiers, un’occasione per fare comunità al loro interno, un inno contro lo Stato, un utilissimo strumento di lotta politica di massa. I film, più ancora che i libri e i pamphlet, sono parte integrante delle tattiche di mobilitazione di tutti i movimenti, Tea Party compreso. (Fine seconda puntata)
Stefano Magni, It’s Tea Party Time, Individuo e Stato nell’America Contemporanea, Edizioni Magna Carta, 2011.