L’intervento di Gaetano Quagliariello sulla presentazione del libro “Il banchiere innamorato”

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L’intervento di Gaetano Quagliariello sulla presentazione del libro “Il banchiere innamorato”

18 Novembre 2011

Scrive Giancarlo Galli: "In una stagione difficile, in cui la parola "crisi" incombe sul nostro vivere quotidiano, lo scrivere di un "banchiere povero" fa tremare le vene ai polsi, generando sentimenti d’ammirazione e stupore. Quasi d’incredulità". In effetti non posso che concordare con l’autore sul fatto che non è questo il momento più favorevole per parlare delle virtù di un banchiere, con una parte consistente dell’opinione pubblica mondiale che parla di plutocrazia, di poteri forti della finanza, di banche che decidono le sorti del mondo.

Eppure, leggendo le pagine di questa biografia di Giorgio Zanotto, che per molti anni è stato presidente della Banca Popolare di Verona e all’attività di banchiere ha dedicato buona parte della sua vita, si scopre che esiste anche una realtà bancaria al servizio dei cittadini e il cui contributo è fondamentale allo sviluppo e alla crescita del territorio. Un modello, in questo caso quello della banca popolare, che offre numerosi spunti alla riflessione perché nasce e si mantiene alternativo rispetto al modello delle grandi banche a cui siamo abituati oggi. Non si tratta – ci tengo a precisarlo subito per non essere frainteso – di assecondare la demonizzazione che molti, a volte a ragione e altre a torto, fanno dei grandi gruppi bancari e finanziari internazionali. Il punto è un altro, si tratta di prendere a pretesto la crisi come opportunità per ridiscutere il ruolo e la funzione di molte realtà, tra cui quella delle banche, nell’economia globale. Senza esaltazioni ma, d’altra parte, senza esecrazioni.

Ripercorrere le tappe della vita di Zanotto ci aiuta in questo compito. Egli, infatti, ha rappresentato uno straordinario esempio di come i principi cristiani di onestà e solidarietà sociale, applicati alla guida di una banca, possano permetterle di crescere e di far crescere con essa stessa il tessuto sociale e imprenditoriale della comunità di riferimento. Attraverso la Banca Popolare di Verona Zanotto ha compattato una parte consistente dell’imprenditorialità del nord-est contribuendo a farlo diventare la "locomotiva d’Italia" e traghettando le famiglie veronesi verso lo sviluppo.

La capacità indiscussa di Zanotto è stata, come emerge dalle numerose testimonianze raccolte nel libro, quella di conciliare il profitto con l’arricchimento della collettività, grazie ad un approccio etico fortemente ispirato dai valori cristiani e dando origine a una finanza prima di tutto al servizio della popolazione. La sua esperienza è quasi un’anticipazione della Caritas in Veritate! Quanto al profitto, mi tornano in mente le considerazione che Ettore Gotti Tedeschi ha avuto modo di fare lo scorso anno, in occasione degli incontri di Norcia organizzati dalla Fondazione Magna Carta: "il problema è capire come si crea e perché si crea, nella consapevolezza che se non fosse generato profitto non ci sarebbe neppure ricchezza e se non vi fosse ricchezza non la si potrebbe distribuire, purtroppo sarebbe distribuita solo la povertà". Parole che fanno riflettere, soprattutto perché pronunciate da un banchiere. E che dimostrano quanto l’approccio nei confronti di qualunque attività, non soltanto quella bancaria, sia determinante e faccia la differenza. "Chi deve cambiare – ha detto sempre Gotti Tedeschi – è l’uomo che utilizza gli strumenti e l’uomo cambierà solo quando tornerà a dare un significato alle proprie azioni".

Ecco, mi sembra che l’esperienza di Giorgio Zanotto dimostri proprio questo, e cioè che sono le persone, e soprattutto, i valori che si portano dentro e che ispirano le loro azioni, a fare la differenza. Non soltanto nella realtà economica, ma anche in quella politica, dove c’è bisogno di amministratori coscienziosi che sappiano anteporre il bene comune alle ambizioni e al tornaconto personale. Zanotto, del resto, è stato anche assessore, sindaco di Verona per due legislature e presidente dell’amministrazione provinciale prima ancora di dedicarsi all’attività di banchiere. E le testimonianze che si possono leggere sul libro lo descrivono, anche in questi panni, come un uomo desideroso di onorare il mandato ricevuto dai cittadini.

Credo che nessuno qui voglia santificare l’uomo, il politico o il banchiere. Ma è giusto che certe esperienze di vita vengano ricordate e servano come spunto per riflettere sul presente e sulle diverse strade che ci si pongono di fronte. Non a caso, ed è un procedimento che utilizza anche l’autore, molti aspetti della vita di Zanotto possono essere facilmente attualizzati e riletti con le lenti dell’oggi. Ad esempio, l’abbiamo già detto, dopo la crisi del 2009 e lo scollamento tra banche e società che si è verificato facendo prevalere la logica del profitto fine a se stesso, si può trarre spunto da questo modello di condivisione per ripartire su altri binari, dove etica e finanza non siano due realtà inconciliabili ma riescano a convivere.

Allo stesso modo, fa riflettere anche la vicenda giudiziaria di Zanotto, arrestato, incarcerato e condannato in primo grado nell’ambito di un’inchiesta sul suo operato al Comune di Verona, salvo poi essere assolto dalla Corte d’Appello di Venezia. Nella più benevola delle interpretazioni – dichiara lui stesso – il magistrato che lo aveva messo sotto accusa si era sbagliato. Si riscontrano, qui, i prodromi di un nodo che rimane tuttora, a distanza di oltre trent’anni, irrisolto, che è quello del rapporto tra politica e giustizia e, soprattutto, di un certo uso che della giustizia viene fatto da magistrati che nella migliore delle ipotesi non svolgono bene il proprio mestiere e nella peggiore agiscono secondo logiche di abbattimento dell’avversario politico a colpi di inchieste giudiziarie.

Nell’esperienza di Zanotto c’è anche la disaffezione verso una politica che non sempre riesce a dare delle risposte e che troppo spesso rischia di rimanere fine a se stessa, imbrigliata in logiche di Palazzo che la rendono inefficace e distante dai cittadini. Ci sono le battaglie, come quella per la nascita del polo universitario di Verona, che ci ricordano come sia ieri che oggi la politica sia fatta anche di volenterosi che si spendono per dare alla collettività qualcosa di innovativo, che le serva da strumento per costruire il proprio futuro. C’è tutto questo e molto altro: racconti, testimonianze, esperienze da cui trarre qualche utile insegnamento per tracciare il nostro percorso.

L’importante – e voglio riprendere in conclusione proprio il titolo di questo libro – è che nello svolgimento dei propri compiti e del proprio mestiere si sia "innamorati", vale a dire ci si lasci guidare dall’amore per il prossimo, un valore cristiano che fa parte del nostro patrimonio identitario e culturale. Non vorrei che, dopo questa ultima considerazione, mi venisse rivolta la stessa domanda che l’autore si pone nel libro su Zanotto, e cioè "perché non si è fatto prete?", ma sono certo che – al di là delle battute – sia chiaro a tutti, specialmente a chi ha letto il libro, il senso di questo invito. La politica è anch’essa una missione!