L’Iran non smetterà di esportare la Rivoluzione Islamica

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L’Iran non smetterà di esportare la Rivoluzione Islamica

09 Giugno 2010

Dopo aver deciso di inviare una nave carica di “aspiranti martiri” a fianco di due navi esca con aiuti umanitari a Gaza, Ahmadinejad continua la sua escalation di provocazioni col chiaro obbiettivo di surriscaldare l’atmosfera del Medio Oriente, sino – forse – ad una nuova deflagrazione bellica. Dalla Turchia, dove partecipa ad un vertice con Tayyp Erdogan e Vladimir Putin e altri governanti dell’area, il presidente iraniano ha di nuovo e direttamente minacciato Israele: “L’attacco del regime sionista alla Freedom Flotilla diretta a Gaza è un nuovo passo verso il suo totale annientamento. Le potenze materialiste hanno imposto il regime sionista usando la forza militare contro le nazioni del mondo, soprattutto quelle del Medio Oriente, e hanno così prodotto crimini senza precedenti nella storia dell’uomo, l’ultimo dei quali è l’attacco alla flottiglia di pace”.

Contemporaneamente – ed è una novità – Ahmadinejad ha dato una vera e propria bacchettata sulle dita (o meglio: un avvertimento mafioso) a Mosca:  “La Russia deve evitare di stare al fianco di quei paesi che spingono per nuove sanzioni  internazionali contro l’Iran, a causa del suo programma nucleare. I governanti di Mosca devono stare attenti a non stare al  fianco dei nemici del popolo iraniano”. Va detto che la risposta di Putin è subito stata più che accomodante perché il premier russo, nell’annunciare che il testo sulle sanzioni è praticamente pronto al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, ha anche messo le mani avanti sostenendo che “le sanzioni non dovrebbero essere eccessive”. Si conferma dunque una politica ondivaga di Mosca, che non osa rompere con Washington ma che tende però sostanzialmente ad essere complice dell’oltranzismo di Teheran (i cui progetti nucleari e missilistici sono sviluppati solo grazie alle forniture e agli armamenti russi) all’interno di una chiara strategia di “logoramento” degli Stati Uniti (e di Israele), su cui ritrova una forte alleanza diplomatica con la Cina.

Una politica irresponsabile – in piena continuità con quella sovietica dell’era Breznev, ma priva di quella visione strategica – che favorisce in queste settimane un evidente scivolamento dell’intero quadro mediorientale verso una nuova guerra. Mille possono essere le scintille che la possono fare deflagrare nel clima sempre più teso, ma non è improbabile che il più pericoloso focolaio sotto la cenere – come sempre – sia collocato in Libano. Durante un tesissimo incontro alla Casa Bianca infatti il premier di Beirut Saad Hariri ha spiegato – con evidente imbarazzo – ad un infuriato Barack Obama che il Libano – che oggi è membro a turnazione del Consiglio di Sicurezza – non può assolutamente votare, come richiesto dall’ospite, a favore delle sanzioni contro l’Iran. Questo infatti significherebbe l’immediata rottura della coalizione che regge il governo Hariri ad opera di Hezbollah che continua ad essere, anche formalmente, il braccio politico dell’Iran nel paese dei Cedri (il suo leader, Nasrallah, è infatti ufficialmente definito “rappresentante in Libano della Guida della Rivoluzione, l’ayatollah Ali Khamenei).

Il Libano quindi non voterà ne a favore né contro alle sanzioni (su questo Obama ha però dovuto mostrarsi irremovibile, minacciando dure sanzioni nel caso) e si asterrà. Ma  non è affatto detto che questa astensione sarà sufficiente ad Hezbollah (e all’Iran) ed è probabile che segni la riapertura di una nuova crisi politica a Beirut. Crisi che – sommata alle tensioni su Gaza – come già accadde nel 2006, può definire il clima perfetto per le abituali provocazioni armate di Hezbollah (e di Hamas) contro Israele (magari con l’aggiunta di una nave carica di “pacifici kamikaze” iraniani) con il voluto esito di una nuova guerra. Guerra che oggi costituirebbe la mossa perfetta per l’arrocco del regime iraniano, teso a vanificare di fronte alla comunità musulmana l’effetto politico delle sanzioni. Guerra  che può ulteriormente rilanciare nelle umma musulmana – suo principale riferimento – la leadership oltranzista di un Iran che si sta dimostrando ben più manovriero e capace di inventiva di quanto non lo siano i suoi avversari: gli immobili regimi dell’Arabia Saudita, dell’Egitto e degli Emirati del Golfo, incapaci ormai di anni di arginare la crescita della potenza regionale e dell’espansione “rivoluzionaria” del regime iraniano.