L’Italia faccia come gli altri stati: torni a difendere l’interesse nazionale

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L’Italia faccia come gli altri stati: torni a difendere l’interesse nazionale

01 Giugno 2012

Chiunque abbia vissuto un po’ a lungo all’estero, lontano dall’Italia, avrà sicuramente capito e percepito il modo in cui il nostro Paese viene visto da fuori. Ovviamente, dipende anche da quali Paesi parliamo, in quale continente ci troviamo. Principalmente, però, la percezione dell’Italia all’estero é molto spesso positiva e veniamo visti alla stregua di uno Stato forte e capace (a parte le solite cattiverie da tabloid e le critiche motivate da conflitto di interessi). Uno Stato che conta moltissimo sulla scena internazionale e che ha un importante peso politico presso ogni singola istituzione internazionale di cui fa parte.

Tutto ciò che l’Italia proietta all’estero sotto forma della sua immagine e delle sue capacità corrisponde al vero e le potenzialità reali del nostro Paese siano molto forti. Da fuori la gente vede ‘il reale contenuto’ del nostro Paese, all’interno spesso travisato o semplicemente sottovalutato. Purtroppo, dall’interno, l’Italia é gestita in modo del tutto diverso e non si vengono sfruttate a dovere le nostre reali potenzialità. Potenzialità facilmente paragonabili a quelle del Regno Unito e della Francia.

La politica estera italiana é priva di un serio concetto elaborato che indicasse e descrivesse in maniera meticolosa quali siano i nostri obiettivi e i nostri interessi nazionali, e in che modo si intenda diffondere e difendere i nostri valori nel mondo.

Sappiamo bene che nelle relazioni internazionali conta assai la capacità politica, economica e militare del Paese e questi tre fattori diventano cruciali per poter determinare se un Paese in questione sia uno che subisce le decisioni e le pressioni politiche altrui o sia in grado di resistere o addirittura far passare le proprie volontà politiche nel mondo.

Non basta, tuttavia, ‘misurare’ la forza del Paese per comprendere la sua posizione sullo scacchiere internazionale. È importante capire anche la reale volontà politica di questo Paese di voler usare il proprio potenziale per migliorare la sua posizione politica nel mondo.

Esistono gli Stati/Paesi passivi che, malgrado le loro rispettabili potenzialità nel campo politico-economico e militare, ‘cedono e delegano’ la propria politica estera in gestione alle istituzioni internazionali di cui fanno parte e nello stesso tempo limitano al minimo l’agenda della politica estera unilaterale. Molto spesso l’Italia ha condotto la politica estera con questo schema, rimanendo così quasi invisibile all’interno del dinamico circolo di ‘decision makers’.

Questo nostro ‘handicap’ politico si rivela spesso controproducente per noi e la crisi politica con l’India che coinvolge i nostri Marò ne é un chiaro esempio. Non sempre la politica estera di basso profilo é la strada appropriata da scegliere per un Paese ‘forte’ come l’Italia. Tale approccio risulta sbagliato nel mondo di oggi dove il multipolarismo ha iniziato a prendere piede e dove le alleanze globali stanno mutando molto velocemente.

I recenti avvenimenti nel mondo arabo, le incertezze politiche nel sud-est Asiatico, il ‘ritorno’ definitivo della Federazione Russa sullo scacchiere internazionale e la forte manipolazione politica da parte di essa del Continente europeo, nonché alcune nuove unioni politico-militari in fase di costituzione (si veda su tutti l’Unione eurasiatica) non concedono più il lusso di condurre una politica estera passiva.

Per farla breve, l’Italia dovrà creare una vera e propria strategia per la sua politica estera che dovrà basarsi esclusivamente sugli interessi nazionali del nostro Paese e su quelli del mondo occidentale. Dobbiamo assumere una ‘postura’ politica diversa rispetto a quella precedente e osare più partecipazione ‘personale’ nella politica internazionale. Un Paese come l’Italia non può diventare un passivo osservatore. Non possiamo permettere che le decisioni vengano prese altrove, dando solo il parere positivo (o negativo) sulle azioni già concordate.

Negli ultimi cinque-dieci anni, con Berlusconi premier, abbiamo fatto un po’ di progressi verso la strada della politica estera unilaterale con l’obiettivo di rafforzare e agevolare le strategie degli alleati (il contributo significativo dell’Italia per fermare la guerra russo-georgiana nel 2008 e l’intervento in Libia, anche se un po’ confuso e a singhiozzo). Ciò, tuttavia non é ancora sufficiente.

Se in Italia ci sarà la volontà politica di utilizzare e sfruttare tutte le nostre potenzialità anche in direzione della nostra politica estera, potremmo migliorare in maniera significativa la nostra posizione e il nostro ruolo nel mondo e godere di tutti i benefici che ne conseguono. L’Italia è un paese forte. E’ ora che si comporti da tale.