L’Italia, la Francia e l’unità del Centrodestra

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L’Italia, la Francia e l’unità del Centrodestra

L’Italia, la Francia e l’unità del Centrodestra

10 Maggio 2017

I “macroniani” di casa nostra, presi forse dall’euforia di salire sul carro del vincitore, hanno finito per tralasciare un dato per niente secondario, e cioè che ad uscire sconfitto dalle presidenziali è stato l’intero sistema politico francese: i partiti storici, repubblicani e socialisti, non sono riusciti ad arrivare al ballottaggio e quello socialista è quasi sparito dalla scena politica. Un sistema talmente in crisi che l’establishment ha dovuto inventarsi il classico candidato allevato in laboratorio, “né di destra, né di sinistra”, senza un partito, per arginare l’avanzata di Marine Le Pen. Macron incarna dunque una continuità artificiale, altro che “ventata di novità e speranza” come vanno dicendo renziani e giornaloni al seguito in Italia.

Non solo. Chi prova a sovrapporre il sistema politico francese a quello italiano non tiene conto del fatto che Italia e Francia vengono da storie politiche diverse, che non riguardano solo la differenza tra destra e sinistra ma soprattutto le profonde divisioni interne alla prima, la destra, tra estrema destra, lepenisti, repubblicani, conservatori e liberali. Il quadro partitico d’Oltralpe è stato sempre lacerato, mentre in Italia, al contrario, il Centrodestra ha avuto per lungo tempo una storia unitaria. E vincente. In Francia, la sconfitta della Le Pen è dovuta in buona parte proprio a questa frattura storica.

La lezione per il Centrodestra italiano, dunque, è semplice: solo con uno schieramento unitario, o con un “partito di coalizione” se la legge elettorale non dovesse consentire, appunto, le coalizioni, si può essere competitivi con grillini e Partito Democratico, e coltivare l’ambizione, che non sembra un miraggio, di vincere le prossime tornate elettorali. Quando nel nostro Paese le forze di centrodestra si sono presentate unite davanti agli elettori, infatti, hanno conquistato la maggioranza in Parlamento. Oggi i sondaggi, che pure vanno presi con cautela, ci dicono che un ricompattamento del Centrodestra potrebbe permettere a queste forze, unite, di raggiungere il 40%. In questa chiave è da interpretare l’incontro di oggi, promosso dalla fondazione “Libertà per il bene comune” e dalla fondazione “Magna Carta”, che ha riunito a Roma (a Palazzo Santa Chiara) gli esponenti del centrodestra, Salvini, Meloni, Toti, Quagliariello, Matteoli, Fitto.

Un incontro importante, per ragionare di unità al di là degli slogan, e discutere sui contenuti, sulle proposte che possono fare da collante a partiti e movimenti di quest’area politica. Qualche esempio? Una politica migratoria che non si esaurisca nell’accoglienza fine a se stessa, che appunto non è una politica migratoria. E ancora una piano per la sicurezza, a tutti i livelli, dal contrato alla minaccia del terrorismo islamico alla lotta contro il degrado urbano e delle periferie. “La possibile unità del centrodestra non si costruisce sulle etichette ma si realizza sulla capacità di offrire proposte di governo agli italiani e risposte alle sfide del nostro tempo”, dichiarano in una nota congiunta i senatori Altero Matteoli e Gaetano Quagliariello. L’iniziativa di oggi, “che segue quella di marzo sull’idea del centrodestra e precede altri incontri tematici di analogo tenore ha proprio questo obiettivo: verificare la possibilità di convergenze su contenuti concreti per una proposta di governo unitaria e vincente”. Prove tecniche di unità del Centrodestra, insomma, per dare all’Italia una alternativa di governo seria e credibile.