L’Italia non ama le vecchie strategie della politica e premia Berlusconi

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L’Italia non ama le vecchie strategie della politica e premia Berlusconi

01 Aprile 2011

E’ dalla reazione seguita al ferimento di Silvio Berlusconi in piazza Duomo a Milano che si va diffondendo il sospetto che la Sinistra, politica e di piazza, possa desiderare che la legislatura finisca come il Caimano di Nanni Moretti, ossia con un Berlusconi condannato in primo grado e la rivolta della piazza a lui fedele contro i giudici.

Sarebbe terribile se fosse così. Per questo preoccupa la sistematicità con cui una parte dell’opposizione doppia la contestazione parlamentare con quella della sua piazza in occasione della discussione su provvedimenti di riforma della giustizia. La politica giudiziaria del Governo può piacere o no ma, se i suoi provvedimenti sono approvati dalla maggioranza parlamentare, nessuno ha il diritto di contestarne l’eticità in omaggio alla propria weltanshauung e chiedere la condanna dei proponenti per indegnità. Tanto più se l’OP alla quale si attribuisce la titolarità dello Spirito del Popolo Italiano è una piazza minoritaria aggressivamente indirizzata della quale neppure Christof Koch, con la teoria delle "codificazioni popolazionali implicite", riuscirebbe a individuare i possibili comportamenti.

La ragione di questa spinta alla polarizzazione del confronto politico è altrove. Risiede nel bruciore della Sinistra per un susseguirsi di sconfitte politiche che durano da quindici anni; dalla incontinenza ideologica che le impone la criminalizzazione dell’avversario; dalla sudditanza psicologica per un modo di fare politica che indubbiamente depotenzia il Parlamento, sterilizza i partiti, annichilisce i sindacati. L’impotenza sta consumando l’opposizione, condannata allo sconforto dall’esito del tradimento politico consumato dal cofondatore del Pdl e senza possibilità di appello. Silvio Berlsusconi non lo riesce a battere con le elezioni, non con la politica di Palazzo, né con le accuse di immoralità dei suoi costumi privati e neppure con la Magistratura, cominciano a temere in molti. Non le rimane che tentare con la Piazza, quella dei Girotondi del Giacobinismo giudiziario, rimpinguata da quella ideologicizzata ex Pci: l’unica a non aver ancora sotterrato l’ascia.

Di fronte a questo sospetto l’unica scelta è non cadere nel tranello della provocazione perché la Sinistra è magistrale nella valorizzare il suo vittimismo e criminalizzare il dissenso: sessantanni di narrazione storica epicizzata da un lato e denigrata dall’altro stanno ancora a ricordarcelo.

In quest’ottica la reazione scomposta di Ignazio La Russa contro il presidente della Camera, ancorché comprensibile, va condannata prima di tutto per autolesionismo. L’opposizione non aspettava altro che qualcuno abboccasse e, Gianfranco Fini, altro che poter lamentare l’offesa alla dignità del Parlamento per poter rivendicare il modo imparziale con cui svolge il suo ruolo. Come scomposta è stata la reazione di Angelino Alfano, perché ha offerto a Di Pietro l’assist per rilanciare le accuse di arroganza politica e stizza istituzionale contro tutto il Pdl.

Un giornalista televisivo molti anni fa fu scelto da Ettore Bernabei perché aveva reagito con gelida e razionale rabbia a una offesa personale dell’Onorevole Malagodi cui erano saltati i nervi per una domanda sul declino del Pli. Ebbene, è con gelida e razionale rabbia che la maggioranza deve affrontare l’opposizione.

Gli Italiani forse non sono ancora un Popolo: perché non parlano con una sola voce; perché non sono d’accordo neppure sulle regole per scrivere le regole, nel rispetto delle quali vivere insieme; perché hanno concezioni di vita diverse della cui inconciliabilità sono i primi a essere convinti ma non sono sciocchi e hanno abbattuto la Prima Repubblica, certamente, perchè corrotta ma anche perché stanchi degli arcana imperi con cui la classe politica li governava tenendoli all’oscuro, secondo una prassi che solo un leader in declino del Pd rimpiange con nostalgia patetica.

La riprova lo offre il successo di Silvio Berlusconi che, della comprensibilità dei discorsi, della comunicazione delle decisioni e del contatto con i cittadini ha fatto i suoi vessilli. Come del diritto a vivere una vita privata libera (come quella che la classe politica della Prima Repubblica potè vivere grazie al silenzio complice dell’opposizione perché dedotta nel patto siglato con la Costituzione antifascista e non postfascista).

Dunque gli italiani non saranno forse ancora un Popolo ma, di certo, si sono emancipati culturalmente e politicamente dalla sudditanza verso una certa politica. Hanno capito il tipo di partita che sta giocando il presidente della Camera con il leader del sedicente Centro/Udc e la ridotta dell’Api (non la società petrolifera della Famiglia Brachetti Peretti). Hanno capito come si vuole disarcionare Silvio Berlusconi e perché lo si vuole disarcionare. Sanno anche di costituire l’ultimo perimetro difensivo contro la restaurazione dei governi di colazione e le maggioranze concordate tra le segreterie di partiti inaccessibili a guida tanto collegiale quanto litigiosa. Per questo sono tre volte che premiano Berlusconi e le due volte che in qualche modo questi è stato messo all’angolo sono riusciti a tirar fuori il cartellino rosso ed espellere due governi della Sinistra in carica. Per cui, gelida e contenuta rabbia, il resto lo faranno gli italiani.