L’Italia prova a fare da mediatore tra la Bielorussia e l’Unione Europea
05 Ottobre 2009
L’Italia conferma la sua vocazione di mediatore europeo tra oriente e occidente. Il premier Silvio Berlusconi potrebbe raggiungere la Bielorussia per discutere sulla possibile revoca delle sanzioni europee contro il regime del presidente Aleksandar Lukashenko. Da parte sua anche Minsk negli ultimi mesi ha mitigato la sua immagine internazionale di ultimo bastione del comunismo sovietico per cercare un disimpegno dall’asse con la Russia.
Il 30 settembre il ministro degli esteri italiano, Franco Frattini, ha incontrato a Minsk il premier bielorusso Sergei Sidorsky per potenziare in un’ottica di sistema l’attuale cooperazione economica bilaterale. In Bielorussia operano oltre ottanta aziende italiane, tra cui svetta la forte presenza di Finmeccanica e Fiat, generando uno scambio commerciale di oltre due miliardi di euro all’anno. Ma l’economia non è l’unico fattore di confronto.
L’Italia si impegna a raccogliere un gruppo di paesi europei favorevoli alla revoca delle restrizioni sulla libertà di circolazione nell’Ue per gli alti ufficiali dello stato bielorusso. Le sanzioni furono imposte da Bruxelles nel marzo del 2006, quando Lukashenko conquistò il terzo mandato presidenziale con un’elezione considerata tutt’altro che democratica. Le conseguenti le proteste dell’opposizione furono stroncate da perquisizioni e arresti di massa. Ma già nel marzo di quest’anno il consiglio dei ministri dell’Ue ha approvato una moratoria di nove mesi per sospendere le restrizioni.
Il prossimo 16 novembre è la data per decidere la revoca definitiva e così avviare un percorso comune per avvicinare Minsk a Bruxelles. Lo strumento istituzionale per pilotare questa dinamica è la "Partnership Orientale", il dialogo attivato dall’Ue con sei paesi ex Urss: Bielorussia, Ucraina, Moldavia, Georgia, Armenia e Azerbaijan. Naturalmente questo vettore europeo allontana la Bielorussia da Mosca. Non mancano i segnali di una crescente tensione.
Nel preparare la sessione autunnale del parlamento bielorusso non sarebbe in agenda il riconoscimento dell’indipendenza di Abkhazia e Ossezia meridionale che Lukashenko aveva promesso all’indomani del conflitto russo-georgiano. La stessa cautela sul riconoscimento di Abkhazia e Ossezia del Sud è aumentata quando, secondo Lukashenko, la Russia ha vincolato, informalmente, un prestito di 500 milioni di dollari a questo atto diplomatico.
Poi lo scorso giugno tra Russia e Bielorussia era scoppiata la “guerra del latte”. Mosca aveva imposto un bando all’importazione di latte bielorusso, sferrando un durissimo colpo all’agricoltura che è un pilastro dell’economia locale. Era la ritorsione alla critica di Minsk sui prezzi eccessivi dell’energia russa. I rapporti con Mosca sono peggiorati ulteriormente quando Minsk, ad aprile scorso, ha disertato il vertice della Csto a Mosca che avrebbe ratificato la nascita di un contingente militare di risposta rapida. Ma le leadership bielorussa non intende arrivare ad una frattura con Mosca – questo è il significato del successo delle recentissime esercitazioni degli eserciti dei due paesi.
Il nome in codice “Zapad 2009”, cioè “Occidente 2009”, richiede una distinzione più politica che militare: l’obiettivo delle manovre è stata la simulazione di un attacco della Nato, quindi degli Usa. Così Minsk fa l’equilibrista: si protende politicamente ed economicamente verso Bruxelles, senza però lacerare il suo storico legame militare con Mosca. In Bielorussia il giornale di regime, dal nome eloquente di “Sovietskaya Bielorussia”, pubblica un’inchiesta sulla Russia colpevole di uccidere i giornalisti e subito sotto c’è un editoriale dal titolo “la Bielorussia in cerca d’identità geopolitica”: qualcosa è cambiato. Ecco perché i suoi ottimi rapporti sia con Russia che Bielorussia consentono all’Italia di porsi come l’interlocutore più adatto per favorire l’avvicinamento di Minsk all’Europa.