(Lo) Renzi d’Arabia
01 Febbraio 2021
di Cominius
Che l’epidemia del Covid-19 comporti ricadute importanti nell’economia, nei comportamenti sociali, o nella salute psichica sembra largamente acquisito. E più di qualcuno ha cominciato a preoccuparsene seriamente.
Ma c’è un ambito ancora di nicchia e poco segnalato, che pure merita qualche riflessione. Mi riferisco alla fioritura delle figure retoriche, quelle che bisognerebbe sempre maneggiare con molta cura e sobrietà, soprattutto nel territorio di confine in cui da un momento all’altro il pathos e la voglia di straparlare possono giocare brutti scherzi, facendo virare la metafora e l’iperbole verso l’approdo del ridicolo.
È così che senza colpo ferire siamo passati dagli aperitivi antirazzisti alle cantate sui balconi, dalle certezze del “ne usciremo migliori” mentre la cattiveria aumentava, alla comparsata dei banchi a rotelle mentre le scuole restavano chiuse, alle tende con le primule in carenza di vaccini.
Eppure tutto questo è ancora niente. L’abitudine a parlare senza fare troppo caso alla corrispondenza tra parole e realtà non è nata certo oggi, e sarebbe fallace attribuirla alla situazione sanitaria, ma sicuramente è stata potenziata dal clima di fake permanente di questi mesi. Prendiamo l’audacia espressiva di certi leader: credevamo di aver sentito il massimo dell’indicibile il giorno in cui la testimonianza di Greta Thunberg fu messa al livello di quella di Anna Frank da un incauto Beppe Sala. Credevamo. Finché, dopo aver acceso la miccia alla crisi di governo (peraltro con argomenti non proprio da buttar via), Matteo Renzi è volato in Arabia Saudita, ed è riuscito con un solo speech a ricoprirsi di una patina definitiva di non-credibilità. Da appassionato talora un po’ naif del Rinascimento fiorentino ha scoperto – e lo ha detto papale papale – il Rinascimento saudita. Ossia quello del paese col livello di libertà religiosa e di diritti civili (di uomini e donne) tra i più bassi del mondo islamico. Passi per i rapporti con un potenziale alleato dell’Occidente (ma sarà poi vero?), passi per le convenienze varie della Realpolitik, ma almeno il Rinascimento non sarebbe meglio lasciarlo sui colli toscani, senza tentativi maldestri di esportazione?