Lo scudo proteggerà l’Alleanza Atlantica senza minacciare la Russia

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Lo scudo proteggerà l’Alleanza Atlantica senza minacciare la Russia

Lo scudo proteggerà l’Alleanza Atlantica senza minacciare la Russia

15 Novembre 2008

La questione del sistema antimissilistico da installare in Polonia e Repubblica ceca è tornata in questi giorni alla ribalta delle cronache internazionali. Dal colloquio telefonico con il presidente polacco Kaczynski, non è emerso l’inequivocabile impegno di Barack Obama a proseguire con il progetto avviato dal presidente Bush, mentre le ultime dichiarazioni del premier italiano Berlusconi, sul fatto che lo scudo sarebbe una provocazione contro i russi da parte americana, hanno gettato ulteriore benzina sul fuoco della polemica politica. La conseguenza è stato l’oscuramento degli aspetti strategici e di sicurezza che spingono per l’installazione dello scudo protettivo in Europa orientale, con l’obiettivo di garantire la sicurezza dei paesi dell’Alleanza Atlantica senza alcun pregiudizio per la Russia. Con Fabrizio W. Luciolli, segretario generale del Comitato Atlantico Italiano, approfondiamo l’argomento nelle sue implicazioni politiche e militari.

Come valuta la posizione italiana sul sistema antimissilistico? 
Al di là del clamore mediatico che talune recenti dichiarazioni hanno suscitato, va osservato che l’Italia e tutti i capi di stato e di governo dell’Alleanza, in occasione del vertice NATO tenutosi a Bucarest lo scorso aprile, hanno approvato i risultati di uno studio che indicava le diverse opzioni per proteggere i territori, le forze e le popolazioni della NATO dall’intero spettro delle minacce missilistiche. L’Italia e i paesi della NATO hanno riconosciuto che il dispiegamento in Europa degli assetti di difesa missilistica USA avrebbe contribuito a proteggere diversi paesi alleati ed hanno convenuto che tale capacità avrebbe costituito parte integrale di una più ampia futura architettura collettiva di difesa missilistica. Le opzioni per una difesa missilistica che garantisca una più completa copertura a tutti i territori dell’Alleanza saranno esaminate nel prossimo vertice in programma a Strasburgo-Kehl nell’aprile 2009. In tale prospettiva, la posizione italiana appare particolarmente attenta alle preoccupazioni della Federazione russa. Qualora ricondotta e fermamente ancorata nell’ambito di un costruttivo dibattito transatlantico, la posizione italiana potrà contribuire a rilanciare il dialogo con la Mosca su un tema di straordinaria rilevanza politica e nel solco di quella cooperazione che proprio l’Italia contribuì a varare con l’istituzione nel 2002 a Pratica di Mare del Consiglio NATO-Russia. In tale ambito, difatti, è già in atto una collaborazione con la Federazione russa sulla difesa missilistica di teatro.

Perché i russi si oppongono strenuamente all’installazione dello scudo in Europa orientale? 
Al tema della difesa missilistica si legano aspetti di carattere tecnico-militari ed ancor più rilevanti aspetti di natura squisitamente politica. Entrambi sono vissuti da parte americana e dalla Federazione russa con approcci e percezioni che attenti studiosi classificano come “asimmetrici”. Mosca non ritiene di aver “perso” la guerra fredda ma di avervi spontaneamente “rinunciato” e guarda ancora agli Stati Uniti come un parametro col quale misurare il proprio status di potenza. La Federazione russa, tuttavia, è gravata da numerosi problemi quali l’inarrestabile scesa degli indicatori demografici e la diffusione crescente del virus HIV, a cui fanno riscontro una aspettativa di vita di 59 anni e la prospettiva di una popolazione totale il cui numero potrebbe scendere nel prossimo futuro al di sotto della soglia dei 100 milioni. Inoltre, la crisi finanziaria ha particolarmente colpito il rublo e la borsa, ove le perdite sono state più concentrate che altrove. Il capitale di Gazprom, che si prevedeva crescesse sino a raggiungere nei prossimi anni i 1.000 miliardi, è passato da 350 agli attuali 70. La recente caduta del prezzo del greggio da 140 a 70 dollari al barile, ha ulteriormente decurtato le entrate dell’erario che ha dovuto riconfigurare il bilancio dello stato che, alla luce delle attuali quotazioni, ha accumulato una perdita di altri 20 miliardi di euro. In tale quadro, la sfida tecnologica lanciata dagli USA con un costoso programma di difesa missilistica appare insostenibile per l’attuale dirigenza di Mosca che avverte, pertanto, la minaccia di essere tagliata fuori da un settore ad altissima valenza strategica e con un potenziale sviluppo di tecnologie che guardano sempre più allo spazio. Tale preoccupazione è stata peraltro recepita da parte degli USA, che infatti hanno offerto alla Federazione russa forme di accesso al programma e alle tecnologie del sistema di difesa missilistica.

Perché allora Putin ha continuato ad opporsi? 
Washington agli inizi ha sottovalutato la valenza politica del programma di difesa missilistica e si sono principalmente concentrati sugli aspetti di natura tecnica e militare concludendo gli accordi per l’installazione del radar nella Repubblica ceca e degli intercettori in Polonia. Ciò ha permesso alla Federazione russa di giocare d’anticipo nell’attuale fase altalenante dei rapporti bilaterali con gli USA e di far pesare a proprio vantaggio le ricadute politiche dell’installazione di un tale sistema, non senza l’aiuto di qualche più o meno compiacente cancelleria europea. Occorrerà in Europa trovare un saldo punto di equilibrio tra le posizioni di coloro che hanno ancora vivo il drammatico ricordo delle esperienze della guerra fredda e i diversi che oggi si preoccupano di non umiliare o turbare la Federazione russa anche di fronte alla “sproporzione” del suo intervento in Georgia.

Ma il sistema missilistico rappresenta davvero una minaccia per la sicurezza russa? 
L’installazione di dieci missili intercettori a più lungo raggio in Europa orientale non può rappresentare in alcun modo una rottura dell’equilibrio strategico a sfavore della Russia e delle sue migliaia di testate nucleari multiple e non. Il raggio d’azione degli intercettori è finalizzato a neutralizzare una minaccia di missili balistici a lungo raggio provenienti dal sudovest asiatico e non consente di colpire missili di corto e medio raggio lanciati da territori prossimi come quelli della Federazione russa.

Allora qual è l’obiettivo concreto del sistema? 
Il sistema di difesa missilistico ha innanzitutto una funzione di dissuasione dall’acquisizione di missili balistici attraverso la protezione dei territori, delle popolazioni e delle forze dell’Alleanza Atlantica e la conseguente neutralizzazione di una minaccia missilistica crescente. Mentre nel 1970 i paesi possessori di missili balistici erano solo nove oggi sono divenuti ventisette. L’Iran, ad esempio, possiede il più vasto arsenale di SRBM e MRBM (Short and Medium Range Ballistic Missiles) di tutto il Medio Oriente, acquisiti in parte dalla Corea del Nord. Una Commissione del congresso USA ha approvato in maniera bipartisan uno studio che ritiene che le capacità missilistiche dell’Iran costituiranno nel 2015 una potenziale minaccia. Gli USA hanno quindi proposto all’Europa la partecipazione al proprio progetto nazionale di difesa missilistica che intendono rendere pienamente operativo nel 2013, in modo da avere un anno per eventuali aggiustamenti. Ad oggi, tuttavia, gli europei hanno semplicemente riconosciuto la rilevanza e l’utilità del programma ma, ad eccezione di Polonia e Repubblica ceca, non si sono ancora impegnati in quella più ampia realizzazione che dovrà essere discussa nel prossimo vertice NATO di Strasburgo-Kehl.

Come si comporterà Obama? Farà un passo indietro rispetto a Bush? 
Per gli USA la difesa missilistica rappresenta un impegno prioritario che è stato unanimemente condiviso dal congresso. In effetti, il dislocamento in Europa degli intercettori rappresenta un “terzo sito” del programma nazionale di difesa missilistica del territorio USA che annovera altre due componenti fondamentali basate in Alaska e California. La valenza politica del programma di difesa missilistica iscriverà certamente il “terzo sito” e la dislocazione del radar e degli intercettori in Europa fra le priorità dell’agenda che il Presidente Obama dovrà discutere con Medvedev. Nelle more del passaggio di amministrazione è possibile prevedere negli USA una pausa di riflessione relativamente alle modalità e ai tempi del dispiegamento in Europa del sistema, ma non sull’essenza del programma che dal momento dell’approvazione nel 1999 del National Missile Defense Act ha sempre goduto del consenso bipartisan del congresso.