Lo Stato di diritto soffoca tra intercettazioni e scandali associativi
16 Febbraio 2010
Ai tanti gufi che sperano in una nuova “Tangentopoli” (e la “città delle tangenti” chissà perché deve essere per forza sempre Milano ), agli esibizionisti con la toga o senza che girano sempre con la Costituzione in mano (quasi una coperta di Linus ), ai “professionisti dell’antimafia” denunciati da Sciascia e oggi sempre più in servizio permanente effettivo nei tribunale e nei giornali. A tutti costoro sarà utile il ripasso di un articolo della Costituzione oggi poco alla moda, il 27. Non tanto e non solo per quel comma due molto conosciuto e molto calpestato ( “l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva” ), quanto per il primo comma: la responsabilità penale è personale.
Se questo articolo fosse realmente applicato, assisteremmo a una vera rivoluzione copernicana, vedremmo il mondo con una lente rovesciata. Innanzi tutto non esisterebbero nel nostro ordinamento (come non esistono nei sistemi liberali) i reati associativi, quelli che consentono non solo l’elargizione abbondante di aggravanti, ma anche la gran parte degli arresti nelle varie emergenze del circo mediatico-giudiziario: mafiopoli, tangentopoli e la new entry sessopoli. Non esisterebbe (come in realtà non esiste nel codice) il concorso esterno in associazione mafiosa, cioè lo strumento usato come un randello per incastrare qualche politico. Cioè quelli che, come di recente è accaduto a Calogero Mannino ( e come forse capiterà a Marcello dell’Utri ), anni e anni dopo saranno assolti. Perché il reato è inesistente.
Ma non esisterebbe neppure lo spettro di “tangentopoli”, perché se uno più uno fa due e due più due fa quattro, non è affatto detto che uno più uno o due più due facciano un’associazione per delinquere. C’è qualcuno a Milano che può pensare che l’ex assessore regionale Piergianni Prosperini ( in carcere ma innocente secondo la costituzione ) e il consigliere comunale Milko Pennisi (in carcere e innocente secondo la costituzione benché abbia fatto ammissioni, non essendo comunque la confessione una prova) abbiano costituito un’associazione per intascare mazzette? Sicuramente no, sono comunque vicende molto diverse tra loro, e allora dove sta la “città delle tangenti”? Sta nel fatto che ormai ai reati associativi si sono affiancati gli “scandali associativi”. Che sono il nuovo nutrimento di procure e giornali, che introducono torbidi elementi moralistici laddove sarebbe più utile un po’ di vera moralità.
Infatti, se proprio volessimo fare un discorso di etica della politica, di nobiltà della politica, potremmo per esempio cominciare a lanciare un messaggio ai tanti nostalgici delle preferenze nelle leggi elettorali: attenti ai tetti di spesa, occhi aperti quando si vede qualcuno spendere e spandere in mega-feste, cene e lanci pubblicitari. Domandatevi sempre chi paga: il ricco candidato o qualcun altro? Questo sarebbe un discorso serio, ma che interessa poco. Ai più importa invece la pruderie di certe inchieste giudiziarie per poter dire che tutto è mafia, tutto è corruzione.
Che cosa c’entrava, per esempio, Silvio Berlusconi con i reati addebitati a Tarantini e altri personaggi coinvolti (ma sempre innocenti secondo la Costituzione) nel presunto scandalo della sanità pugliese? Assolutamente nulla, al massimo potrebbe (forse, una parola contro l’altra) aver passato una notte con una prostituta. Pure tutti, dagli assessori della giunta Vendola, a Tarantini, alla prostituta D’Addario che girava armata di registratore, fino al Presidente del consiglio, sono entrati in un pentolone di cibi avariati pronti a nutrire i fogliacci dei “benpensanti”.
L’ultima scoperta dei cultori degli scandali associativi è “sessopoli”. Nel pentolone è finito anche Guido Bertolaso, il capo della protezione civile che il mondo ci invidia, il mago che ha spazzato il lerciume dalla Campania e ha ridato la casa ai disperati d’Abruzzo. Anche lui “incastrato” da uno scandalo associativo che coinvolge funzionari sospettati di aver lucrato su vari eventi ed emergenze e in sostanza accusato prima di esser andato a letto con la signora Francesca ( al suo posto sarei già andata a schiaffeggiare qualche magistrato e molti giornalisti ), irreprensibile fisioterapista, poi con la signorina Monica. E’ ovvio che se il fattaccio sessuale c’è stato, Bertolaso è colpevole. Di che cosa? Di corruzione in cambio di incontro con una signorina. Ma stiamo scherzando?
Un’ultima considerazione. Il collante di questo frenetico associazionismo, quello che ci sta legando tutti l’uno all’altro, sono le intercettazioni, in Italia numericamente dieci volte superiori a quelle effettuate in tutti gli Stati Uniti. Da calcoli fatti qualche anno fa dalla Commissione bicamerale antimafia, risultava che in modo diretto o indiretto un cittadino italiano su quattro è stato spiato. L’intercettazione è a volte utile a volte dannosa. E’ comunque spesso il regno dei fraintendimento, come nel caso della fisioterapista Francesca.
Quella delle intercettazioni è un altra delle tante anomalie italiane cui pare non si riesca mai a porre rimedio. Come quella dei reati associativi e degli scandali associativi. E lo Stato di diritto muore ogni giorno di più.