Lo Stato incontra la Chiesa sul terreno della ragione e le chiede speranza

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Lo Stato incontra la Chiesa sul terreno della ragione e le chiede speranza

08 Giugno 2008

L’incontro tra il presidente Berlusconi e il papa è cominciato con il bacio della mano. Un tempo si sarebbe gridato allo scandalo. Ricordiamo ancora la pruriginosa attesa suscitata dai giornali della prima repubblica ogni volta che un presidente o un primo ministro si recava oltretevere: “si inginocchierà il presidente davanti al papa?”. Sembrava che il bacio della mano inquinasse la laicità dello Stato. Se è personalmente cattolico il presidente si può inginocchiare a baciare la mano, perché no? Perché in quel momento egli è lì non a titolo personale ma con un ruolo pubblico? E perché mai un credente dovrebbe spogliarsi di se stesso quando assume una carica pubblica? In campagna elettorale aveva forse detto di essere musulmano o ateo? Sul valore personale, di quel credo è giudice solo la coscienza del credente, in questo caso di Berlusconi. Sulla sua espressione pubblica con il bacio della mano – e per gli altri membri della delegazione anche con l’inchino – siamo giudici noi che vi abbiamo assistito e diciamo che è il segno molto evidente di un cambiamento di clima.
Il governo italiano e il papa non si sposano, si rispettano e dialogano. Lo esigono i contenuti, ossia i gravi problemi della nazione, e la forma, ormai chiaramente postideologica. Lo Stato è laico anche se (o forse proprio perché) rispetta profondamente l’autorità spirituale e morale del papa e anche se il presidente del consiglio esprime in forme esteriori questa sua deferenza. La Chiesa non fa politica anche se chiede ai cattolici di essere coerenti con la loro fede ed esprime indicazioni morali su come andrebbe costruita la convivenza con gli immigrati. Rapporti chiari, quindi, che possono esprimersi anche con il bacio della mano.  

Spinto dall’entusiasmo, il Berlusconi della vigilia aveva azzardato “Siamo sullo stesso piano in cui opera la Chiesa”. Con gergo da supporter sportivo aveva anche detto “Siamo a favore della Chiesa”. Si sa bene che i piani sono e devono rimanere diversi, mentre essere a favore della Chiesa voleva probabilmente dire di essere in sintonia con le sue principali preoccupazioni e apprezzare quanto essa fa in Italia, non solo per aiutare chi è in difficoltà, ma anche per aiutare a tenere lo sguardo volto verso l’alto, che è sempre una grande risorsa per un popolo. E’ chiaro, però, che la sintonia comporta anche altre due cose molto importanti, che Berlusconi senz’altro ha ben presenti.

La prima è che quanto dice il papa lo si deve ascoltare sempre e non solo quando dice cose politicamente corrette. Il messaggio della Chiesa, infatti, vale se tenuto insieme e non ridotto a spezzatino. Il governo dovrà ascoltare sia quando la Chiesa parla di famiglia e chiede il quoziente fiscale familiare, sia quando, a proposito di immigrazione o di prostituzione, ricorda che è dovuto “qualcosa all’uomo in quanto uomo”. Sia quando chiede che siano rivista le Linee guida della legge 40 perché nella versione datale dal ministro Turco si prestano a pratiche eugenetiche, sia quando consiglia di non tenere troppo a lungo gli immigrati irregolari nei centri di accoglienza temporanea. Sia quando richiama il problema della “emergenza educativa” nelle nostre scuole e nei media, sia quando dice che in gran parte le prostitute sono “vittime” che non vanno solo cacciate dalla strada ma aiutate a liberarsi. 

La seconda è che lo Stato ascolta e poi decide. Lo stato è laico perché ascolta e poi decide. Qui però non può prevalere l’ “anarchia etica”, come aveva detto Berlusconi in campagna elettorale. Allora la frase mirava a stemperare i toni da guerra culturale, preoccupazione che il papa nel discorso alla CEI di qualche giorno fa ha valutato positivamente, vedendovi una anticipazione del nuovo clima di dialogo tra le forze politiche inaugurato dopo le elezioni. Lo Stato è libero di decidere, ma non è agnostico. Ascolta quanto la Chiesa propone, ma gli argomenti di ragione sono tali per tutti, per il papa e per Berlusconi.
Questo è il vero superamento delle ideologie sia laiciste che confessionaliste. Non c’è solo la volontà, c’è anche la ragione. Lo Stato adopera non solo la volontà ma anche la ragione. Su questa linea lo Stato incontra la Chiesa, alla quale però chiede qualcosa in più: la speranza, della quale nemmeno la politica può fare senza.