Lo strano caso del dottor Banville e del signor Black

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Lo strano caso del dottor Banville e del signor Black

01 Marzo 2009

Irlandese, classe 1945, John Banville è stato alla ribalta sulla scena della letteratura internazionale più d’una volta. Insignito del prestigioso premio internazionale Nonino per l’opera omnia nel 2003 e vincitore nel 2005 del Booker Prize con il romanzo “Il Mare”, Banville ha all’attivo più di quindici romanzi. Radici comuni lo legano ad un altro irlandese, se è vero che già a dodici anni il futuro scrittore amava cimentarsi nella sua imitazione. James Joyce, l’autore che più di tutti ha spronato l’estro creativo del giovane John. “E’ vero – sospira Banville – Il mio primo libro, che risale al 1970, si ispira proprio a Joyce. Il risultato è stato che i miei primi racconti finiscono per imitarne lo stile”.

E’ strano come un Paese piccolo come l’Irlanda abbia partorito così tanti scrittori in poco tempo.

La fioritura degli scrittori irlandesi ha origine nel desiderio di contrastare l’ambiguità linguistica che abbiamo dovuto sopportare. Rinunziando al gaelico, nel diciannovesimo secolo, noi irlandesi non abbiamo fatto altro che accelerare la rivalsa nei confronti dell’inglese, trasformando l’insicurezza in nuove curiosità.

Lei è conosciuto con lo pseudonimo Benjamin Black. Perché nasce Benjamin?

E’ un escamotage per non esporre la mia doppia coscienza e poter dar sfogo a due stili senza doverne scegliere drasticamente uno. Un modo per avere più chance, un po’ come un personaggio in cerca d’autore che si diverte strada facendo. In fondo, anche io vorrei conoscere questo misterioso personaggio dietro cui mi celo.

Perché non usare Benjamin Black anche in Italia?

Benjamin è un espediente che ha riscosso molto successo nei Paesi anglosassoni, in Francia e in Germania. Il vostro è un Paese classico e più unitario, il mio editore italiano lo ha sconsigliato da subito. A suo avviso, la doppiezza del mio personaggio non mi avrebbe aiutato. 

Quando nasce veramente Benjamin Black?

E’ stato in occasione di una vittoria! Il giorno stesso in cui ho vinto il Booker Prize, avevo consegnato al mio editore il primo romanzo firmato con quell’eternomio…E’ stato un giorno fortunato! Benjamin rappresenta il mio alter ego, è irlandese e forse anche un po’ più di me. L’anno scorso la televisione del mio paese ha girato un documentario su di “noi”. Nello sceneggiato uno dei personaggi rappresentava uno scrittore, mentre un altro rimuginava tra sé e sé camminando su e giù per la stanza. Penso che qualcuno si sia chiesto chi fosse quell’irrequieto che girava intorno.

Come lavora lo scrittore John Banville? E’ maniacale o asseconda semplicemente l’umore?

Machiavelli si cambiava d’abito per leggere i classici, potrei farmi cucire anch’io dei vestiti, però non ci ho mai pensato! Nel mio caso l’unica abitudine costante è la solitudine del mio piccolo studio al centro di Dublino, dove scrivo con una penna stilografica su dei libretti di carta che confeziono da me. Benjamin invece è più moderno e scrive direttamente sul PC.

La sua vita di scrittore è ordinata e metodica o caotica, come l’immagine di Benjamin?

Assolutamente monastica oserei dire, non sono che un impiegato della scrittura. Orari ferrei e pasti frugali.

E Benjamin?

No! Lui non è così ritirato. E’più diretto e veloce. Sa esattamente cosa vuole e cosa fare in qualsiasi momento. Ama la vita mondana e la frequentazione delle donne. E’ stato capace di lavorare a casa della “nostra” amica Beatrice Von Rezzori, con una spontaneità e dimestichezza assolute. Banville invece ha bisogno dell’intimità dello studio e di numerosi pacchetti di sigarette.

Una visione pirandelliana, la sua?

Cary Grant diceva “Oh come vorrei essere Cary Grant” ed anche io vorrei poter dire “Oh come vorrei essere John Banville”. Tutti indossiamo delle maschere e se Benjamin Black ne indossa una per far fronte agli impegni sociali, lo gnomo Banville preferisce fare il monaco in una umile cella nutrendosi delle briciole che il signor Black lascia banchettando per il mondo.