“Lobby come democrazia”, tra regolamentazione e trasparenza

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“Lobby come democrazia”, tra regolamentazione e trasparenza

10 Maggio 2013

Cari amici,

mi dispiace di non aver potuto assistere al dibattito, la convocazione del consiglio dei ministri me lo ha impedito ma c’era da assumere provvedimenti urgenti e importanti. Consentitemi quindi ora, a chiusura di questo incontro, alcune considerazioni con le quali avrei dovuto introdurlo.

Comincio innanzi tutto con alcuni ringraziamenti: al presidente Nando Pasquali per aver ospitato la presentazione del nuovo volume di “Percorsi Costituzionali”; al presidente Bassanini e al presidente Parisi per aver accettato di partecipare alla tavola rotonda introducendo un tema tanto urgente quanto complesso come quello della rappresentanza degli interessi; ancora, ringrazio i numerosi ospiti che hanno animato la discussione, ringrazio tutti i presenti e vorrei infine ringraziare il professor Giuseppe de Vergottini per l’autorevolezza con la quale dirige “Percorsi Costituzionali” e il professor Tommaso Frosini per la dedizione con cui ne coordina l’attività.

Il tema oggetto di questo numero è di grande attualità. Se infatti l’esigenza di regolamentare l’attività di rappresentanza degli interessi legittimi nell’ambito dei processi decisionali si è evidenziata soprattutto con la crisi dei partiti politici di stampo novecentesco, tradizionali mediatori degli interessi della società civile presso le istituzioni pubbliche, è nell’ultimo periodo che essa ha assunto un carattere di autentica urgenza. E’ infatti nei periodi di crisi che si impone la necessità di ripensare le linee di politica economica e di regolamentazione settoriale; è nei momenti di stasi dell’economia che tendono a mettersi in moto processi di liberalizzazione e di apertura alla concorrenza; è quando il barile si è esaurito, e non resta che raschiarne il fondo, che il decisore politico è portato ad ampliare il raggio dei propri interventi, a esercitare una maggiore creatività, ad avventurarsi in settori scarsamente esplorati, a mettere in discussione situazioni consolidate, a toccare "santuari" ritenuti inviolabili.

E’ in questi momenti che più forte si fa la pressione dei portatori di interessi, non di rado contrastanti tra loro, epperò è anche in questi momenti che più proficuo può rivelarsi l’apporto di elementi conoscitivi all’autorità titolare della decisione politica, in funzione dello schema classico “conoscere per deliberare”. Insomma: non solo la rappresentazione degli interessi, laddove ovviamente legittimi, non è da criminalizzare, nella misura in cui il decisore politico sia capace di comporre la pluralità di interessi particolari in un interesse generale. Essa può essere addirittura funzionale a un’attività decisionale consapevole.

Ciò che tuttavia in Italia difetta, contribuendo a conferire al concetto di lobby un’accezione negativa e ad alimentare nei confronti delle deliberazioni politiche sospetti di opacità e asservimento a esigenze diverse da quelle della collettività, è una regolamentazione dell’attività dei gruppi di interesse particolare che integrandola nei processi di decisione la renda trasparente. E solo la trasparenza, come segnalato anche dall’OCSE, assicura che tale attività non diventi un mezzo per alterare la concorrenza o per condizionare indebitamente le decisioni.

E’ muovendo da questi presupposti che il gruppo di lavoro politico-istituzionale voluto dal presidente Napolitano, del quale ho avuto l’onore di far parte insieme al presidente Violante, al presidente Onida e al ministro Mauro, ha dedicato alle lobbies un capitolo della propria relazione finale, messa a disposizione delle forze politiche come possibile base di partenza per un’opera di legiferazione largamente condivisa.

In particolare, il gruppo di lavoro ha proposto l’introduzione di una disciplina che riprenda e integri fra loro i modelli, ampiamente sperimentati, in vigore negli Stati Uniti e presso il Parlamento Europeo. Tale disciplina dovrebbe fondarsi su alcuni assi portanti:

–    L’istituzione di un albo di portatori di interessi presso le assemblee parlamentari e regionali;
–    La previsione, per costoro, di un diritto ad essere ascoltati nell’ambito dell’istruttoria legislativa relativa a provvedimenti che incidono su interessi da loro rappresenati;
–    L’esplicitazione da parte del decisore, nelle relazioni che accompagnano i provvedimenti, delle ragioni della propria scelta, e l’impegno a evitare possibili situazione di conflitto di interessi.

Ovviamente, ci tengo a precisarlo, si tratta solo di una proposta fra le tante possibili, sulla quale aprire un dibattito. Ma io intendo porre questo tema fra quelli sui quali intervenire e lo inserirò nello scadenzario delle riforme che a breve presenterò per consentire ai cittadini di vigilare sul rispetto degli impegni assunti.

Che il nostro Paese sia maturo per una rivoluzione normativa di questo genere lo testimonia il fatto che, laddove l’attività lobbistica è regolata, il contributo espresso dall’Italia attraverso enti locali, gruppi industriali o finanziari, associazioni di settore, università, stampa e organizzazioni non governative, è connotato da un elevato tasso di dinamismo.

E a chi dovesse sostenere che una formalizzazione della rappresentanza degli interessi avvantaggerebbe questi ultimi laddove sono più forti o addirittura dominanti, si potrebbe rispondere il contrario: è proprio l’assenza di una regolamentazione ad avvantaggiare i grandi players, spesso titolari di relazioni dirette con il mondo politico, a discapito di chi, più debole, in un contesto disordinato fatica a rappresentare le proprie istanze.

L’auspicio è che in un momento di forte cambiamento, nel quale più forte si fa nei confronti della politica la domanda di trasparenza, la risposta sia all’altezza della sfida. Che non ci si limiti a lanciare qualche osso al cane sempre affamato dell’antipolitica, ma si cavalchi quest’onda per giungere a una reale modernizzazione del nostro sistema democratico e dei processi decisionali in tutti i loro aspetti.

Il tema approfondito quest’oggi e sviscerato nell’ultimo volume di “Percorsi Costituzionali” è senz’altro uno di questi, e direi che nella complessità del mondo di oggi si colloca fra i più importanti. Grazie.

*Intervento di Gaetano Quagliariello, Presidente d’onore della Fondazione Magna Carta, alla tavola rotonda in occasione della presentazione dell’ultimo volume della rivista "Percorsi Costituzionali"