L’ombra di un maxi-inciucio dietro Alitalia
31 Dicembre 2007
Il
2007 si è aperto con la rivelazione che l’asta annunciata da Prodi per la
privatizzazione di Alitalia non era affatto un’asta, ma un barocco,
arzigogolato ed inconcludente beauty contest. Si chiude con le
polemiche sull’inizio di quella che dovrebbe essere la fase finale di un’Ops
(offerta pubblica di scambio) di pacchetti azionari per fare diventare la
compagnia italiana parte di un’aggregazione europea al cui centro c’è il
binomio AirFrance-Klm. In breve quello che oggi termina è stato, per molti
aspetti, l’anno di Alitalia.
Dopo il Consiglio dei Ministri del 28
dicembre, la trattativa tra Alitalia, da un lato, ed AirFrance-Klm, dall’altro,
dovrebbe essere tutta in discesa, nonostante ci siano forti resistenze
all’accordo sia in seno al Governo sia – quel che più conta- da parte di
settori politici ed economici importanti del Nord del Paese (dove si teme che
l’intesa comporterebbe una riduzione significativa del ruolo di Malpensa).
Da un canto, ma man mano che viene precisato
l’assetto istituzione-societario della proposta AirFrance-Klm (segnatamente un trust
italiano che manterrebbe il 51% dei diritti di voto della compagnia
dopo l’acquisizione del controllo da parte di AirFrance-Klm), la proposta
franco-olandese diventa più attraente. Da un altro, una volta avuto il consenso
del CdA, sembra difficile che si possa tornare indietro poiché – come
illustrato in altra sede – si aprirebbe un contenzioso in cui la sola richiesta
di risarcimento (da parte di AirFrance-Klm) potrebbe innescare quella procedura
fallimentare che, secondo Carlo Scarpa dell’Università di Brescia, sarebbe
dovuta iniziare due anni fa. Non dimentichiamo che Alitalia è stata costretta a vendere le slots
a Heathrow per sopravvivere sino al termine della trattativa con AirFrance-Klm.
Da un altro lato ancora, la cordata che contende l’intesa tra Alitalia e AirFrance-Klm
non ha fornito, a quel che è dato sapere, risposte adeguate ai dubbi sulla
propria solidità finanziaria e sulla propria capacità industriale sollevati da L’Occidentale del 27 dicembre.
Il vento del Nord, tuttavia, è forte, ha dalla
parte sua le maggiori confederazioni sindacali e può contare su un argomento
non banale: quali che siano i meriti della decisione del CdA Alitalia, il
metodo e la procedura seguiti dal dicembre 2006 (quando la privatizzazione è
stata annunciata) lasciano molto a desiderare, per ragioni di fondo documentate
più volte su L’Occidentale in questi
mesi. In aggiunta, Romano Prodi ha una tendenza inarrestabile a negoziare su
tutto e su tutti. Quindi, non sono da escludersi sorprese (pure
nell’eventualità che la trattativa finanziaria, economica, tecnica ed
industriale tra Alitalia, da un canto, e AirFrance-Klm, dall’altro, fili liscia
come l’olio). Alla guida di un Governo debole e da mesi sempre sull’orlo di una
crisi, Prodi non può permettersi che le aree più produttive del Paese
dissotterrino l’ascia di guerra. Quali gli scenari possibili?
Il primo è quello che possiamo chiamare,
utilizzando un lessico un po’ datato ma attualissimo, del maxi-pateracchio . Consisterebbe
nel mettere “la pratica Alitalia” in un gran calderone (nomine negli enti
previdenziali, all’Eni, all’Enel, all’Autorità per l’Energia, e via
discorrendo) in cui negoziare (con gli scontenti) un po’ tutto, concedendo
poltrone a destra e a manca. Riuscirebbe a calmare forse i sindacati ed a
giocare tra le differenze esistenti nel “fronte del Nord” (il Veneto e la
Venezia Giulia, ad esempio, non sono mai stati innamorati di Malpensa ed hanno
sempre puntato su un potenziamento dell’aeroporto di Verona che da lustri si
sente penalizzato dal grande scalo alle porte di Busto Arsizio). Prodi è sempre
stato molto abile in questi campi. Anche e soprattutto quando il costo viene
posto in capo ad altri.
Il secondo è quello che possiamo chiamare, con
un termine più moderno, il maxi-inciucio di settore.
Consisterebbe nell’acquisire il consenso della cordata che si oppone a
AirFrance-Klm (e che probabilmente ha una certa influenza sul vento del Nord).
Nessuno nutre l’illusione che quello del trasporto aereo sia un mercato
funzionante: è fortemente regolamentato non solo da autorità pubbliche
nazionali ed internazionali ma anche e soprattutto da intese, più o meno
esplicite, tra compagnie. Il maxi-inciucio consisterebbe nel dare
ad AirOne (ed ai suoi sostenitori) le carte per farle diventare un
“mini-campione nazionale”. Come? Tramite slots in quantità ed orari strategici
in aeroporti italiani particolarmente importanti (specialmente al Nord). Ciò
faciliterebbe l’aggregazione , attorno ad AirOne, di molte altre compagnie di
piccole dimensioni. Il maxi-inciucio di settore potrebbe comportare, nel
medio termine, benefici per i consumatori in quanto il complesso
Alitalia-AirFrance-Klm si troverebbe un competitore sul mercato italiano ed un
giorno su quello europeo.
Questo secondo scenario, però, presuppone che
il Nord faccia la parte sua in un campo in cui per il Governo e per la politica
nazionale è difficile entrare: spingere verso un’aggregazione societaria le
s.p.a. che gestiscono gli aeroporti di Torino, Milano, Genova, Bergamo,
Brescia, Verona, Venezia e Trieste. Senza una razionalizzazione, infatti, le slots
non sarebbe sufficienti a dare l’impulso (o la protezione) necessaria. Ma, come
si è detto, si tratta di s.p.a. che non vanno affatto d’amore e d’accordo.