L’ondata di tumulti nel Mediterraneo fa paura all’Italia
22 Febbraio 2011
Il quadro libico è confuso, le notizie sono tutte da verificare, ma alcuni punti fermi, certi, ci indicano che il peggio può ancora venire.
Alla tarda serata di ieri era assodato che Gheddafi era ancora in Libia, che suo figlio Khamis era ancora alla guida dei reparti speciali che stanno mietendo vittime ovunque, che suo figlio Seif al Islam controlla ancora la cruciale emittente televisiva, che l’aviazione è fedele al regime al punto di mitragliare la folla e che tutto il resto del Paese è invece determinato a affossare Gheddafi, i suoi figli e i suoi 42 anni di potere assoluto e scellerato.
Questi, sono tutti sintomi evidenti di una guerra civile che è già iniziata venerdì a Bengasi e a Beida e che con tutta evidenza Gheddafi, i suoi figli e i suoi fedelissimi intendono sviluppare parossisticamente. Il punto è che Gheddafi non è un Ben Ali o un Hosni Mubarak, due scialbi personaggi di terza fila, diventati padroni assoluti di regimi in modo casuale e immeritato. Gheddafi si è preso il potere da solo e ha dimostrato per 42 anni di essere uomo astuto, spietato, crudele: ha fomentato per decenni una guerra civile in Ciad, ha organizzato golpe ovunque in Africa, incluse Seychelles, Mauritania e Mali. Ha organizzato attentati anche in Europa e Italia.
E’ più che probabile che ora stia organizzando un suo "ridotto" da cui condurre, grazie all’aviazione, una sua controffensiva. Se questo non accadrà, sarà solo a causa della defezione della prima linea dei suoi fedelissimi, tutti gli altri, incluso il capo di Stato Maggiore, generale El Mahdi El Arabi lo hanno abbandonato e tentano ora di organizzare un colpo di Stato.
Al di là dello specifico libico, pur cruciale per un’ Italia minacciata sia dall’emergere di una ipotesi islamista ai suoi diretti confini, sia da ondate di clandestini che nessuno si preoccuperà più di contenere, emerge con sempre maggiore chiarezza il mistero di questa immensa rivolta araba. Mai nella storia era avvenuto che in Paesi di fatto così diversi, anche se tutti arabi, popoli in rivolta, con un’unica parola d’ordine -"Dignità!"- siano riusciti a abbattere in pochi giorni regimi autoritari e feroci che reggevano da 40 anni.
Chi paragona questo all’89 non capisce nulla, perché quello fu un collasso, un fallimento economico tutto interno ai regimi. Nel Maghreb e nel Makresh, invece, assistiamo a un fenomeno simile alla rottura improvvisa della banchina polare, con un rumore immenso e liberatorio che lascia stupefatti. Il Mediterraneo è cambiato. Noi italiani per primi, dobbiamo prenderne atto e prendere delle contromisure, perché rischiamo di esserne non solo coinvolti, ma anche travolti..
(tratto da L’Unione Sarda)