L’ottimismo sui negoziati non salverà Olmert dalle dimissioni

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L’ottimismo sui negoziati non salverà Olmert dalle dimissioni

15 Luglio 2008

Gerusalemme. La pace non è mai stata così vicina, si è avventurato a dichiarare un Ehud Olmert al suo crepuscolo politico durante quello che la stampa israeliana definisce oggi, con facile e riuscita metafora, il suo ultimo tango a Parigi. Forse è vero che israeliani e palestinesi non sono mai stati tanto vicini, meglio sarebbe dire consapevoli del prezzo della pace, ovvero la rinuncia reciproca ad una fetta importante dei propri sogni. Ma di certo non sarà l’attuale premier israeliano a firmare uno storico accordo. Non solo, e forse non tanto, per i guai giudiziari che nelle prossime settimane lo costringeranno inesorabilmente ad abbandonare la poltrona. Ma anche, e soprattutto, per gli errori politici che ha compiuto nel corso dei due anni e mezzo di guida del Paese. 

Dov Weissglass è stato per 4 anni, dal 2002 al 2006, nella stanza dei bottoni, quando al timone c’era un leader, l’ultimo, riconosciuto da amici e avversari: Ariel Sharon. Dell’ex premier è stato consigliere per la politica estera. Il suo “j’accuse” è impietoso.  Tre gli errori di Olmert, secondo la sua analisi.

Primo: aver definito un obiettivo irrealistico,  la restituzione dei due soldati rapiti, nel lanciare l’offensiva contro Hezbollah nell’estate del 2006. “Una risposta militare era necessaria – dice Weissglass – Hetzbollah aveva chiaramente violato le regole del gioco, era andato ben al di là di ciò che era accettabile. Se al potere ci fosse stato Ariel Sharon, avrebbe certamente lanciato una campagna aerea, anche prolungata e profonda, ma non avrebbe mai autorizzato una offensiva di terra”.

Secondo: la tregua con Hamas, senza la liberazione del soldato Gilad Shalit. Il blocco economico, secondo il ragionamento di Weissglass, è lo strumento più efficace per spingere al collasso politico Hamas. Ora che i valichi commerciali della Striscia di Gaza sono stati riaperti, la pressione sul movimento islamico affinché rinunci alle “folli pretese” che ha avanzato per la liberazione di Gilad Shalit è drasticamente diminuita.

Terzo: l’avvio di negoziati indiretti con la Siria. Per Weissglass, Bashar Assad è più interessato alla pace con gli Stati Uniti che con Israele e l’apertura di Olmert ha regalato al presidente siriano un’accoglienza trionfale a Parigi, dove fino a tre anni fa era considerato un paria.

Sono critiche che non vengono da un membro dell’opposizione, ma da un uomo che ha condiviso le scelte di Sharon, il disimpegno da Gaza, lo strappo col Likud, la fondazione di un grande centro, Kadima, con l’obiettivo di strategico di arrivare ad una soluzione del conflitto basata su due Stati per due popoli. Le stesse critiche sono mosse ad Olmert dall’apparato di sicurezza. Non è un mistero, ad esempio, che i capi dell’intelligence hanno espresso riserve sul cessate il fuoco con Hamas senza la contestuale liberazione di Gilad Shalit. 

Al rientro a Gerusalemme, dopo la mancata stretta di mano parigina con Bashar Assad, Olmert trova un clima politico cupo. Lo scambio di ostaggi con Hetzbollah, in programma mercoledì, non chiude affatto la dolorosa pagina libanese. Nasrallah si appresta ad accogliere come un eroe Samir Kuntar, il terrorista che nel ‘79 massacrò il padre e la sua figlioletta sulle spiagge di Naharya. Israele riceverà in cambio  i corpi dei due soldati rapiti due anni fa; questa almeno è la previsione, dal momento che Hetzbollah, in spregio alle leggi internazionali, non ha fornito alcuna informazione sulla loro sorte. 

Il giorno dopo, giovedì, gli avvocati di Olmert interrogheranno Morris Talasky, l’imprenditore che sostiene di aver consegnato 150 mila dollari in contati all’attuale premier quando era sindaco di Gerusalemme, nella speranza di farlo cadere in contraddizione. Nel frattempo però altre nuvole si sono addensate sul capo del primo ministro: biglietti aerei rimborsati due volte da istituzioni “sacre” in Israele, come lo Yad Vashem. I giornali parlano di crepuscolo di un leader, la cui popolarità ha raggiunto minimi storici. E Kadima ha fissato la data delle primarie, il 15 settembre, per eleggere il successore di Olmert. Resta da capire come avverrà il cambio della guardia: se attraverso elezioni anticipate, o se sotto forma di  un nuovo governo, una ipotesi che i due più accreditati potenziali successori di Olmert, Tzippi Livni e Shaul Mofaz, di gran lunga preferirebbero.