L’Ucraina e la neolingua dei russi allo sbando

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L’Ucraina e la neolingua dei russi allo sbando

L’Ucraina e la neolingua dei russi allo sbando

14 Ottobre 2022

In Ucraina i russi sono allo sbando e anche oggi Zelensky fa l’elenco dei territori riconquistati sul campo. Così dal Cremlino arrivano segnali paradossali diretti alle cancellerie occidentali, nel tentativo di salvare il salvabile.

Per capire dove vogliono andare a parare i russi, infatti, bisogna saper interpretare la “neolingua” della nomenklatura putiniana.

Dal cambio di regime a Kiev agognato da Mosca qualche mese fa, infatti, siamo passati alla paura che il regime russo sprofondi, come ha ammesso oggi il viceministro degli esteri Ryabkov parlando di “minacce dirette alla sicurezza della Russia”.

Una nuova crisi di Cuba

Per Ryabkov siamo sull’orlo di una nuova “crisi dei missili di Cuba” che, a prenderla alla lettera, vorrebbe dire una guerra nucleare. Frutto della “incapacità” americana “di negoziare”, ovviamente. Come se non fosse stato Putin, davanti allo stallo delle truppe russe in Ucraina, a minacciare la escalation atomica.

Ieri, a margine dell’incontro di Astana in Kazakistan, il ministro degli esteri russo Lavrov invece ci ha spiegato che “nessuno si è rivolto alla parte russa con proposte serie specifiche” sui negoziati. “Ma se ce ne sono Mosca è pronta a prenderle in considerazione”.

Putin e Biden a Bali?

Anche in questo caso messa così sembrerebbe che è colpa di Washington se la guerra va avanti, perché a quanto pare nessuno in Occidente vuole la pace con i russi. In realtà, è solo un altro modo per dire che Putin è disponibile ad incontrare Biden a Bali, il prossimo 15 novembre. Peccato che il segnale più convincente della disponibilità di Mosca a negoziare siano stati gli ultimi bombardamenti indiscriminati sui civili ucraini.

Insomma, se all’inizio del conflitto i russi chiamavano “operazione speciale” una guerra di invasione, adesso evocano il terrore nucleare perché sperano di intavolare una trattativa col nemico. “In Russia molti usano questa nuova lingua,” ha detto oggi a Firenze Vera Politkovskaja, figlia di Anna, la giornalista ammazzata da Putin nel 2006, quando le cancellerie occidentali brindavano allegramente col regime russo.

La neolinga orwelliana dei russi

“Se c’è un’esplosione dicono un’altra cosa, la guerra la chiamano pace, cambiano il senso degli avvenimenti con le parole”, spiega Vera. Formidabile, in questo senso, il portavoce del Cremlino, Peskov. Oggi fa sapere che gli obiettivi della invasione “possono essere raggiunti attraverso negoziati”. Come a dire che Mosca può vincere la guerra, perdendola.

Tutto questo mentre Putin ha ordinato al suo generalissimo, Surovikin, detto “Armageddon”, di ammassare truppe sul fronte. Fino a mezzo milione di soldati pescati nella madrepatria con il richiamo alla leva forzoso.

Più della Turchia, può la Cina

Ora, si può anche lodare il tentativo della Turchia di Erdogan di mediare tra Mosca e Kiev. Ma se i risultati del vertice di Astana sono le provocazioni che abbiamo ascoltato da Lavrov & Associati, per Mosca sarà un po’ difficile ottenere qualche passo avanti della Casa Bianca.

Qualcosa in più forse potrebbe ottenerla la Cina di Xi, come ha scritto Vittorio Emanuele Parsi. Pur avendo sostenuto Mosca dall’inizio della invasione in Ucraina, Pechino ora inizia a chiedersi quanto le costa la guerra di Putin. E dove andremo a finire continuando ad ascoltare la neolingua degli ubriachi, di potere, ancora in sella al Cremlino.