L’ultima persona che può impartire lezioni sulla Sanità è Nichi Vendola
12 Giugno 2012
Il piano di rientro sanitario varato dalla giunta regionale pugliese, va avanti senza sosta. Nichi Vendola incalza e non arretra neppure di fronte al malcontento bipartisan nei confronti di un processo che, ormai, appare ineluttabile. Il governatore difende le sue scelte. L’ha fatto anche ieri, con un’intervista a La Gazzetta del Mezzogiorno in cui ha attaccato i consigli comunali che cavalcano la protesta, rei di voler difendere gli orticelli elettorali rappresentati da “un primario, magari influente sulla scena politica locale”.
Il programma per la riorganizzazione ospedaliera pugliese è durissimo: ventuno le strutture tagliate per un totale di oltre duemila posti letto in meno. A soffrirne sarà la fruibilità del comparto sanitario in tutto il territorio regionale, ma l’auspicio della giunta è che una maggiore razionalizzazione dell’offerta possa portare a un miglioramento complessivo della sanità in Puglia. “Smontare una sanità ospedalocentrica e ricostruirla con una diffusa infrastrutturazione socio-assistenziale è un’operazione complessa, un salto epocale da cui potevamo uscire schiantati”, ammette Vendola. “Ora siamo ad un passo dal traguardo e in tutti deve sorgere quella consapevolezza di cui scriveva Pasolini: ‘piange ciò che muta anche per farsi migliore’”.
E pensare che questo traguardo ha esattamente l’aspetto di quello sognato dal centrodestra nel 2005, quando fu proprio Nichi Vendola, fresco vincitore delle primarie in campagna elettorale, a ergere le barricate contro il riassestamento sanitario pianificato dall’ex assessore regionale, Rocco Palese. Nel 2005, il futuro governatore difendeva il diritto delle mamme pugliesi di poter partorire al ridosso del loro campanile, quando a Terlizzi si opponeva con tenacia alla chiusura del reparto di ginecologia. Oggi, invece, applica con poche eccezioni – Canosa e Scorrano – le linee guida del ministero, taglia ospedali e non solo reparti. La nemesi ha voluto che fosse proprio lui a dover firmare questo piano di rientro certificando, se non il fallimento di tutta la politica regionale, la fine del sogno vendoliano.
La riorganizzazione strutturale della sanità pugliese, peraltro, nasce dalla necessità di dover recuperare le spese folli della passata legislatura: in cinque anni di governo, la giunta Vendola per bene tre volte ha violato le norme del patto di stabilità e, in virtù delle norme restrittive introdotte dall’esecutivo Prodi, ha scelto di dover affrontare questo piano di rientro così feroce.
La passata legislatura è quella che, tra le altre cose, si è conclusa con le dimissioni teatrali di Alberto Tedesco, vecchio assessore alla Sanità travolto dallo scandalo Tarantini. L’affaire, scoppiato nel 2009, ha fatto emergere una gestione presumibilmente clientelare della sanità, smascherando i burattinai che, a quanto pare, ne muovevano le fila: Lady Asl Cosentino e Tarantini, insieme a Tedesco e i suoi avrebbero fatto della più importante voce di bilancio regionale un business privato inserendosi nei gangli di un sistema di potere che, dati alla mano, ha sperperato risorse economiche in barba alle necessità dei pugliesi e all’obbligo di far quadrare i conti.
Il piano di rientro, messo a punto dalla giunta, è inevitabilmente conseguenza di tutto questo. E la responsabilità politica di questo disastro non può che ricadere su chi ha amministrato la Regione in tutti questi anni: Nichi Vendola, lo stesso che oggi pare aver dimenticato tutto, dalle sue battaglie elettorali del 2005 agli scandali successivi.