L’ultimo viaggio di Eluana è una sconfitta anche per chi è liberale

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

L’ultimo viaggio di Eluana è una sconfitta anche per chi è liberale

03 Febbraio 2009

Questa notte Eluana Englaro è stata trasferita dalla clinica di Lecco in cui era ricoverata a Udine. Sarà lì, alla casa di cura "La Quiete", che verrà data esecuzione alla sentenza della Cassazione che ha consentito di staccare il sondino che alimenta e idrata la giovane donna di Lecco in stato vegetativo da 16 anni. I prossimi sono i suoi ultimi giorni di vita. Ma un liberale non può certo leggere nell’esecuzione della sentenza il rispetto della libertà dell’individuo.

Al di là delle farneticazioni di Saviano, (autore di un libro noioso da cui è stato tratto un film ancora più noioso), nel suo ultimo editoriale su Repubblica ,in merito alle quali chiarissima è la posizione espressa sulle colonne de “l’Occidentale” da Dino Cofrancesco, sulla vicenda di Eluana credo aleggi un grave equivoco diffuso soprattutto fra quanti, laici, liberali, o comunque non credenti, sostengono che nel caso di specie si ponga un problema di rispetto del diritto di autodeterminazione dell’individuo. Mi spiego.

La pretesa del padre di Eluana Englaro di interrompere l’alimentazione e l’idratazione forzata della figlia non ha nulla a che vedere con il sacrosanto diritto di ciascuno di noi di rifiutare le cure non volute. Quel diritto riguarda la possibilità di rifiutare trattamenti sanitari che riguardano noi stessi e non anche i nostri figli o i nostri congiunti. Il diritto liberale a disporre del nostro corpo e della nostra vita riguarda appunto noi stessi e non può essere esteso per via interpretativa ai nostri cari, neanche ai nostri figli poiché in una prospettiva pienamente liberale i figli non sono proprietà dei genitori!

Certo, il problema si complica quando non siamo in condizioni di poter esprimere la nostra volontà, come è appunto nel caso di Eluana. In tali casi l’unica soluzione è un intervento legislativo che qualifichi in modo chiaro e circostanziato una dichiarazione di volontà espressa nel passato. Ma, è evidente, si tratta di un’ipotesi delicata se non altro perché in questi casi non sarebbe possibile la revoca o la modifica della dichiarazione resa in passato. E in una prospettiva liberale le dichiarazioni unilaterali di volontà da cui non derivino obbligazioni in favore di altri sono sempre e comunque revocabili. In ogni caso occorrerebbe una legge che precisi le condizioni di validità di una tale dichiarazione di volontà. Ed in Italia per l’appunto una simile legge manca. E non può bastare certo una fantasiosa sentenza della Cassazione per riempire il vuoto normativo, attribuendo una efficacia giuridica ben precisa ad un’opinione generica espressa in passato senza che chi l’ha espressa avesse la benché minima idea delle conseguenze della propria dichiarazione. In un moderno stato di diritto, il primo requisito perché una dichiarazione unilaterale di volontà possa determinare effetti giuridici è che chi la compie sia consapevole della natura impegnativa della propria dichiarazione.

Eluana ha semplicemente espresso in gioventù ed in condizioni dolorose (la morte di un giovane amico) il desiderio di non essere tenuta in vita qualora avesse subito un incidente simile. La vera domanda è allora questa: è sufficiente tale dichiarazione estemporanea per determinante effetti definitivi sul proprio futuro? Quanti sono i giovani che in circostanze simili avrebbero fatto una dichiarazione simile? E se nel frattempo avesse cambiato idea come manifestare il proprio nuovo convincimento?
La verità è che l’attivismo del padre di Eluana, comprensibile sul piano umano, non ha nulla a che vedere con il tema della tutela dei diritti individuali. Si tratta piuttosto di un tentativo di realizzare una forma di giustizia "sostanziale" in conto terzi, laddove manca un qualunque riconoscimento formale della sua pretesa. E la concezione “sostanzialistica” è esattamente la negazione della giustizia. Non basta valutare come ormai inutile un’esistenza (anche quando lo sia oggettivamente) per poter porre legittimamente fine ad essa. Non è forse il caso di dare una ripassata a "Delitto e castigo"?