L’Ungheria che si oppone a Soros punita da una deformante accusa di antisemitismo

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L’Ungheria che si oppone a Soros punita da una deformante accusa di antisemitismo

19 Dicembre 2017

E’ ragionevole usare contro Stati sia pure ancora un po’imperfettamente democratici le stesse tattiche usate per colpire il potere dei partiti comunisti nell’Est europeo? “George Soros, the Hungarian-born billionaire financier, has accused Budapest of lying as he attacked a national consultation that suggests he and the EU orchestrated a plan to flood Europe with migrants. Last month the Hungarian government posted documents to eight million Hungarian households to canvass their opinion on a number of statements relating to what it calls the ‘Soros plan’ on migration, which it claims would allow a million migrants to settle in the EU each year. The consultation is the latest attack on Mr Soros by a Hungarian government that regards the octogenarian businessman as a national security threat. Last month, Viktor Orban, the Hungarian prime minister, ordered his country’s security services to investigate the ‘Soros network’”. Matthew Day sul quotidiano conservatore inglese il Daily Telegraph del 20 novembre, riporta la denuncia fatta da Soros su una campagna promossa dal governo ungherese contro di lui; sarebbe accusato di sostenere un piano di accoglienza di un milione immigrati (negato da Soros) e di tramare contro la sicurezza del Paese.

“’The government selected George Soros for this purpose, launching a massive anti-Soros media campaign costing tens of millions of euros in taxpayer money, stoking anti-Muslim sentiment, and employing anti-Semitic tropes reminiscent of the 1930s,” the statement continued’. Fidesz’s vice chairman Gergely Gulyas also refuted allegations the campaign had used anti-Semitic tropes to undermine Soros”. Il 20 novembre il sito on line di DW, Deutsche Welle l’emittente radiofonica pubblica tedesca a livello internazionale riferisce l’attacco di Soros al governo di Budapest che ha speso milioni di euro per sostenere accuse che attizzavano sentimenti antimusulmani e contenevano cliché antisemiti. Il vice presidente di Fidesz, il partito al governo, Gulyas rifiuta l’accusa che siano stati usati cliché antisemiti.

Sulla Reuters del 20 novembre si legge in una dichiarazione rilasciata dalla Fondazione “Open society” di Soros che sono state diffuse  “distortions and outright lies that deliberately mislead Hungarians about George Soros’s views on migrants and refugees“. E ancora: “With Hungary’s health care and education systems in distress and corruption rife, the current government has sought to create an outside enemy to distract citizens. The government selected George Soros for this purpose,” con la sanità pubblica e il sistema educativo in difficoltà, il governo ha scelto di creare un nemico esterno per distrarre la pubblica opinione e questi è Soros.

What Soros writes about immigration, in general, is a pro-immigration stance that is open about its disdain for the nation state,” Gergely Gulyas told a news conference. “Decisions made in Brussels echo that in the field of immigration policy.” Ciò che sostiene Soros sull’immigrazione è in disprezzo dei diritti di uno stato nazionale e trova un’eco nelle scelte di Bruxelles, così la Reuters (servizio di Marton Dunai; con la collaborazione di Mark Heinrich r Richard Balmforth) riporta altre parole di Gulias.

Certi toni esagerati del governo ungherese sono sgradevoli per chi come me vorrebbe sempre che le discussioni fossero anche dure ma razionali e senza enfasi demagogiche, d’altra parte ci riferiamo a una nazione particolarmente travagliata:  dopo una  turbinosa rivoluzione nel 1919, ha vissuto in un regime conservatore che si schierò con la Germania nazista contro l’Unione sovietica anche se poi il capo del governo-semidittatore ammiraglio Miklòs Horhty venne arrestato dai tedeschi nel 1944 perché trattava con Mosca. Dopo la guerra il partito comunista (Posu) prese il potere e fu sfidato nel 1956 da una generalizzata rivolta popolare piegata dai carri armati sovietici. Un popolo con questa storia ha una invincibile tendenza a difendere la propria autonomia nazionale e gli stessi appelli della Open society che intrecciano smentite (che vanno registrate e verificate), a insinuazioni sulla “sanità ungherese che non funziona” non aiutano. Così come il mischiare preoccupazioni per l’immigrazione per il fondamentalismo islamico, a accuse di antisemitismo assolutamente infondate: Budapest è tra le rare capitali europee che hanno seguito la scelta di Donald Trump di riconoscere Gerusalemme come capitale dello Stato di Israele. E’ una deformante menzogna quella di accusare Viokot Urban di antisemitismo perché si oppone a Soros, in realtà da vecchio allievo del finanziere (nato in Ungheria ma americano) il presidente del Consiglio ungherese conosce, per averlo aiutato in queste azioni, le tattiche destabilizzatrici sorosiane messe in atto contro gli stati dominati dai partiti comunisti. Il punto è se azioni che erano giustificate dalle logiche della guerra civile europea, è bene che si ripetano quando si sono avviati, per quanto imperfetti, sistemi democratici. 

Quel porco guerrafondaio che ha già messo la sua ambasciata in Israele a Gerusalemme. No, non è Trump. “Well, the president broke ranks with all major powers. In fact, he joined President Vladimir Putin. Earlier this year, Russia declared, ‘We view West Jerusalem as the capital of Israel’”. Roger Cohen sul New York Times del 9 dicembre ricorda come già all’inizio del 2017 Valdimir Putin, sulla cui scia si muove oggi Donald Trump, ha annunciato che trasferirà l’ambasciata russa in Israele a Gerusalemme, sia pure nel settore ovest della città. Da tempo Mosca ha svolto un ruolo importante insieme nella guerra anti Isis e per limitare le pulsioni apertamente aggressive antisraeliane e antisaudite, ispirate da Teheran in tutto il corridoio sciita (Yemen, Irak, Siria, Libano). Il ruolo russo è esercitato con saggezza e ha rimediato ai numerosi guasti combinati da quei geni dell’amministrazione Obama. Se un giorno lo special counsel Robert Swan Mueller consentirà agli Stati Uniti di avere una politica estera articolata e non a sprazzi, uno degli elementi di questa nuova iniziativa non potrà non essere che uno serio confronto con Putin e i suoi, magari in quella sorta di congresso di Vienna per il Medio Oriente che auspicava qualche tempo fa Angelo Panebianco.

Può essere il filocinismo il cuore di un nuovo antifascismo? “Intanto, alla ricerca di carte spendibili, Renzi si è buttato a capofitto su un tema che finora non aveva mai cavalcato: l’anti-fascismo. ‘Come mi ha suggerito Veltroni’, ha sottolineato domenica scorsa ospite di Fabio Fazio su Raiuno. Precisazione non casuale”. Così scrive Angela Mauro su Huffington Post Italia dell’8 dicembre. In soccorso di questa operazione che puzza di cinismo lontano un miglio, è corsa subito in aiuto la Repubblica che ha il problema di tenere insieme i lettori renzisti con quelli antirenzisti per non perdere copie né a destra né a sinistra. Sul quotidiano di Largo Fochetti il 9 dicembre Corrado Augias scrive: “I fascisti 2.0 sono peggio. Se li confronto con quelli di mezzo secolo fa li vedo più impudenti, più cattivi. Quelli si rifacevano soprattutto alla ‘nostalgia’, questi che probabilmente non sanno bene di che cosa parlano, non si vergognano di esibire simboli e segni del nazismo rinnegando nei fatti quello spirito nazionale che dicono di voler affermare”. In queste stesse parole si legge la radice della questione attuale: il neofascismo primo repubblicano era un problema politico. In giro nel Mediterraneo dopo il 1945 c’erano regimi come quello franchista e quello salazariano, noché i colonnelli greci, la lotta contro l’influenza sovietica spingeva talvolta le amministrazioni americane a rivolgersi all’estrema destra per fermare “i comunisti”. Negli anni Sessanta e Settanta furono usati ambienti di estrema destra per operazioni politiche ben poco trasparenti. Anche non sposando la tesi del Pci che trame nere si intrecciassero alla nostra storia repubblicana, è evidente come alcuni pericoli “da destra” per la nostra democrazia non fossero solo fantasmi. Oggi, basta leggere l’ultimo rapporto Censis per capire che non c’è alcun fenomeno politico di destra unificato che possa minare la nostra democrazia che corre dei pericoli ma non per la presenza di spinte autoritarie-reazionarie ma per le tendenze disgregatrici in atto di cui fanno parte anche gli idioti che si pavoneggiano di addobbi e comportamenti nazisti. A uno snob come Augias magari questi imbecilli fanno più ribrezzo di chi faceva uno sporco ma politico lavoro. Comprensibile. Ma a me (anch’io forse un po’ snob) quel che infastidisce di più anche esteticamente è il cinismo veltronian-renziano (e dei giornali che non sanno più come recuperare copie). Trovo sacrosanto combattere gli idioti violenti  (mandando innanzi tutto e rapidamente in galera chi commette reati concreti) ma trovo meschino inventarsi un nemico terribile per rimediare alle proprie crisi. Una nota apposita, poi merita l’improbabile antifascismo militante di Beppe Sala che alla cronaca milanese della Repubblica del 13 dicembre dice rivolto a leghisti e grillini: “Non prendono abbastanza le distanze”. Credo sarebbe opportuno spiegare innanzi tutto a un sindaco di Milano così digiuno di politica, che quei tipacci prepotenti e autoritari, vestiti di nero, la cui minaccia Sala particolarmente avverte, non sono fascisti ma pm.

Grasso: ci aspettavamo il solito pm spesso tragicamente politicizzato invece avremo a che fare con un pretore conciliatore di liti da condominio. “C’è bisogno di una guida tranquilla che parta dalla sinistra ma poi vada verso le persone. Il mio obiettivo – ribadisce – è allargare, nessuna preclusione verso il Pd o M5s dopo le elezioni” così il Sole 24 ore on line dell11 dicembre riporta una dichiarazione di Pietro Grasso. Magari ci alleiamo ai renzisti magari ai grillini, nessuna preclusione. Eravamo preoccupati che Grasso da inesperto di politica seguisse uno stile da pubblico ministero nel guidare i “liberi e uguali”. Ci troviamo di fronte a uno che – leggendo le sue stesse parole – non ha neanche il livello ormai raffinatamente politico di certi pm, pare piuttosto un pretore che concilia con spirito prudente liti di condominio.