L’unica prova evidente sono gli abusi dalla magistratura nell’attaccare il Cav.
09 Febbraio 2011
Ilda Boccassini, Pietro Forno e Antonio Sangermano sono i nomi dei tre PM che stanno seguendo il “caso Ruby” e che da mesi perseguitano il Premier. Il loro unico scopo: incastrare Silvio Berlusconi.
Il vantaggio? Tanta popolarità. Nonostante le loro carriere brillanti, infatti, i nomi di questi tre magistrati sono conosciuti ai più, solo grazie a questa vicenda scandalistica.
Il Presidente del Consiglio viene accusato, oggi, dai magistrati, del reato di concussione e di prostituzione minorile e a giorni il G.I.P. Cristina Di Censo dovrà decidere se accogliere la richiesta di giudizio immediato e, dunque, disporlo con decreto, ovvero rigettarla ordinando la trasmissione degli atti al pubblico ministero. C’è un particolare però: non ci sono prove manifeste.
Infatti, per richiedere questo particolare rito, che sicuramente chiuderebbe il caso in poco tempo, consentendo agli avversari politici del Cavaliere di raccogliere qualche consenso, occorrono “prove evidenti”. Ma dove sono? La diretta interessata smentisce tutte le accuse rivolte al Premier, dalle intercettazioni non sono emerse dichiarazioni precise, dirette ad incastrare l’indagato.
Sicuramente i magistrati hanno fatto quanto in loro potere, anzi sono andati oltre raccogliendo circa un migliaio di documenti grazie ad intercettazioni a larghissimo raggio e di dubbia legittimità, interrogatori domenicali, massima attenzione al rispetto dei termini procedurali, una dedizione al lavoro che in pochissimi casi si è potuta riscontrare: ma qui si tratta di Silvio Berlusconi!
Si sono fatti processi mediatici, si è reso imputato e colpevole un uomo politico che per ora è solo indagato e che una volta uscitone illeso dovrà fare i conti con accuse infamanti riversategli contro da funzionari dello Stato che dovrebbero essere al di sopra della politica e occuparsi di giustizia. Questa, dunque, è una battaglia tra poteri dello Stato di cui non si può non tener conto.
In conclusione, alla luce della dedizione al lavoro e attenzione ai termini procedurali che i magistrati coinvolti nel “caso Ruby” hanno dimostrato, da oggi non sentiremo più parlare di declino del sistema giudiziario o di scarcerazioni avvenute per decorrenza dei termini come in molti casi di mafia, ove gli indagati-imputati sono stati scarcerati per decorrenza dei termini di custodia cautelare (si pensi ai boss dell’inchiesta “Uragano”, ai sei maggiori esponenti della faida del Gargano) o ancora, di prescrizione dei reati per decorrenza dei termini.
Da oggi ci si aspetta da loro che tutto l’impegno che hanno profuso per cercare di incastrare il Premier venga applicato anche a tutti gli altri casi giudiziari.