L’unico obiettivo della sinistra è la condanna morale di Berlusconi
16 Febbraio 2011
Per Silvio Berlusconi non vige la presunzione di innocenza né molte norme di procedura penale. Ma non è questo il problema. E neppure lo sarà la sua eventuale assoluzione. Perché il vero obiettivo era quanto si è profilato domenica scorsa su alcune piazze italiane: la sua condanna mediatica per ludibrio; la sua condanna morale prima di quella politica e a prescindere da quella giudiziaria.
La Sinistra ha già sperimentato con successo lo schema. E’ lo stesso che, con la compiacenza della Democrazia Cristiana, ha condotto l’Italia dove eravamo nel 1994 quando Berlusconi ha sparigliato il tavolo politico, condannando la Sinistra ad altri 20 anni di minoranza nel Paese.
Il presupposto culturale su cui è stata fondata l’identità della Sinistra nel XIX secolo è il rifiuto degli altri per la loro diversità etica e culturale dunque politica. Questo perché una intesa anche sulle sole regole di convivenza, avrebbe macchiato la purezza della sua identità.
La volontà, oggi incomprensibile, è comunque di riconoscere cittadinanza politica condizionata a chi non si conforma e di utilizzare ogni errore dell’avversario come ragione di crociata.
L’obiettivo dell’iniziativa giudiziaria contro Silvio Berlusconi, ormai esplicito, è la sua condanna sulla base di criteri morali (complice l’onda emotiva scatenata dal clamore nazionale e internazionale) come viatico per la condanna giuridica. Questo criterio valutativo serve a costringere "tutti gli angeli da un lato e i demoni dall’altro" e anela a rinforzare il pronunciamento del Tribunale Penale con una dichiarazione di indegnità cui far seguire (se possibile, precedere) l’ostracismo civile e politico alla condanna giuridica.
Con questa prospettiva la Sinistra rilancia, dopo sessantanni, l’ideologia che fa dell’Etica l’uso improprio e della sua invocazione la clava per rivendicare superiorità politica. Un neorazzismo intellettuale che maschera l’intransigenza con quel tanto di tolleranza che serve da viatico per il conformismo culturale e il rifiuto della propria diversa identità.
Silvio Berlusconi è stato perfetto per testare l’efficienza di questo neorazzismo intellettuale. Lo è per provenienza: self-made-man di successo; formazione culturale: liberale; personalità: estroversa e ciarliera. L’errore è stato l’essere troppo Se stesso in pubblico e di non aver velato la sua vita privata: dalla bandana di Porto Rotondo in poi.
Last but non least: l’Ordine Giudiziario. Quando però un politologo come Luttwak rileva che ai tanti torti di Berlusconi fanno riscontro l’inesistenza di opposizione politica e la scarsa fiducia degli Italiani verso la Magistratura, ma nessuno raccoglie si rafforza il sospetto di una operazione politica perseguita per via giudiziaria. Con una novità rispetto ai copioni già sceneggiati: il bombardamento mediatico di una stampa strumentalmente ingolosita dalla Magistratura con iniziative che hanno esaltato la natura pecoreccia della vicenda e che si è poi nutrita dell’invidia per la disponibilità di donne la cui avvenenza è indubbia e la cui moralità non compete a nessuno giudicare.