L’unico progetto politico dell’opposizione è la condanna del berlusconismo

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L’unico progetto politico dell’opposizione è la condanna del berlusconismo

04 Febbraio 2011

Non appena resa pubblica l’inchiesta poi passata alla cronaca come" il caso Ruby", Concita De Gregorio se ne uscì con un articolo nel quale sostenne che, ancora una volta, il baratro su cui versa il paese “non è di tipo politico, ma culturale”.

Ecco che il berlusconismo viene identificato con la pubblicità ingannevole, con il successo facile, con la mercificazione del sè, con le enormi borse di Gucci appese al braccio delle inquiline dell’Olgettina. Il metodo politico di questo governo ridotto ad un lassez-faire un po’ gigionesco e colluso, dove l’eccezione diventa la regola, l’eccesso diviene la norma e l’apparenza si sostituisce all’essenza. L’operato del centro-destra sminuito a tagli e abbandoni: taglio alla cultura, taglio alle pensioni, taglio alla sanità; abbandono del Mezzogiorno, abbandono delle donne, abbandono degli operai, abbandono dei giovani.

Questa rappresentazione della stagione politica apertasi nel 1994 è piuttosto faziosa, sacrasamente lucida e falsata dal solito ideologismo propagandista. Qualsiasi esponente dell’opposizione, che non fosse irrazionalmente antiberlusconiano, non avrebbe alcuna difficoltà ad ammetterlo.

Tuttavia è su questa iconografia, alimentata dallo spionaggio monomaniacale di alcune procure politicanti, che si basa l’unico progetto politico alternativo a quello rappresentato dal centro-destra.

Il Partito Democratico annuncia da mesi il lancio di un programma fatto di crescita economica, sviluppo, politiche giovanili, riforme per il mezzogiorno, stato sociale, ma di fatto casca nella “narrazione” vendoliana riesumando, con Massimo D’Alema, un Comitato di Liberazione Nazionale tanto suggestivo quanto vuoto.

Futuro e Libertà, giustamente critico su alcuni aspetti caratterizzanti il modus operandi del governo, nello stesso istante in cui si è costituito organo autonomo, non ha saputo fare altro – visto anche il ceffone ricevuto in parlamento – che unirsi al coro estremista, denunciando un regime politico e culturale di cui, fino a ieri l’altro, ha fatto parte.

L’Udc, partito di tradizione moderata e liberale che ha invece sempre tenuto alla propria autonomia, preso nel mezzo tra un partito carismatico dalla fibra monolitica e un’opposizione sgangherata, non ha saputo giocare il ruolo pivotale che avrebbe voluto, immiserendosi su progetti terzopolisti e strizzatine d’occhio all’opposizione.

L’Italia dei Valori, grazie anche alla retorica dei suoi tribuni stipendiati dallo Stato, ha sempre rappresentato l’avanguardia politica della narrazione a là De Gregorio, ma ridicolizza sé stessa quando sostiene che pur di mandare a casa il satrapo di Arcore è disposta, sopportando atroci sofferenze, ad allearsi con i centristi.

Anche Giorgio Napolitano, uomo la cui storia politica è inequivocabile, si rende conto dell’importanza della narrazione, ma da uomo pragmatico, si rende conto che il governo del paese non può essere fatto di romanzi.