L’uppercut della boxe al regime: “Non torno in Iran”

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L’uppercut della boxe al regime: “Non torno in Iran”

L’uppercut della boxe al regime: “Non torno in Iran”

21 Novembre 2022

Il presidente della Federazione boxe iraniana, Hossein Souri, ha annunciato la sua decisione di non tornare in patria. Souri al momento si trova in Spagna, dove sono in corso i mondiali juniores. Un gesto di protesta e sostegno a quanti stanno scendendo in piazza ogni giorno, dalla morte in prigione, lo scorso 16 settembre, di Mahsa Amini. 

“Ho deciso di non tornare in Iran, per essere la voce di coloro che non vengono ascoltati dalle autorità. Soprattutto la popolazione del Sistan-Balochistan dove sono state uccise dozzine di persone innocenti – ha spiegato Souri in un video -. Non potrei più servire. nel mio amato paese, un sistema che versa con facilità il sangue degli esseri umani”. 

 

Dalla boxe al Qatar, sostegno a chi manifesta

Dalla Spagna a Doha, dove ieri hanno preso il via i Mondiali di calcio qatarioti. La nazionale iraniana, che oggi debutterà alle 14 contro l’Inghilterra, ha deciso di esprimere il proprio dissenso contro il regime. 

Il capitano Ehsan Hajfasi, calciatore 32enne dell’Aek Atene, ha spiegato in conferenza stampa che verrà data voce alla protesta in corso in Iran. Hajsafi ha utilizzato l’espressione “nel nome del dio dell’arcobaleno”, la stessa usata in un video dal piccolo Kian Pirfalak, una delle vittime simbolo della repressione costata 400 morti e 15 mila arresti. 

Hajfasi ha ammesso che “la situazione nel Paese non è buona”. “La nostra gente non è contenta”, ha aggiunto, auspicando che “la situazione cambi”. “Noi siamo qui, ma questo non vuol dire che non dobbiamo essere la loro voce. Io spero che le condizioni cambino secondo le aspettative del popolo”, ha aggiunto. Si era già  schierato con la rivolta anche la stella Sardar Azmoun, attaccante del Bayer Leverkusen, che in un post su Instagram si era spinto fino ad affermare che essere cacciato dalla nazionale “sarebbe un piccolo prezzo da pagare rispetto anche a un solo capello delle donne iraniane”.

La vetrina prestigiosa di una nazionale che scende in campo per l’esordio contro la forte Inghilterra guidata da Gareth Southgate rischia di diventare un pericoloso boomerang per il regime degli ayatollah. I calciatori potrebbero rifiutarsi di cantare l’inno o addirittura, in caso di goal, esultare mimando il taglio di una ciocca di capelli, il gesto diventato simbolo della protesta e che si richiama a quanto accaduto a Mahsa.

 

Basket femminile, messaggio alle donne iraniane

Non solo calcio e boxe, però. Una squadra di basket femminile iraniana ha condiviso su Instagram la foto di tutto il gruppo al completo a volto scoperto. “Insegna a tua figlia che i cosiddetti ‘ruoli di genere’ non sono altro che sciocchezze – il messaggio contenuto nella foto – . Sei preziosa e insostituibile. Se ti viene detto il contrario, non crederci. Non nasconderti. Alzati, tieni la testa alta e mostra loro quello che hai! Di’ loro che sei forte e potente. Sei una donna libera”. E a seguire l’hashtag #MahsaAmini”.Â