Ma alla fine i piddini usciranno a vedere le (cinque) stelle?

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Ma alla fine i piddini usciranno a vedere le (cinque) stelle?

12 Marzo 2018

Quanti piddini escono a veder le cinque stelle. Scruta sui possibili nuovi interlocutori politici dopo la visita, a fine gennaio, di Luigi Di Maio alle centrali locali: ‘Non saliamo sul carro del vincitore. Sicuramente il M5s è un interlocutore’”. Così la redazione del sito La Pressa riporta  gli orientamenti e le parole del presidente della Lega delle cooperative emiliane che aggiunge la sua voce a quella del presidente nazionale Mauro Lusetti, a sua volta intervenuto ad aprire ai grillini. Qualche segnale simile si legge nelle dichiarazioni di Nicola Zingaretti e  nel duetto Sergio Chiamparino e Sergio Marchionne che seguono i voti degli operai Fiat al Lingotto e a Pomigliano. Su questa linea si collocano i pur superbastonati dal voto, Massimo D’Alema e Pierluigi Bersani, nonché Michele Emiliano, e in sintonia con costoro immagino sia Luigi de Magistris. Non è impossibile che presto vacilli verticalmente la linea di resistenza degli ex comunisti a un’attrazione che parla alla pancia (l’antiberlusconismo, l’anti fascioleghismo) e al portafoglio (il controllo di enti locali e regionali in pericolo col voto del 4 marzo). Nei grillini poi vivono due spinte che hanno condizionato molto l’anima della sinistra particolarmente dopo il ’92: il partito Rai (di cui Beppe Grillo discepolo prediletto di Pippo Baudo è perfetto esponente) e il giustizialismo (che anche oggi fa indicare ai piddini Antonio Di Pietro come candidato governatore del Molise: richiesta respinta perché l’ex pm aspetta un’investitura grillina). La sensazione è quella che ho avuto nella isoletta greca dove passo l’estate: le sezioni del Pasok che smontavano i vecchi simboli e si intitolavano a Syriza. Probabilmente sarebbe stato meglio se quelle anime perse di Walter Veltroni e Piero Fassino avessero fatto partecipare il comico genovese alle primarie del Pd quando oltre dieci anni fa lo chiese, o che si fosse fatto un governo Bersani – grillini nel 2013. Ora quel che poteva avvenire ordinatamente, forse accadrà in modo tumultuoso. Matteo Renzi protagonista decisivo di questa deriva che certamente non è solo italiana (dicevamo della Grecia, ma lo stesso è avvenuto in Francia e probabilmente si appresta a succedere in Germania), spero abbia un sussulto di vitalità e aiuti a far gestire l’egemonia grillina sulla sinistra con un voto anticipato, evitando di squalificare ulteriormente la legittimità morale della nostra politica con la formazione di un governo senza una vero mandato elettorale. Si potrà così decidere sulla base del bipolarismo effettuale, certamente molto meno gradevole di quello virtuale immaginato da tanti superintelligentoni, quali saranno i destini dell’Italia, su un asse che alla fine potrebbe essere il male minore (potrebbe perché le possibilità di una disgregazione nazionale che ci eviti le noie della politica sono consistenti) cioè tra centrodestra con sostanziale presenza leghista e grillini con seguito di larghi settori di ex comunisti. Ad altri resterebbe in questo caso quello spazio di testimonianza che, soprattutto in certe fasi, è offerto dai sistemi bipolari, peraltro i migliori per il funzionamento di istituzioni democratiche.

Le brioche di Alesina e Giavazzi. Siamo sicuri che la nostra società funzionerebbe bene senza badanti?” scrivono Alberto Alesina e Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera del 10 marzo. I due economisti quando scrivono di politica manifestano la stessa profondità di Maria Antonietta quando spiegava che se al popolo mancava il pane, bisognava distribuire brioche. Quel genio di John Maynard Keynes diceva che il mondo ideale era uno dove gli economisti venivano trattati  e si comportavano come dentisti: ti fa male un molare, te lo curano.  E a un dentista, appunto, non chiedi di saper dominare l’insieme dei processi storici in atto, ma solo di intervenire sulle questioni di merito tecnico. Basta, invece, vedere come la ditta Alesina&Giavazzi tratta la questione della globalizzazione, un processo che sarebbe avvenuto nella sostanza “naturalmente”, per capire che ben lungi dal considerarsi un team di dentisti, il duo si ritenga una coppia di fantastici guru politici. Invece, nella realtà, dietro gli attuali processi di globalizzazione non c’è solo la pur meritoria Goldman Sachs, ci sono anche la Rivoluzione d’Ottobre che apre la grande stagione dell’anticolonialismo, la Lunga marcia, il Mahatma Gandhi, la tenacia di Winston Churchill sotto le bombe naziste, la battaglia delle Midway, lo sbarco in Normandia, la costituzione della Nato, la lotta dei mujaheddin afghani, l’attentato a Manhattan del 9 settembre 2001 e la risposta a questo. E’ un lungo e complesso processo quello che prepara l’attuale apertura dei mercati. Questo se si guarda indietro. Se si guarda in avanti, bisogna essere consapevoli che quella che si avvia a essere la seconda economia mondiale più che dal libero mercato, è controllata dal segretario generale (a vita) del Partito comunista cinese. Anche solo da queste poche considerazioni non è difficile dedurre come potrebbe diventare un mondo assai pericoloso quello in cui la politica fosse affidata a dentisti autogasati, con comportamenti da gattini ciechi.

Se Michele Serra vuole diventare alto. Come si fa a dismettere il tono predicatorio/spocchioso” si chiede Michele Serra sulla Repubblica dell’11 marzo. Questo interrogativo da amaca mi ricorda un fantastico dialogo del film Il grande sonno, dal romanzo di Raymond Chandler sceneggiato da William Faulkner. La petulante ragazzina Carmen, sorella dell’affascinante Lauren Bacall, chiede a Humphrey Bogart- Philip Marlow: “You’re not very tall, are you?”. Non sei molto alto, non è vero?. E lui risponde: “I tried to be” ho cercato di esserlo. Il tutto tradotto nel caso serrese: Hai smesso di essere spocchioso? Ho tentato di farlo.

Quando diventano utili i pareri degli urticanti.L’apertura di Confindustria nei confronti del Movimento 5 Stelle non mi sorprende affatto. L’opportunismo è la cifra stilistica dei gruppi di potere strutturati. Altri ne arriveranno”. Così Gianluca Roselli riporta su Il Fatto dell’8 marzo una dichiarazione di Rino Formica. “Il voto del 4 marzo è stato ‘non una rivoluzione’, piuttosto una ribellione o, se preferisce, una ‘rivolta’. Una rivolta ‘contro la politica oligarchica’ che non voleva votare e avrebbe voluto rinviare le elezioni ‘a non si sa quando’. Una ribellione di massa contro la cristallizzazione e l’autoreferenzialità di un potere chiuso, lontano, incapace di avvertire le tante ragioni di sofferenza della nostra società“. Così su Huffington Post Italia del 10 marzo vengono riprese alcune dichiarazioni di Gustavo Zagrebelsky.  “Ma chi se ne frega, abbia pietà di me. Con questi casini che ci sono nel mondo stiamo dietro alle tessere di Calenda. Non cadiamo nel ridicolo”. Così Massimo Cacciari  risponde a Claudio Paudice su Huffington Post  Italia del  9 marzo che   gli aveva chiesto dell’importanza dell’ingresso nel Pd del ministro dello Sviluppo Carlo Calenda, con tanto di foto al Nazareno e alla tessera di partito. Formica, Cacciari e Zagrebelski sono osservatori particolarmente amareggiati e dunque urticanti della realtà politica italiana. L’ex ministro socialista è in tutte le occasioni interessante, la sua definizione del renzismo come espressione di una cricca da strapaese è perfetta, ma talvolta è troppo esacerbato per dare consigli realistici. Cacciari è sempre intelligente, talvolta divertente ma è ancora più esacerbato di Formica. Di Zagrebelski trovo catastrofica l’impostazione di fondo, l’idea di mummificare la Costituzione invece di aiutarne una riforma profonda, un indirizzo che nasce da una visione rigidamente moralistica della realtà. Però è un punto di vista che merita in ogni caso di essere tenuto presente. In situazioni normali, certi giudizi urticanti ostacolano invece di aiutare la ricerca di soluzioni. Oggi, però, che è il momento di capire i problemi per poi trovare le scelte necessarie per affrontarli, certi giudizi unilaterali finiscono per essere illuminanti e dunque particolarmente utili.