Ma chi scomoda l’impeachment lo sa di cosa sta parlando?

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Ma chi scomoda l’impeachment lo sa di cosa sta parlando?

Ma chi scomoda l’impeachment lo sa di cosa sta parlando?

18 Dicembre 2013

Da un paio di settimane, prima da Grillo (previa, bontà sua, consultazione con non meglio identificati legali) e poi da molti esponenti di Forza Italia (tra i quali spiccano Brunetta, Santanchè e Minzolini) è stata sollevata la volontà di sottoporre il Presidente della Repubblica ad “impeachment”. Della serietà delle intenzioni non possiamo o vogliamo dubitare ma fondate perplessità sorgono di fronte alla reale conoscenza da parte dei politici nostrani di questo antichissimo istituto.

Un primo segnale sta nel “nomen” che i vari Grillo e Minzolini affibbiano a questa procedura: impeachment. Purtroppo in pochi sanno (e tra questi vi sono quelli che ormai quotidianamente lo citano a sproposito) che il termine ”impeachment”, magari sicuramente suggestivo come molti termini di derivazione anglosassone, si riferisce a un tipo di procedimento giudiziario assai diverso da quello presente nella nostra Costituzione che è, invece, la messa in stato d’accusa. E non è una semplice variazione terminologica poiché i due istituti, pur simili, sono strutturati con iter totalmente divergenti.

L’ordinamento inglese prima e quello statunitense poi hanno codificato la procedura di impeachment come un processo sui generis. Non ripercorreremo la lunghissima e quasi millenaria storia di questo procedimento; ci basti sapere che in quasi la totalità degli ordinamenti stranieri l’impeachment (a differenza della messa in stato d’accusa ex articolo 90 Cost. che lo riserva al solo Presidente della Repubblica) non solo può ben riguardare un monarca, un presidente, un capo del governo, un ministro, un alto funzionario ma prevede inoltre che l’organo parlamentare, mono o bicamerale, sia investito del doppio potere di accusatore e di giudice (in quel caso dipenderà dalle funzioni attribuite ai due rami del legislativo).

Mutuato direttamente dal principio medievale dell’unusquisque per pares suos est iudicandus, che affonda a sua volta nelle libertà della Magna Carta concessa da Giovanni d’Inghilterra, l’impeachment non ammette che altri organi che non siano parlamentari (figuriamoci se di ordine giudiziario) partecipino a questa procedura. La differenza tra i due istituti non è pertanto solo linguistica (come in molti continuano a credere) ma è soprattutto sostanziale: mentre l’impeachment è una procedura tutta interna al Parlamento la messa in stato d’accusa, come accennato, vede l’intero parlamento come organo inquirente ma mai investito del ruolo giudicante (caratteristica propria dell’impeachment). A giudicare, nel nostro sistema, è la Corte Costituzionale in composizione integrata; il Senato, mentre in Gran Bretagna e negli Stati Uniti ha il compito di giudicare e di emanare le sentenze, in Italia (come anche in Francia), contribuisce insieme alla Camera dei deputati (in seduta comune) ad azionare solamente la procedura. Ogni funzione giurisdizionale dell’organo parlamentare è, pertanto, esclusa. Un errore non da poco per chi da anni si erge a paladino della divisione delle carriere contro il pericolosissimo inquinamento tra le due funzioni che sono e devono rimanere distinte.

Men che meno riteniamo di poter credere che questi stessi soggetti che arbitrariamente si improvvisano traduttori dall’inglese medievale conoscano la lunga procedura che la messa in stato d’accusa richiede per essere azionata. Rinviando la complessa fattispecie di reato che l’art. 90 richiede per questo procedimento e il suo complicato iter ad una seconda puntata di questa nostra panoramica sulla messa in stato d’accusa non possiamo trascurare l’incredibile leggerezza con la quale questi raffinati politici portino all’ordine del giorno la sola ventilata ipotesi di processare il Presidente della Repubblica che solo otto mesi fa era stato pregato di rimanere al suo posto anche da molti che ora lo vorrebbero condannare. E si badi che con la politica o con la procedura amministrativa questo processo non ha nulla a che spartire: trattasi di un vero e proprio processo penale che investendo reati gravissimi (alto tradimento e attentato alla costituzionale) potrebbe portare a condanne di entità abnorme. Un processo davanti alla Corte d’Assise a confronto, è, se vogliamo, un simpatico cadeau.

Nella storia, da Carlo I a Luigi XVI passando per lord Latimer, questi procedimenti hanno coinciso con il culmine dei percorsi drammatici della vita di quelle nazioni che possono dirsi civili, avvenimenti che nel bene o nel male hanno segnato la storia della democrazia parlamentare d’Europa. Il solo evocare questo istituto (sia pure storpiandone il nome) rappresenta una sconfitta per tutto il nostro percorso storico che avrebbe dovuto condurci ad essere un sistema plurale, democratico ma anche coscienzioso. Lo spettacolo che stiamo dando agli occhi degli osservatori è pessimo, specie per la faciloneria con cui si sta denigrando questo antica e importante procedura. (Fine della prima puntata. Continua…)