Ma cosa hanno fatto i pugliesi per meritarsi tutti questi scandali?

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Ma cosa hanno fatto i pugliesi per meritarsi tutti questi scandali?

22 Marzo 2012

Non finiscono i guai per il centrosinistra pugliese. A creare scompiglio nelle fila della maggioranza regionale questa volta è un’indagine, vecchia di otto anni, che passa al setaccio le relazioni tra politica e sanità, sia nel barese che nel foggiano.

A far partire l’inchiesta fu l’ex Pm Lorenzo Nicastro, ora assessore regionale legato all’Italia dei Valori, e nei faldoni della Procura di Bari c’è un po’ di tutto, roba da far drizzare i capelli – ancora una volta – al centrosinistra pugliese. Si parla di presunti accreditamenti di cliniche private, assunzioni clientelari, tetti di spesa sforati, finanziamento illecito ai partiti, a cui si aggiunge la transazione, di 500 milioni di euro, tra il Miulli di Acquaviva e la regione; e sono solo alcuni dei capitoli dell’inchiesta che è stata ripresa proprio da Antonio Laudati, a capo della Procura di Bari, ed affidata al pm Lino Giorgio Bruno che lavora in team con Francesco Bretone e Desiree Digeronimo.

Al centro dell’inchiesta c’è l’accreditamento di alcune aziende sanitarie e i pm sono partiti proprio da qui per poi alzare il nuovo polverone che potrebbe definitivamente coprire Nichi Vendola e i suoi. La prima ad essere passata al setaccio dalla Procura di Bari è stata l’azienda ospedaliera Ketron, di Putignano,  privata dell’accreditamento dalla magistratura, ma che a suo tempo fu abile a ricoprire le falle del sistema e ottenere, di nuovo, l’agoniata collaborazione con la Regione. Fu Nichi Vendola in persona, pare, a congratularsi con il presidente dell’azienda per il risultato raggiunto: il cellulare era di Frisullo, vicepresidente della prima giunta Vendola, abile tessitore d’affari non sempre molto trasparenti. È proprio Lea Cosentino, durante un interrogatorio del 2009 rilasciato alla Digeronimo, a spiegare quale fosse la relazione tra la Regione e l’azienda di Putignano. Per far sì che la Ketron ottenesse la collaborazione, infatti, la giunta regionale fu costretta a deliberare “ad hoc per la determinazione del tetto di spesa in favore della struttura, in deroga a tutti i tetti di spesa già stabiliti precedentemente”. Nessuno poteva, a rigor di logica, non sapere. Come è possibile che Vendola, Frisullo e Tedesco, così come il suo successore alla guida della Sanità pugliese Fiore, non sapessero cosa ci fosse dietro a quella delibera regionale da loro stessi votata?

Questo nuovo filone di indagine legato alla sanità pugliese non fa altro che aumentare la mole di carta e di faldoni legati al rapporto tra la principale voce di bilancio regionale – la sanità, appunto – e la maggioranza che sostiene il governatore. Se si ripercorrono le tappe del percorso tracciato dalle indagini della magistratura, si scoprono amicizie, legami e favori di ogni tipo che stanno affliggendo la regione Puglia da quasi dieci anni.

Il primo scandalo legato al sistema ospedaliero pugliese sancì le dimissioni – forzate – dell’allora assessore, ora senatore eletto nelle fila del Pd, Alberto Tedesco. La seconda vittima fu Sandro Frisullo, vice presidente della giunta regionale. Nichi Vendola, invece, è rimasto sempre, in qualche modo, ai margini di queste inchieste che non lo hanno visto coinvolto se non in maniera indiretta. Un mistero, se si considera che i protagonisti delle varie vicende di malaffare sono tutti uomini a lui strettamente e politicamente legati.

La politica, appunto. Se per la giustizia bisognerà aspettare le decisioni della magistratura, il valore politico di queste esperienze, infatti, è già evidente. Il sistema che Tedesco e compagni avrebero costruito negli anni non solo ha afflitto la regione, ma ha permesso che solo alcuni potessero beneficiarne.

E questo è solo l’ultimo triste episodio di una lunga storia che sta assestando colpi mortali alla Puglia, sia a livello di bilancio che di reputazione. Se a tutto questo si aggiungono le turbolenze baresi di Michele Emiliano e il filone foggiano dell’inchiesta sanità, sembra chiaro come quella famigerata primavera pugliese sia stata, invece, l’alba di un freddo inverno.