
Ma dov’era Veltroni quando la sinistra rovinava l’Università?

04 Aprile 2008
Inutile nasconderselo. La lettura del decalogo veltroniano sull’università e la ricerca lascia allibiti. Ma non tanto per il fatto che ‘riecheggia’ quello di Quagliariello e per discutere del quale, già da giorni, il PdL ha indetto una manifestazione a Pisa, il prossimo mercoledì 9, con la partecipazione, tra gli altri, dello stesso Quagliariello e di Giuseppe Valditara, quanto per la disinvoltura con la quale Veltroni e, se lo segue, il Pd di cui è a capo, sembrano aver buttato alle ortiche una politica universitaria che la sinistra ha perseguito tenacemente per decenni. Imponendola con scioperi, manifestazioni e censure per difendere una presunta democratizzazione degli atenei che si è risolta in una colossale crisi di governabilità dei medesimi.
Ciò che lascia turbati è quindi la credibilità di Veltroni, non tanto il suo convertirsi al buon senso e il suo disinvolto far proprie idee che non sono certo nel Dna della sinistra italiana, quanto il fatto che, nell’improbabile ipotesi in cui dovesse vincere le elezioni, quasi sicuramente muterebbe (o sarebbe costretto a mutare) di nuovo idea. Proponendo, sempre facendo finta di nulla, provvedimenti e leggi in nulla dissimili da quelle varate dal governo Prodi e dall’ineffabile Mussi, e, è bene non dimenticarlo, contro i quali i docenti e ricercatori che ora seguono Veltroni, non hanno mosso un dito, proclamato uno sciopero, ma soltanto levato flebili e privati lamenti.
Anche Veltroni, negli anni in cui Mussi e Modica hanno portato avanti lo scempio, è stato zitto; o forse non si è accorto di nulla. Ma il non accorgersi di quel che ci avviene attorno non è un pregio che può essere rivendicato, ma un difetto imperdonabile per un legislatore che dovrebbe essere attento a quel che succede in una realtà in rapido mutamento come quella della ricerca,
dell’università e della scuola.
Apparentemente Veltroni propone cose sensate anche se non originali, sicuramente se dovesse essere nella condizione di realizzarle, ne sarà impedito da chi lo ha votato. Di conseguenza, se quel generico decalogo dovesse essere esaminato alla luce della tradizione e dei rapporti di forza sindacali vigenti nel suo schieramento, ci si accorgerebbe facilmente che esso nasconde equivoci e scappatoie per tornare ad una politica non diversa da quella di Mussi.
Detto in breve, quel che Veltroni propone, e si tratta comunque di misure transitorie e d’emergenza, potrebbe andar bene se il suo obiettivo finale fosse –come lo è nel ‘decalogo Quagliariello’– l’abolizione del valore legale della laurea. Diversamente si tratta, ancora una volta, di diversivi che mettono in evidenza disinvoltura e mancanza di originalità. Certo se l’obiettivo finale fosse quello dell’abolizione del valore legale della laurea, il discorso sarebbe diverso
e, in questo caso, un confronto pubblico tra Quagliariello e il responsabile Pd dell’università e la ricerca potrebbe fare convincentemente luce su una vicenda che per ora ha solo il carattere del cinico opportunismo.