Ma i camionisti hanno anche molte ragioni
13 Dicembre 2007
I camionisti hanno ragione:
avevano preannunciato nei tempi dovuti la loro serrata ma il Governo non si è
peritato di destinare nessuno dei suoi componenti ad aprire un confronto con
loro. E sì che , tra i suoi cento membri, l’esecutivo annovera pure un ministro
dei Trasporti, un vice-ministro e ben due sottosegretari.
Lo Stato ha la sua responsabilità
nella crisi del settore del trasporto su strada. E’ responsabile di una
fiscalità sul carburante non più sostenibile, così come è colpevole
dell’assenza di una visione d’insieme in materia di trasporto merci nel nostro
paese. La quota di merci che viaggia “su gomma” è eccessiva e il sistema
infrastrutturale deficitario: come risultato, le autostrade del nostro paesi
sono costantemente ingolfate di tir in movimento. Che di tutto ciò sia
colpevole lo Stato gli italiani lo sanno. I camionisti,
però, hanno torto se pensano che, pure su questa vicenda specifica, gli
italiani – che vedono a rischio il Natale, che non trovano benzina e fanno code
di ore ai caselli – se la prenderanno con Prodi e non con loro.
Bruno Leoni notava nel 1965 come
la nostra Costituzione non faccia menzione della “serrata” laddove si introduce, articolo 40, il diritto di sciopero, pratica vietata
sotto il fascismo. Egli era molto critico sul fatto che lo sciopero fosse riconosciuto come “diritto” e ne
chiedeva una ferrea regolamentazione: ma considerava entrambe le fattispecie
(lo sciopero dei lavoratori come quello dei “padroni”) alla stregua di una
violazione di un obbligo contrattuale e ne chiedeva un analogo trattamento.
Così è, dunque: la serrata degli autotrasportatori è legittima quanto il blocco
degli aeroporti. Ma gli italiani sono imbufaliti comunque, perché si sentono
ostaggio di una categoria che ha deciso di paralizzare l’intero paese
infliggendo danni significativi che, direttamente o indirettamente, pagheremo
tutti. E in secondo luogo perché non è molto chiaro l’obiettivo della
mobilitazione.
Un’altra considerazione di ordine
generale: cosa dimostra la protesta degli autotrasportatori? Che se il Governo,
per alcune categorie, funziona come “sede negoziale permanente”, non solo per
tematiche normative e contrattuali, ma anche per questioni economiche e di
mercato, inevitabilmente, prima o poi, ogni categoria riterrà di pretendere dal
Governo, con le buone o con le cattive, una soluzione ai propri problemi.
Soprattutto quando, come per gli autotrasportatori, i problemi sono davvero
complicati e tendono a confondersi.
A ben guardare, i trasportatori,
hanno due problemi, ben distinti fra loro ma fortemente collegati: il primo è costituito dall’effetto-liberalizzazione%2C che ha accresciuto la
competizione (anche internazionale) nel settore, ridotto i margini delle
imprese, in particolare di quelle piccole (ossia la maggioranza), e quindi
“stressato” una struttura produttiva abituata a funzionare con altre
regole e
diverse garanzie. Il secondo problema è invece costituito dal fatto che, per le
inadempienze del Governo e dell’amministrazione pubblica, le “dure” regole della liberalizzazione
hanno lasciato spazio ad una competizione senza regole, in cui (secondo la
denuncia circostanziata della Conftrasporto) si può risparmiare (e quindi
competere) col “nero” e con l’assenza di controlli.
Nondimeno, la sicurezza sul
lavoro e il rispetto della “legalità” normativa e contrattuale non riguarda
solo gli operai, ma anche i deprecati “padroncini”.
Allo Stato, al Governo, si deve
chiedere, anzi pretendere, il massimo dell’impegno su questo secondo problema.
Sul primo, invece, allo Stato non solo non si può, ma non si dovrebbe chiedere
proprio nulla. E’ pero difficile che oggi a dirlo con una qualche credibilità
sia un Governo che è specializzato a liberalizzare i “nemici” e a proteggere
dal mercato “gli amici”.
Ciò detto, rivolgiamo ai
“sindacati” dei camionisti un suggerimento non richiesto ma forse utile.
Contestino al Governo ciò che è
giusto contestare – troppe tasse, pochi controlli, troppa concorrenza sleale –
ma non scarichino sul “pubblico” responsabilità che sono assolutamente
“private”. La concorrenza, tanto più quella spregiudicata, si combatte
anzitutto con la ricerca di efficienza e innovazione. Nel settore
dell’autotrasporto, è necessario che i sindacati facciano i sindacati, ossia
promuovano gli interessi dei loro membri: aumentino il loro peso negoziale nei
confronti della “vera” controparte – i clienti, non il Governo – strappando
contratti e tariffe adeguati al livello di qualità prestato, pretendano anche
dai loro clienti il rispetto delle regole e, infine, favoriscano la nascita di aziende
più grandi, in grado di sfruttare le economie di scala e di esporsi al mercato
internazionale.