Ma il Papa non vuole un partito dei cattolici, vuole un cattolicesimo vitale
25 Febbraio 2008
Sul “Corriere della Sera” di domenica 24 febbraio,
prendendo lo spunto dalle dichiarazioni dell’onorevole Casini di voler
difendere l’identità cristiana dell’Italia, Ernesto Galli Della Loggia ha
riproposto da par suo il tema
dell’identità dei cattolici italiani e del loro rapporto con la politica. Come
sempre quando affronta questi temi, anche stavolta Galli Della Loggia coglie
numerosi aspetti importanti della questione. In particolare mi sembra significativo
quanto dice a proposito del rilancio che in questi ultimi anni hanno avuto i
temi dell’identità cristiana dell’Europa e del significato della fede nel
discorso pubblico. Un fenomeno di grande interesse, dietro al quale si è potuto
registrare anche un notevole incremento del peso politico del cattolicesimo
italiano, ma che non si è certo sviluppato grazie all’azione di un “partito
cattolico”. Come dice assai bene Galli Della Loggia, i veri protagonisti di
questo rilancio “sono stati in special modo dei non credenti, ovvero dei
credenti estranei ai chiusi e sempre circospetti circoli iniziatici delle
organizzazioni cattoliche”.
Su questo punto mi sembra invero assai difficile dare
torto a Galli Della Loggia. Oltretutto, almeno per me, è estremamente
interessante (e positivo!) il fatto che in Italia si torni a parlare di forza
politica del cattolicesimo, pur mancando un partito che rappresenti, in quanto
tale, il voto dei cattolici. Solo vorrei
aggiungere una piccola avvertenza, se così posso dire, a non trascurare
l’azione che è stata svolta in tal senso dalla gerarchia cattolica e, in
particolare, il contributo decisivo apportato dal cosiddetto “progetto
culturale” della chiesa italiana, lanciato dal Cardinale Camillo Ruini negli anni
Novanta.
Già all’inizio degli anni Ottanta, quasi presagendo la
catastrofe di “tangentopoli”, la chiesa italiana si era fatta carico di
un’azione di supplenza politico-culturale al servizio, certo dell’unità dei
cattolici, ma soprattutto dell’unità della nazione. Neutralizzatesi tuttavia le
minacce secessioniste della “Lega Nord” e fallito il tentativo di salvare
l’unità politica dei cattolici nel partito della “Democrazia Cristiana”, la
chiesa italiana si è tirata lentamente in disparte rispetto all’arena politica;
si è fatta sempre più equidistante rispetto agli schieramenti politici, ponendo
la sua attenzione su una questione assai
più radicale: l’evangelizzazione della società e della cultura, con la
convinzione che una riflessione e un impegno del genere avrebbero avuto ovviamente
anche ricadute politiche. “In genere –dice bene Galli Della Loggia- quando si
arriva alla politica e alle leggi, la partita dell’identità è già decisa”.
Tutto ciò faticano a capirlo i politici, ma i vescovi italiani dimostrano a mio
avviso di averlo capito assai bene. Il loro “progetto culturale” mira
soprattutto a un cattolicesimo che sia vivo e vitale; vogliono, cito parole del
Cardinale Ruini, “una maggiore capacità di proposta e una più concreta
incidenza della fede cristiana nell’Italia di oggi”. Non a caso non credo che
siano interessati più di tanto alla costituzione di un nuovo partito unico dei
cattolici.
Del resto l’unità politica dei cattolici non è un
problema che si risolve astrattamente a tavolino. In politica bisogna sempre
fare i conti con la realtà; e la realtà dei cattolici italiani, al momento, mi
sembra politicamente assai differenziata. Sulle politiche sociali, su quelle
scolastiche, in politica estera, sugli assetti istituzionali non tutti la
vediamo allo stesso modo. E’ un fatto però che tutti stiamo diventando sempre
più consapevoli del grande compito politico-culturale che abbiamo davanti.
Personalmente, lo confesso, non amo il partito unico dei cattolici. Finché è
esistita, ho sempre votato con convinzione per la democrazia cristiana; oggi
che non c’è più, a differenza di molti di coloro che l’hanno sempre osteggiata
con disprezzo e che oggi dicono di rimpiangerla, non ne provo nostalgia. La
stessa polarizzazione politica che potrebbe verificarsi sulle questioni
fondamentali, le questioni di vita e di morte, non indica tanto la necessità di
riunire i cattolici sotto una comune bandiera politica, quanto piuttosto la
necessità di predisporre bandire nuove, aperte il più possibile a tutti. La
lista contro l’aborto messa in campo da Giuliano Ferrara, pur con tutte le
perplessità che essa suscita e che altrove non ho mancato di sottolineare,
potrebbe essere comunque in questo senso un indizio assai più significativo di
quanto lo sia la volontà dell’onorevole Casini di preservare l’identità
cristiana dell’Italia. In ogni caso vorrei precisare come tutto ciò non abbia
nulla a che fare con certi disegni neo-centristi, dei quali molto si parla. A
mio modo di vedere, tali disegni sono (erano?) per lo più fondati su di un
pregiudizio: che, finito Berlusconi, il partito di “Forza Italia” si sarebbe
sciolto come neve al sole. La nascita del “Popolo delle libertà” sembra andare però
in tutt’altra direzione. Pertanto non solo non mi dispiace che i cattolici
italiani votino liberamente sia per il centrosinistra sia per il centrodestra,
ma ritengo che l’attuale ripresa del loro peso politico dipenda principalmente
proprio da questo.
Nell’ottobre del 2006, parlando a Verona al IV
Convegno Nazionale della Chiesa Italiana, Benedetto XVI ha esortato i cattolici
a non “ripiegarsi” su se stessi, a “mantenere vivo” il loro “dinamismo”, ad
“aprirsi con fiducia a nuovi rapporti, a non trascurare alcuna delle energie
che possono contribuire alla crescita culturale e morale dell’Italia. Tocca a
noi infatti –ha proseguito il Pontefice- dare risposte positive e convincenti
alle attese e agli interrogativi della nostra gente: se sapremo farlo, la
chiesa in Italia renderà un grande servizio non solo a questa nazione, ma anche
all’Europa e al mondo”. Si tratta di un programma politico-culturale
decisamente ambizioso per i cattolici italiani. Un programma che per molti
versi fa pensare a ciò che Vincenzo Gioberti aveva definito il “primato morale
e civile degli italiani”. Ri-inculturare
la politica, rinvigorirla con la grande tradizione dell’antropologia cristiana:
questo è il compito principale del nostro cattolicesimo politico oggi. Senza
alcuna pretesa “neoguelfa”, anzi, auspicando anche per l’Italia una stagione
politico-culturale che sappia darci finalmente un assetto da nazione civile.