Ma perché oggi per la sinistra italiana la sicurezza non è più un tabù?
07 Agosto 2008
L’editoriale di Le Monde del 5 agosto si intitola: “sicurezza all’italiana” ed è un compendio di banalità progressiste. Frasi ripetute a pappagallo. Secondo l’autorevole quotidiano francese, l’Italia ha, come altri paesi europei, anche
Non è dato capire quale sia, per Le Monde, la soluzione, quel che importa al quotidiano progressista più in crisi d’Europa è il presunto errore di Berlusconi e la “cattiva” cultura sociologica e politica del governo guidato dal Caimano. Conta soltanto il “niet” a Berlusconi, come ultima deriva della sinistra europea o, meglio, del peggio della sinistra europea. Non basta. A latere di questa massa di banalità, leggiamo anche la verità ideologica del nuovo polo progressista: la sicurezza non è un tema della destra, è, anzi, una questione che occupa da tempo anche le teste dei democratici italiani, chissà forse in un nuovo gemellaggio con il PSE in rotta politica.
La sinistra, insomma, ha compreso l’importanza del tema della sicurezza e non lo demonizza più. Anzi, intende avanzare soluzioni diverse da quelle governative (quali?) e certamente è contrario ai presunti tagli alla sicurezza. Infine, vorrebbe un passo diverso e più efficace sulla sicurezza. Ripeto: non si capisce quale, come fare e con chi farlo. Wihsful thinking, nella migliore delle ipotesi. Intanto, Berlusconi ha ripulito Napoli e sta immergendo l’esercito nell’immaginario collettivo, cosa avvenuta già da tempo in Francia, mentre il distratto Le Monde si occupava troppo di salotti e poco di strade. La sinistra, in realtà, è imbarazzata perché non ha le categorie culturali per affrontare il nodo della sicurezza, che significa legittimo uso della forza da parte dello Stato. Sui Rom e sugli sbarchi si allea con Pax Christi e toppa di brutto, diventa impolitica e snob. Come sempre, dopo la caduta del Muro Italiano, negli anni 1992-93. Non basta saccheggiare Sarkozy sul nuovo Mediterraneo. Ci vuole altro. I quotidiani progressisti e il Pd sono lontani sideralmente dalla realtà concreta dei cittadini e perdono terreno proprio di fronte alla realtà oggettiva di Marx e Lenin. Un disastro politico. Essi snobbano la percezione del problema, come se la sociologia fosse fatta soltanto di numeri e statistiche. E così non è. Da Durkheim ai nostri giorni.
La percezione sociale di un problema si traduce inevitabilmente, nel tempo, nell’oggettività della realtà sociale stessa, finendo per determinare le scelte e i comportamenti quotidiani dei cittadini. Le comunità umane e sociali sono sistemi delicati e complessi che vivono di immaginario collettivo e sentimenti diffusi, alla faccia delle belle a vuote analisi delle “teste d’uovo” dei centri studi. Ecco, allora, la differenza tra la destra e la sinistra: la prima si occupa della realtà concreta del popolo in ogni suo aspetto, senza sindacare la “verità” di questo o quell’atteggiamento; la seconda pretende che il popolo si adegui alla sua visione del mondo, alla sua stanca ideologia, e tanto peggio per la realtà. La sinistra è minoritaria nel Paese, ma, nonostante ciò, non riesce proprio a tirarsi fuori dalle imbarazzanti pastoie del suo stato di minorità. Pastoie ancora ideologiche, perché, si sa, le ideologie non hanno storia. Altro che fine delle ideologie.
Il progressismo politico italiano ed europeo è la punta dell’iceberg della gigantesca crisi di linguaggi e culture politiche della sinistra europea. L’ultimo numero della rivista bertinottiana “Alternative per il socialismo” si occupa quasi esclusivamente di questo poderoso gap tra il pensiero della sinistra e la realtà. A mio avviso, molto di quanto scritto in quelle pagine vale anche per il Pd. Nella crisi, la sinistra è unita. E sarà perfettamente inutile, oltre che grottesco, rifarsi ad Obama, anch’egli panna montata, per molti, non secondari, aspetti. Per la sinistra, ci vuole la stessa cura, ormai proverbiale, necessaria all’Alitalia: l’esorcista. Ma, com’è noto, in giro ce ne sono pochi e tutti super-impegnati.