Ma su manovre e “manovrine” Bruxelles farà un altro favore a Renzi?
22 Maggio 2017
di Carlo Mascio
Dopo mesi di tira e molla tra Roma e Bruxelles sulla correzione dei conti pubblici italiani, la Commissione europea ha dato il via libera alla manovrina da 3,4 miliardi di euro varata dal governo Gentiloni. “La Commissione ha usato il suo margine di apprezzamento a riguardo della situazione ciclica in Italia” ha dichiarato il commissario Moscovici. Una promozione e lo scampato pericolo per la “procedura di infrazione” all’Italia? Non proprio, poiché se da un lato la Commissione ha riconosciuto che “non c’è la base per portare avanti una procedura per squilibri”, dall’altra ha precisato, “purchè ci sia una implementazione piena delle riforme raccomandate”.
E sì perché a Bruxelles non convince il piano contenuto nel Programma nazionale di riforma previsto dal Def in quanto, come si legge nel testo delle “raccomandazioni specifiche”, gli impegni presi dal governo italiano sono “sufficientemente ambiziosi, ma l’assenza di dettagli sulla loro adozione e di un calendario dell’attuazione limita la loro credibilità”. Tradotto: se volete fare le riforme ci dovete dire come e quando le farete. Anche perché, come sottolineano i tecnici della Commissione, per il 2018 l’Italia dovrà fare uno “sforzo di bilancio sostanzioso“.
Per questo la Ue chiede di “spostare il carico fiscale dai fattori produttivi”, vedi il lavoro, “a tasse meno dannose per la crescita”. Per esempio, l’IMU sulla prima casa per i redditi elevati. Ipotesi nei confronti della quale Padoan si è affrettato a dire il suo secco “no”, e ci mancherebbe altro, visto che l’Italia è un paese di piccoli proprietari di case che non gradirebbero certo un nuovo balzello. Del resto, in un clima sempre più pre-elettorale, il ministro dell’Economia tutto vuole tranne che ingaggiare un nuovo duello sulle tasse con Renzi che, tra l’altro, aspetta solo l’occasione giusta per dare il benservito al governo e andare alle urne in autunno. Insomma, alla fine dei conti, la Commissione è giunta a questa conclusione: niente procedura di infrazione. Almeno per ora.
Ma se i conti dovranno essere rivalutati in autunno in vista del 2018, se le riforme richieste non sono state fatte e se, come precisato qualche settimana fa dalla stessa Commissione Ue, il debito pubblico italiano è dato in aumento, allora su quale base è stato dato l’ok alla manovrina? Queste correzioni andranno bene solo per 5 mesi? Detto ciò, non vorremmo che gli alti papaveri di Bruxelles stiano preparando, per la sempre più vicina campagna elettorale italiana, lo stesso film andato in onda in occasione del referendum costituzionale del 4 dicembre scorso, quando, dopo aver bacchettato per mesi l’Italia per l’alto debito pubblico, per la questione delle banche e, ancora una volta, per i conti pubblici, d’improvviso tutto si risolse in un “l’Italia sta bene” pur di sostenere le pasticciate riforme che Renzi intendeva portare avanti, bocciate poi con la vittoria del No al referendum.
E, in questo caso, dire che la manovrina va bene per poi far capire che occorre fare altro affinché si arrivi all’obiettivo fissato, sembra essere proprio un chiaro segnale in questa direzione. Così come forse non è un caso che l’ammontare della manovra autunnale non sia stato quantificato, in modo da non appesantire il dibattito politico ma soprattutto per non colpire l’ex premier in corsa per tornare a Palazzo Chigi, dato che, così come la manovrina, anche l’ammontare della correzione autunnale dipende dai conti in disordine lasciati dal suo governo. E se a tutto ciò si aggiunge che Moscovici dichiarando che serve “equilibrio” tra “sostenibilità delle finanze pubbliche” e misure finalizzate “a rafforzare la ripresa e non a indebolirla”, un giro di parole gradito al Renzi sempre pronto a sparare contro l’Europa della “austerity”, il quadro sembra essere completo.