Maledizione Banca Etruria! E ora per il Pd non serve audire Ghizzoni
05 Dicembre 2017
di Carlo Mascio
L’audizione di Ghizzoni dinanzi alla Commissione d’inchiesta sulle banche non s’ha da fare. Almeno per ora. A renderlo noto è stato il vicepresidente piddino della Commissione, Mauro Maria Marino, che in un’intervista alla Stampa non lascia spazio a dubbi: “C’è chi ha fatto questa richiesta ma mi sembra che il presidente Casini consideri esaurite le audizioni del filone Etruria”. Chiarissimo.
E guarda caso la decisione arriva il giorno dopo l’azione civile del sottosegretario Maria Elena Boschi (dopo sette mesi di ritardo) contro Ferruccio De Bortoli, reo di aver diffuso con il suo ultimo libro la notizia della presunta richiesta di aiuto della Boschi all’ex ad di Unicredit Federico Ghizzoni proprio per Banca Etruria. Quindi, chi come il senatore Andrea Augello e il gruppo parlamentare Federazione della Libertà – Idea, presieduto da Gaetano Quagliariello, chiede da tempo chiede l’audizione dell’ex ad di Unicredit si deve rassegnare. Eppure Ghizzoni è tutt’altro che una figura secondaria sulla questione a maggior ragione perchè è stato lui stesso a mostrarsi disponibile a parlare “in sede parlamentare” sulla vicenda. Ipotesi di fronte alla quale anche la stessa Maria Elena a fine settembre diceva di non avere “nessun timore”.
Ma forse per il Pd, in questo momento, sarebbe troppo. Dopo aver brindato pochi giorni fa perché l’audizione del procuratore di Arezzo Roberto Rossi, ex consulente del governo Renzi, mirava a sottolineare le possibili responsabilità di Bankitalia e Consob sul caso Banca Etruria, e ad assolvere Pier Luigi Boschi (anche se di prove concrete in merito non ne sono venute fuori), ora è lo stesso pm ad essere finito nel mirino. Motivo? Non aver nemmeno accennato in commissione d’inchiesta al fatto che il papà di Maria Elena risulta indagato insieme ad altri per falso in prospetto, ovvero per non aver chiarito i rischi di alcune obbligazioni vendute da Banca Etruria a risparmiatori che con il crack hanno poi perso tutto o molto. Accusa non da poco, dunque. Tuttavia, a chi gli imputa una pesante reticenza, Rossi si è difeso ricordando che quando si è parlato di eventuali indagati, lui “ha annuito”.
Insomma, in tutta questa vicenda, una cosa è certa: la bomba Banca Etruria, nonostante gli sforzi dei renziani, è riesplosa e l’idea di cercare di recuperare consensi puntando tutto sul “fare verità sui crac bancari” sembra finita male. E sì, perché, ironia della sorte, l’accusa mossa nei confronti di papà Boschi non riguarda la bancarotta dell’istituto bensì proprio la presunta truffa nei confronti dei risparmiatori. Non certo il massimo per uno come Renzi che in questi mesi ha disperatamente provato in tutti i modi a cucirsi addosso l’etichetta del “paladino dei risparmiatori”. Se poi la notizia arriva il 4 dicembre, ad un anno esatto dal trionfo del no al referendum costituzionale, allora (forse) anche al Nazareno hanno capito che la ruota non gira più come prima.