Maledizione Democrat! Dopo Weinstein, tramonta un altro grande sponsor: Mark Zuckerberg
23 Marzo 2018
Dopo Weinstein, tramonta un altro grande sponsor dei Democrats, Mark Zuckerberg. “Federal regulators and state prosecutors are opening investigations into Facebook. Politicians in the United States and Europe are calling for its chief executive, Mark Zuckerberg, to testify before them. Investors have cut the value of the social networking giant by about $50 billion in the past two days”. Cecilia Kang sul New York Times del 20 marzo scrive delle conseguenze dello scandalo Cambridge Analytica, che ha organizzato la cessione di dati raccolti da Facebook usati per le presidenziali americane, con interventi di autorità federali di regolazione e istituzioni giudiziarie che vogliono interrogare Zuckerberg. Questo, alla fine, per i Democratici americani si profila come un secondo scandalo tipo Harvey Weinstein. Nel primo caso ci fu la demolizione per molestie sessuali del più potente sostenitore di Barack Obama e Hillary Clinton a Hollywood. Nel secondo caso, non sarà facile dimenticarsi di quanto Obama usò i big data per profilare gli elettori americani (vi ricordate l’elogio di come si faceva arrivare a ogni singolo elettore il volantino giusto secondo profilo personale). E, mi pare, che anche la candidatura dello stesso Zuckerberg per la prossima Casa Bianca vacilli parecchio.
Su ciò che intendono quelli che vogliono “normalizzare” una situazione. “Restituire al Paese una decente normalità” Eugenio Scalfari sulla Repubblica del 18 marzo sostiene che Mario Monti ha restituito all’Italia una decente normalità. Il Fondatore del quotidiano di Largo Fochetti è uno dei tanti esponenti dell’establishment, nel suo caso mediatico, che ritiene come quello italiano sia un popolo di deficienti che votano una disperata protesta come quella grillina, solo perché non hanno capito gli alti livelli di normalità che la società ha raggiunto. Però c’è da sottolineare un altro interessante aspetto nelle parole scalfariane: l’uso in sé del termine normalità. Naturalmente Monti non è Gustav Husak, Alois Indra, Vasil Bilak o quegli altri dirigenti del partito comunista cecoslovacco che chiesero o meglio coprirono l’intervento sovietico contro Alexander Dubcek 50 anni fa. In Italia le libertà democratiche non sono in discussione, le anomale influenze straniere, che pure pesantemente subiamo, non sono neanche lontanamente comparabili a quelle che si espressero con i carri armati. E’ interessante però notare come i termini normalità, normalizzazione ricorrano ogni volta si ritiene che eccessi di democratizzazione impediscano la semplificazione del comando dall’alto e di tipo sovranazionale.
Quei fessi di elettori che non votano Pd. “La campagna elettorale si è basata su tre falsità” così Enrico Marro sul Corriere della Sera del 21 marzo riporta questa frase di Nando Pagnoncelli. Grande idea questa che gli italiani siano del tutto fessi e non capiscano come stiano vivendo invece nel migliore dei mondi possibili. Dicono che Pagnoncelli sia stato il principale stratega della campagna di Giorgio Gori in Lombardia, questo spiegherebbe perché il boss di Magnolia credesse di essere a tre, quattro punti di distanza dal leghista Attilio Fontana, mentre le urne hanno registrato un distacco di venti punti.
Una bella ventata di pensiero fresco offertaci dal remake di Cazzullo della Notte dei morti viventi. “Politicamente ha sbagliato quasi tutto” dice Marco Follini ad Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera del 20 marzo. Cazzullo ormai ha scelto come suo punto di riferimento George Romero, il grande regista della Notte dei morti viventi. Prima intervista Walter Veltroni e poi Follini, quest’ultimo che dall’alto della sua brillante esperienza pontifica su un Silvio Berlusconi che politicamente ha sbagliato tutto, ci sembra il più morto e il meno vivente dei morti viventi.