Mamma li turchi! Ma ricordiamoci delle responsabilità di Obama (e della Merkel)

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Mamma li turchi! Ma ricordiamoci delle responsabilità di Obama (e della Merkel)

06 Marzo 2017

Sinistre confusioni. “C’è in Renzi una confusione tra Paese e paese” scrive Ezio Mauro sulla Repubblica del 4 marzo. Una nuova confusione a sinistra dopo quella durata per decenni tra la Repubblica nata da Eugenio Scalfari e quella nata dalla Resistenza.

L’amico cinese. “Mattarella ha detto di condividere in pieno l’intervento di Xi Jinping al World Economic Forum di Davos” scrive Guido Santavecchi sul Corriere della Sera del 25 febbraio. Ho molta ammirazione e comprensione per il nostro presidente della Repubblica che nella situazione difficile nella quale sta vivendo l’Italia si dà da fare per cercare sia flussi di investimenti sia sbocchi di mercato per le nostre industrie. Il suo sforzo è encomiabile. Nell’esercitarlo sono evidenti anche le concessioni retoriche che si devono fare a un partner come quello cinese considerato, con ragione, particolarmente prezioso. Ma è sbagliato consigliare una qualche prudenza nei riferimenti alla politica internazionale? Come dice sullo stesso numero del Corriere della Sera Giovanni Bazoli: “In altri Stati, come la Cina, il potere politico non nasconde neppure le sue forme totalitarie” e gli effetti di liberalizzazione politica che si attendevano dal “douce commerce” di montaignana memoria tardano a maturare. Fare il massimo di aperture negli affari mantenendo però saldo il legame con quel mondo che è stato definito atlantico, è stata la linea di condotta dello Stato italiano in tutto il secondo dopoguerra, una linea di comportamento che non mi sembra proprio sia il caso di mettere in soffitta.

Mamma li turchi! “Mr Erdogan’s revolution is not yet finished. On April 16, Turks will vote on its final act: a referendum designed to create an executive presidency endowed with powers that even Ataturk never held” Scrive Mehul Srivastava sul Financial Times del 28 febbraio. Forse il referendum di Recep Tayyip Erdogan (quello su un nuovo presidenzialismo potenziato di cui scrive il Financial Times) non passerà. Comunque non c’è giorno in cui non finiscano in galera giornalisti o professori universitari: la preoccupazione dell’opinione pubblica innanzi tutto europea è più che giustificata. Forse varrà la pena anche di fare una riflessione sulle responsabilità che sono alla base degli sbandamenti di Ankara. La geniale trovata dell’amministrazione Obama, con l’attenta regia di Hillary Clinton, di usare Erdogan in asse con i Fratelli musulmani per destabilizzare il Nord Africa a partire da un alleato storico come l’Egitto. Il pentimento di Washington quando l’operazione non ha funzionato e il tentativo tramite giudici e poliziotti legati all’islamico moderato Fethullah Gulen già alleato di Erdogan e poi trasferitosi negli Stati Uniti, di pilotare una Mani pulite turche, la difficoltà a usare certi metodi con una nazione capace di una qualche solidità maggiore di altri Stati mediterranei. Fino a un disperato colpo di Stato. Lo sbandamento senza dubbio è tutto turco ma le sue basi sono state poste interamente dall’amministrazione Obama non senza il passivo contributo di quell’altro genio di politica estera che è Angela Merkel (il che naturalmente non giustifica le scomposte reazioni di Ankara verso Berlino).

Bene o male? “Nell’attuale legislatura una maggioranza bene o male esiste intorno al governo Gentiloni” scrive Stefano Folli sulla Repubblica del 6 marzo. L’ottimo notista politico Folli è preoccupato per un esito weimariano del prossimo voto italiano. Forse dovrebbe riflettere su chi seminando vento (i governi senza adeguato sostegno popolare dal 2011 in poi) oggi raccoglie tempesta. E decidersi a scrivere che la maggioranza sbandata e raccogliticcia del governo Gentiolini esiste ma “male”.