Mangiare al Tempio di Iside è come rivivere “Il dottor Jekyll e Mr. Hyde”

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Mangiare al Tempio di Iside è come rivivere “Il dottor Jekyll e Mr. Hyde”

Mangiare al Tempio di Iside è come rivivere “Il dottor Jekyll e Mr. Hyde”

05 Settembre 2010

Parliamo oggi di un ristorante di servizio: Il tempio di Iside, esercizio romano a due passi dal Colosseo, dalla meravigliosa chiesa di San Clemente, posto ai piedi dell’Aventino, luogo non estraneo al culto della egiziana Dea Iside, culto che tanta importanza ebbe nei secoli dell’impero e che strettamente si connette con il successivo culto cristiano di Maria.

In occasione di una precedente chiacchierata, ho accennato al primo impatto della mia vita con una pellicola cinematografica, di cui l’episodio centrale della storia narrata mi è parsa la sintesi, sia pure un po’ crudele, dell’attuale proposta di uno storico locale romano, che ho ascritto, esso pure, tra i ristoranti di servizio.

Trattando di un altro esercizio della medesima tipologia – che, comprendendo posti meno esaltanti, quanto a contenuti gastronomici, rispetto a quelli giudicati eccellenti, offre maggiormente il destro a divagazioni – penso che un suo sintetico inquadramento sia ancora una volta rinvenibile in ambiti cinematografico/letterari, che, per quel che mi concerne, mi riportano a ricordi della giovinezza, malauguratamente ormai piuttosto risalente.

All’inizio del 1956 – anno che ormai appare come un momento del paleolitico – per una quasi incredibile serie di fortunate circostanze, ebbi la ventura di disporre, nella casa di Asti in cui ero nato cinque anni prima, di un gigantesco apparecchio televisivo, di fabbricazione tedesca, ingombrante come un capiente frigorifero di oggi. Questo vero e proprio monumento catodico, tra i primissimi della città, mi consentì di crescere seguendo l’evoluzione della televisione nel nostro Paese e di godere del suo meraviglioso ed irripetibile primo periodo di operatività. Si tratta degli anni ruggenti della RAI, la quale, così ribattezzata nel 1944, con l’abbandono dell’originaria denominazione di EIAR, nel 1954, a seguito dell’avvio delle trasmissioni televisive anche nel nostro Paese, era divenuta RAI-Radiotelevisione Italiana.

Grazie all’intelligenza ed alla straordinaria qualità e raffinatezza di quelli che, in allora, ancora non si chiamavano palinsesti, potei non solo seguire programmi che appaiono di livello qualitativo ormai imparagonabile rispetto agli attuali, ma vedere e rivedere molti film che sono parte non secondaria della storia della cinematografia mondiale. La ricca possibilità di visionare una gran numero di pellicole, nonostante l’esistenza di un solo canale, risultava favorita dalla prassi – eccezionale in quegli anni, in cui i programmi televisivi iniziavano in via ordinaria, ogni giorno, alle 17, con la cosiddetta “calata” delle antenne – di trasmettere film anche il mattino, solamente per il Piemonte e la Lombardia, in occasione di importanti manifestazioni di rilievo nazionale, quali la Fiera di Milano e il Salone dell’auto di Torino nonché – ma non sono certo che il ricordo sia corretto – fors’anche il Giro d’Italia. Per lo più queste proiezioni cinematografiche mattutine coincidevano con periodi di vacanza scolastica, anche se debbo confessare che, per i miei assai liberali genitori, e, soprattutto, per la mia indulgentissima mamma, la visione di un bel film il mattino o di un’importante rappresentazione teatrale la sera, ben oltre Carosello – gli spettacoli teatrali erano ripresi, con telecamera fissa, in diretta dai teatri e comprendevano i tempi degli intervalli,  terminando, quindi, intorno alla mezzanotte – erano una valida giustificazione per bigiare la scuola, sin dalle elementari.

Fu così che, al termine della IIIª Liceo, pur abitando in una piccola città di provincia, potevo vantare una vasta conoscenza cinematografica, nei generi più diversi. Avevo infatti potuto spaziare dalle commedie americane, dal copione brillante e raffinato, degli anni ’30 e ’40, ai film di guerra, soprattutto dedicati all’ancora recente secondo conflitto mondiale – ivi compresa, inaspettatamente, qualche pellicola di propaganda italiana – dalle pellicole francesi degli anni del fronte popolare  e dintorni – per la maturità redassi una corposa monografia dedicata a Jean Renoir, avendo un meraviglioso insegnante di italiano e latino grande cinefilo – ai filmetti nazionali dei telefoni bianchi e via discorrendo.

Tra le tante pellicole visionate non erano mancate due trasposizioni cinematografiche del celebre romanzo stevensoniano “Lo strano caso del dottor Jekyll e di mister Hyde”: quella, straordinaria, del 1931 – Il dottor Jekyll – dovuta alla regia di Mamoulian, interpretata da un indimenticabile Frederic March, e quella, di dieci anni successiva – Il dottor Jekyll e Mr. Hyde –  avente per protagonista Spencer Tracy, con la presenza nel cast anche di Lana Turner e di Ingrid Bergman.

Ebbene, nulla come la drammatica vicenda della doppia personalità dello scienziato londinese mi sembra maggiormente attagliarsi per la descrizione delle sconcertanti caratteristiche de Il tempio di Iside, locale veramente dalla duplice realtà.

L’ambiente, un corridoio lungo e stretto – adorno di stucchi kitch da dimenticare – risulta comodo e gradevole, se frequentato per un pranzo in un giorno feriale, a scarsa densità di avventori. Diviene una bolgia claustrofobica, per una cena il sabato sera, ad altissima densità di clientela. L’accoglienza nel primo caso è cortesissima e nel secondo sfiora l’affanculismo. Il servizio, per il pranzo, è attento e rapido, mentre il sabato sera è espletato da camerieri del tutto improbabili, delle più diverse nazionalità, che stentano ad intendere le richieste dei clienti, talora le equivocano e, abitualmente, comunque ne dilatano assai nel tempo l’esecuzione. Gli stessi piatti – anche un semplice misto crudo di pesce – è ottimo alle 13 e poco accattivante la cena del sabato.

I confronti potrebbero continuare, ma la spiegazione non va ricercata in una pozione dagli effetti straordinari, bensì in una scelta di fondo che i  proprietari del ristorante debbono ancora compiere. Allo stato, Il tempio di Iside presenta la potenzialità per divenire un ottimo tempio del mangiar pesce nella Capitale, specialmente per i crudi, è in grado di produrre validi primi ed accettabili dessert. La cantina va migliorata, ma i ricarichi sono in linea di massima accettabili. Il problema è che occorre avere il coraggio di calmierare l’accesso al locale, limitandolo, sempre e comunque, ad un numero ragionevole di clienti e di rivedere drasticamente il servizio, che, ovviamente, sarebbe di per sé facilitato da una riduzione degli avventori. Questo, certo, comporterebbe una qualche riconsiderazione verso l’alto dei prezzi, ma è un valore condiviso dai lettori di questa rubrica la circostanza che la qualità abbia un costo e sia meglio compiere meno visite a ristoranti ma frequentare soltanto locali che sappiano garantire sempre la qualità stessa.

Terminando con la consueta valutazione circa il rapporto tra il momento qualitativo e l’esborso monetario si può dire che nelle fasi dottor Jekyll  il rapporto qualità/prezzo del locale è senz’altro ottimo, mentre nei momenti Mr. Hyde esso precipita decisamente.

IL TEMPIO DI ISIDE Via Pietro Verri, 11 – telefono 06/7004741 – chiuso la domenica