Manovra 2010-2011, Tremonti non fa sconti e parla di “gestione comune”

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Manovra 2010-2011, Tremonti non fa sconti e parla di “gestione comune”

25 Maggio 2010

Tutti noi siamo disposti ad accettare un sacrificio anche grande se solo riusciamo ad intuire che al termine la ricompensa e la gioia sarà ancora maggiore”. Alessandro Manzoni, "I Promessi Sposi", capitolo 7. Di certo, con un debito pubblico stellare, una congiuntura economica complessivamente sfavorevole e una crescita ancora frammentata e debole (ma in ripresa), al termine del prossimo biennio se tutto va bene potremmo gioire per aver tenuto nonostante lo spettro di una crisi che dalla Grecia sarebbe potuta arrivare a noi. Mica poco: la consapevolezza di non essere a rischio default, sarà un grande traguardo raggiunto.

E’ il giorno della Manovra 2010-2011 e l’importante, nell’immediato, è far capire che in tempi di sacrifici, dopo la tempesta ricomparirà il sereno (o perlomeno la situazione tornerà a stabilizzarsi), complice anche l’andamento dell’economia che quest’anno crescerà più del previsto. Per il momento, ci prova il ministro Tremonti, che in una giornata carica di tensione e ricca di incontri, davanti ai rappresentanti di enti locali e Regioni riuniti a Palazzo Chigi ha ammesso che non sarà una passeggiata, invocando l’aiuto di ognuno per risanare i conti del Paese ed evitare il rischio Grecia: “Questa non è una finanziaria qualsiasi", bensì rappresenta "una discontinuità intesta di sistema che tutti dobbiamo comprendere", ha detto, sottolineando che "ciascuno deve fare la sua parte". Il confronto è proseguito con le parti sociali, imprese e sindacati. Poi il varo del testo (un centinaio di pagine per un totale di 22 articoli) da parte del Consiglio dei ministri (salvo successive intese per perfezionare il testo, dopo un’ora e mezzo il Cdm ha dato il via libera al decreto). Infine, la cena con Bossi e Berlusconi.

Un nuovo percorso, quello individuato dal Presidente del Consiglio, per cui  le misure vengono sottoposte alle parti sociali e agli organi del PDL e successivamente vengono fatte oggetto di delibera collegiale del consiglio dei Ministri. Un Consiglio dei Ministri che secondo fonti vicine alla maggioranza avrebbe anche fatto registrare qualche scintilla tra Tremonti e Berlusconi in merito alla tracciabilità (tetto a 7.000 euro per i pagamenti in contanti e obbligo di fattura telematica oltre i 3.000 euro), provvedimento che ha ricordato a qualcuno – secondo le malelingue allo stesso Premier – la filosofia seguita da Vincenzo Visco e Padoa Schioppa. S’è parlato però, anche di un malumore più profondo: il premier sarebbe convinto che la corezione dei conti sia più ampia di quella di cui avrebbe bisogno l’Italia e imputerebbe a Tremonti la colpa di seguire troppo le indicazioni di Bruxelles a discapito della crescita. Non è del resto un mistero che questa manovra nasca più sotto l’ombrello del Professore di Sondrio che del Cavaliere.

Fatto sta che nel giorno in cui le Borse di tutto il mondo vanno a picco a causa dei timori di una tenuta dei conti pubblici dei Paesi dell’eurozona e delle tensioni politiche tra le due Coree (alla fine della giornata le principali borse europee si sono portate sui minimi dal settembre del 2009, mandando in fumo 113 miliardi di euro di capitalizzazione), il Cdm dà il via libera alla Manovra.

Per difendere i debiti pubblici dell’eurozona si sono infatti resi necessari una serie di interventi finanziari da parte degli stati membri  dell’eurozona, con un impegno chiaro di questi stati a migliorare i loro conti pubblici. Italia compresa, che nello studiare la manovra correttiva ha dovuto necessariamente tenere conto di due variabili, indispensabili per dare un segnale forte ai mercati: il rigore e la stabilità politica. Sul primo fronte l’occhio vigile di Giulio Tremonti non ha permesso di compiere quei passi falsi tipici della storia delle finanziarie italiane all’interno delle quali si metteva di tutto un po’. Il rischio, stavolta, era di finire come la Grecia o di non vedersi più sottoscritti i titoli del debito pubblico. Da qui la necessità di mantenere dritta la barra, di non cedere ad alcuna sirena e di sposare ancora una volta (e più di ogni altra volta) la linea del rigore e dell’austerità, consapevoli del fatto che se la Grecia è finita a pezzi è stato perché ha dato la sensazione di voler proseguire su una strada irresponsabile, spendacciona e (già) disseminata di trucchi contabili.

Così, come chiesto da Bruxelles e come sottoscritto dallo stesso ministro nel programma di stabilità di gennaio e nella Ruef  di fine aprile,  la correzione dei conti pubblici sarà pari a 0,8 punti di pil nel 2011 (12 miliardi) e 0,8 punti nel 2012 (altrettanti 12 miliardi) in maniera tale da ridurre il deficit di 1,6 punti di Pil nel prossimo biennio così da portare il livello dell’indebitamento netto al 3,9 nel 2011 e al 2,7 nel 2012. Sul fronte politico invece, mai come ora sarebbe utile una tregua, sia all’interno della maggioranza, come auspicato dalle colombe del Pdl che dopo un lavorìo incessante stanno cogliendo i primi frutti,  e sia nei rapporti con l’opposizione. La stessa opposizione che nelle ultime ore, davanti a questa manovra, ha ritrovato l’unità ma non la responsabilità.  Unità nel bocciare l’azione del Governo: “Mancano equità e sviluppo”, è il parere di vari esponenti dell’opposizione.

Dure soprattutto  le prese di posizione di Pierluigi Bersani e di Antonio Di Pietro. La favola è finita”, ha detto il segretario del Pd, definendo quella appena varata una “manovra depressiva”, un “giro di specchi”, che conterrebbe a suo dire “ tagli indiscriminati” e “nessuna crescita” e nella quale “non si affronta nulla di strutturale”. Per Di Pietro, “chi fallisce e chi dice bugie deve andare a casa. Berlusconi ha detto che l’Italia non era in crisi e poi ha detto che la crisi l’aveva già superata, ma oggi siamo in piena anticamera della Grecia. A casa Berlusconi e il suo governo, se vogliamo salvare il Paese”. Al coro di “no” proveniente dall’Opposizione, s’è aggiunto quello delle Regioni. A loro vengono chiesti tagli per oltre 10 miliardi in due anni mentre ai Comuni e Province vengono chiesti risparmi di 1 miliardo e 100 nel 2011 e 2 miliardi e 100 nel 2012. La manovra insomma dovrebbe tagliare oltre 13 miliardi al mondo delle autonomie. Apriti cielo. “In maniera chiara ed esplicita, dico che questa manovra è insostenibile per le Regioni, per i servizi e le risposte che dobbiamo dare ai cittadini”, ha detto il presidente della Conferenza delle Regioni Vasco Errani (Pd) a nome delle Regioni. Valutazione ribadita dal governatore della Calabria, il pidiellino Giuseppe Scopelliti: “È un giudizio unanime, siamo molto preoccupati”.

E i sindacati? Si muovono, come al solito, divisi. Stavolta anche fisicamente: Epifani ha infatti tenuto la conferenza stampa da solo, contrariamente alla tradizione che vedeva i leader di Cgil Cisl e Uil scendere insieme in sala stampa per esprimere la valutazione sui provvedimenti del governo. Aveva fretta, ha detto Bonanni. Pazienza, chi nel giorno più importante per la politica economica di questo Paese avrebbe voluto vedere i sindacati compatti se ne farà una ragione. La manovra economica è iniqua, perché chiede sacrifici solo ai lavoratori, ha tuonato il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani al termine dell’incontro tra governo e parti sociali. Il provvedimento, ha sottolineato, "contiene misure di iniquità sociale" e "si chiedono sacrifici sempre ai lavoratori, quelli pubblici più degli altri ma anche quelli privati. Per la Cgil non è in discussione che serva una misura correttiva, come stanno facendo altri Paesi". Poi una piccola ammissione sul provvedimento: "è molto complesso e ci sono parti che possono essere apprezzate, come la lotta all’evasione fiscale", ma in generale "è una manovra che va cambiata in Parlamento". Ma da Cisl, Uil e Confindustria arriva un sì condizionato, in attesa di analizzare nel complesso le azioni messe in campo dal governo per correggere i conti pubblici. Resta comunque nell’aria lì’ipotesi di uno sciopero generale, sul quale, secondo quanto riferito da Epifani, si deciderà domani.

La manovra sarà composta di due tranche: correzione strutturale di 12 miliardi di euro, per il primo anno, a cui si aggiungeranno altri 12 miliardi il secondo. Un decreto da 24 miliardi quindi,  a cui si sommeranno circa 3 miliardi di rifinanziamenti per l’anno in corso, tra i quali i fondi per le missioni internazionali valutati in 500 milioni, che porterà la manovra 2010-2011 a quota 27 miliardi. L’obiettivo fondamentale è ridurre il debito pubblico. Tra le misure più importanti, i tagli alla spesa pubblica, la lotta all’evasione (tra Irpef, Ires, Iva , Irap e altri contributi sociali in Italia si evadono quasi 120 miliardi di euro) e i congelamenti stipendiali a coloro che in questi anni hanno avuto di più: i dipendenti statali, i cui stipendi saranno congelati per tre anni (confermati anche il giro di vite contro i falsi invalidi). Poi, tra le altre cose, innalzamento dell’età pensionabile per le donne nel pubblico impiego  e taglio dei fondi per il sistema sanitario nazionale e introduzione della fiscalità di vantaggio per le imprese del Sud. (Leggi qui tutti i punti della manovra).

L’iter parlamentare della manovra comincerà al Senato, probabilmente la prossima settimana. Prenderà il via già da stasera, invece, il lungo lavoro che dovrà portare tutti (opinione pubblica compresa) a digerire una manovra pesante ma necessaria.