Manovra, Bersani critica la fiducia ma dimentica tutti i “suoi” ricorsi

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Manovra, Bersani critica la fiducia ma dimentica tutti i “suoi” ricorsi

09 Luglio 2010

Il Fondo Monetario Internazionale, rivedendo al rialzo le stime sulla crescita del Pil mondiale per il 2010 (+4,6% dal +4,2% previsto ad aprile) e di quello italiano (+0,9% dal +0,8% previsto ad aprile) ha messo il turbo ai listini europei. E in tempi di approvazione di manovra, la notizia dovrebbe spingere il Paese (comprese le categorie professionali, gli Enti locali chiamati a sacrifici e la parte politica avversaria) a remare tutti nella stessa direzione, con l’obiettivo di tenere al riparo i conti pubblici. Specie in un momento di ripresa, purtroppo ancora appena accennata. E specie in un momento carico di tensioni interne. Per dirla con le parole del premier, "gli ultimi dati economici confermano la validità della linea del governo" in una fase nella quale "la ripresa è in corso e sarà tanto più salda quanto più collegata a una politica di rigore nei conti pubblici". Ma in un paese che forse rimpiange ancora quegli attacchi alla diligenza tipici di ogni Finanziaria, nei quali ognuno portava a casa qualcosina (in relazione al quale il ministro dell’Economia qualche giorno fa è perfino arrivato a minacciare le dimissioni) le cose non vanno come dovrebbero andare.

Silvio Berlusconi è stato chiaro: “Porre la fiducia è stato un atto di coraggio. Se il governo dovesse andare sotto andiamo a casa” ha detto. Pronta la replica del segretario del Pd Pierluigi Bersani: “Non mi si parli di coraggio dopo 33 voti di fiducia, questo significa avere paura non coraggio”. Quello che Bersani non considera però, è il fatto che da questa manovra dipende la credibilità dell’Italia: e a livello europeo, e davanti ai mercati internazionali. In questo momento, se c’è una cosa che il Governo non può permettersi, è di dare un segnale di indecisione davanti a una manovra correttiva necessaria per riportare il Pil sotto l’ombrello del 3% nel 2012. Quanto al ricorso alla Fiducia, andrebbero ricordati al segretario Pd i trascorsi della sua parte politica. Nel 1996, Prodi (allora presidente del Consiglio) in occasione dello spacchettamento dei ministeri, dopo appena 29 giorni di Governo ricorre alla fiducia motivando con queste parole la sua decisione: “Non è possibile discutere su tante proposte di modifica quando c’è l’urgenza di prendere delle decisioni”. Parole sacrosante, nonostante siano passati 14 anni. Non andò meglio con l’ultimo Governo Prodi (2006-2008), preso come bersaglio dai media perché nei suoi primi 100 giorni di governo chiese la fiducia  5 volte, una ogni 22 giorni.

In questo caso, con la richiesta del voto di fiducia sulla Manovra da parte di Berlusconi, si dà prova di credibilità a livello europeo (portando a casa nei tempi stabiliti una Manovra che, come detto altre volte, ha già ha incassato il plauso dell’Europa e di diversi organismi internazionali) e si tengono sotto controllo i conti pubblici. Data la contingenza economica del momento, caratterizzata da una ripresa ancora debole e frammentata, se non è questa un’urgenza, quale altra lo sarebbe?

Intanto, in linea con le richieste della commissione Bilancio, l’approdo in aula al Senato della manovra – per la quale si prospetta una blindatura sia alla Camera, sia al Senato – è slittata di un giorno, con il voto di fiducia fissato per giovedì 15 luglio (la Cgil per lo stesso giorno ha organizzato un presidio nazionale davanti al Senato). Sette giorni ancora a disposizione per sciogliere i nodi più critici, risolvere gli ultimi rebus (il ministro dell’agricoltura Galan, sul piede di guerra per le quote latte, ha minacciato le dimissioni) e fornire ulteriori chiarimenti a chi continua la “guerra” a Tremonti, prime fra tutte le Regioni che domani a palazzo Chigi incontreranno il presidente del Consiglio (subito dopo Berlusconi incontrerà Comuni, province e comunità montane). Ma i margini di riavvicinamento restano stretti, dal momento che  Berlusconi e Tremonti hanno ribadito come i saldi non possano essere modificati.

Le novità non mancano. Tra le più rilevanti dell’ultima ora, quella riguardante il fisco per le aziende e la figura dell’ausiliario del giudice. La prima. La commissione Bilancio del Senato ha dato il via libera all’emendamento del relatore  Antonio Azzollini (Pdl) che accoglie le richieste sulle misure fiscali per le imprese richieste da Confindustria. La proposta del relatore, la cui copertura sarà garantita dall’aumento dell’Ires per le imprese assicurative, sopprime il comma 9 dell’articolo 38 che puntava ad accelerare le procedure di riscossione. In particolare viene cancellato il termine massimo dei 150 giorni di efficacia della sospensione eventualmente concessa dal giudice tributario per l’iscrizione a ruolo. Inoltre lo stesso emendamento stabilisce la possibilità per le imprese, a partire dal 2011, di compensare i crediti maturati nei confronti dei Regioni, Enti locali e Servizio sanitario nazionale con le somme iscritte al ruolo. La norma approvata accoglie anche le richieste delle imprese sulle limitazioni alle compensazioni da applicare in presenza di debiti iscritti definitivamente a ruolo e i importo superiore a 1.500 euro. La nuova sanzione del 50% applicata a queste compensazioni indebite viene rapportata al valore del debito iscritto a ruolo. Infine, l’applicazione della sanzione resta sospesa fino al momento in cui sull’iscrizione a ruolo pende la contestazione giudiziale del contribuente. Con la copertura finanziaria della stangata sulle imprese assicuratrici l’emendamento approvato garantisce anche le risorse pari a 160 milioni per il comparto sicurezza, equamente ripartiti negli anni 2011 e 2012, ma anche lo stanziamento di ulteriori 50 milioni per Roma Capitale.

Tra le proteste, arrivano gli ausiliari del giudice (salta invece l’ipotesi che nei processi civili il giudice possa disporre, sentite le parti, che la prova testimoniale venga assunta da un cancelliere). Gli ausiliari saranno nominati dai giudici stessi e fino al 2015 potranno sostituire i magistrati nelle cause civili per smaltire l’arretrato. Saranno scelti tra ex magistrati, avvocati, notai, professori di diritto e ricercatori, in attività o pensionati, raccolti in un apposito albo. L’obiettivo è quello di ridurre la mole di cause civili pendenti, arrivate alla cifra di 5,4 milioni. La disposizione riguarderà i procedimenti che saranno dichiarati prioritari dai tribunali e dalle corti di appello. La sentenza dell’ausiliario sarà sottoposta alle parti in causa: se entrambe dichiareranno di accettarla sarà immediatamente operativa, altrimenti l’incartamento tornerà al giudice titolare per la decisione finale. Per pagare gli aiutanti dei giudici, il governo prevede varie possibilità: se la sua sentenza è stata contestata da una delle parti e viene poi confermata dal giudice ordinario, toccherà alla parte che ha avuto da ridire metter mano al portafoglio; se invece il giudice conferma la sentenza, il compenso arriverà dallo Stato. Il compenso oscillerà tra l’uno e il cinque per cento del valore della causa, in base a una tabella annessa all’emendamento. Prevista anche una procedura abbreviata del giudizio, nella quale il magistrato comunica la sua decisione con una “motivazione breve”: se le parti accettano la procedura avranno la sentenza in tempi più brevi ma non avranno diritto a ricorrere in appello. Altra norma anti-ingolfamento, il raddoppio del contributo unificato per l’impugnazione in tribunale e in corte d’appello e l’aumento a 500 euro del contributo fisso per i ricorsi in Cassazione.

Gli ausiliari del giudice entrano quindi nella manovra, portandosi dietro uno strascico di proteste. Si vuole inserire "l’ennesima legge ad personam per il premier", tuona la capogruppo Pd in commissione Giustizia della Camera Donatella Ferranti che individua, nel comma 18 dell’ emendamento del governo  una norma che servirebbe a "far slittare di sei-nove mesi il processo Fininvest-Cir". Pronta la replica della Fininvest, che smentisce con "stupore e sdegno" ogni "illazione" arrivando a sostenere in una nota ufficiale come appaia "risibile il solo pensarlo. Basta conoscere i fatti per sapere che è vero esattamente il contrario. La Fininvest infatti è pienamente convinta che le proprie buone ragioni verranno riconosciute e ha rilasciato a favore di Cir una fideiussione pari a 806 milioni di euro". Quindi sostiene di avere tutto l’interesse a che il procedimento abbia "un iter il più spedito possibile".