Manovra, il Governo tira dritto ma è alta tensione con le Regioni

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Manovra, il Governo tira dritto ma è alta tensione con le Regioni

07 Luglio 2010

Sulla Manovra l’Esecutivo tira dritto. Nonostante le proteste lascia inalterato l’ammontare delle riduzioni pari a 4 miliardi nel 2011 e 4,5 a partire dal 2012, alle Regioni, ma sarà la Conferenza Stato-Regioni a poter decidere, entro tre mesi dall’entrata in vigore del decreto legge sulla manovra, con quali criteri essi saranno attuati. La commissione Bilancio ha approvato l’emendamento del relatore che prevede che fra i principi guida che dovranno essere tenuti in considerazione per valutare come mettere in pratica la sforbiciata alle risorse vi sia tra l’altro il "rispetto del patto di stabilità interno". La misura prevede un taglio delle risorse destinate anche alle Province e ai Comuni.

Lo aveva annunciato nel pomeriggio il relatore alla manovra Antonio Azzollini a margine dei lavori in Senato, dopo un incontro con il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. In serata è stato poi approvato l’emendamento che concede maggiore flessibilità nella scelta dei comparti su cui attuare i tagli previsti per le Regioni che si sono dimostrate più virtuose nel rispetto del patto di stabilità interno. Insomma, i tagli da 8,5 miliardi in due anni sono stati confermati ma saranno più flessibili, non lineari, e premieranno le regioni virtuose.

L’iter. Lesame inizierà domani, mentre mercoledì 14 è previsto l’ok finale del Senato con tanto di fiducia. Tra le novità certe e frutto anche di un incontro tra Tremonti e il relatore alla manovra, spunta la cancellazione tout court della stretta sugli assegni per le invaldità: un passo indietro chiesto a gran voce dalle associazioni e compensato dall’aumento delle verifiche da parte dell’amministrazione sui ‘falsi invalidi’ che passano da 200mila a 250mila l’anno. Ancora invece da scrivere le misure fiscali a favore delle imprese, i fondi per Roma capitale da sempre oggetto di contesa all’interno della maggioranza con i leghisti che non vedono di buon occhio l’idea di concedere al Campidoglio troppi aiuti, la revisione del taglio delle tredicesime al comparto sicurezza e le norme sui certificati verdi.

Sul fronte delle pensioni, l’ultimo emendamento approvato ha cancellato quello che il ministro Maurizio Sacconi aveva definito "un refuso". Restano pertanto sufficienti i 40 anni di contributi per accedere alle pensioni di anzianità. Ma secondo i sindacati c’è ugualmente un "cambiamento in peggio" per i lavoratori. Dal ministero del Welfare, però, osservano che nella nuova stesura, "c’è piena corrispondenza a quanto auspicato dall’Ue". Con lo stesso emendamento del governo, inoltre, viene recepito direttamente nella legge il meccanismo che collega l’età pensionabile all’aumento delle speranze di vita, che completa la blindatura del sistema previdenziale. Finora era previsto da un semplice regolamento che il governo per non correre rischi ha voluto assumesse dignità di legge.

E’ stato approvato anche l’emendamento che proroga a tutto dicembre per le popolazioni terremotate il termine per la restituzione delle tasse non pagate. La sospensione dei tributi vale anche per lavoratori autonomie titolari di partite Iva con reddito fino a 200 mila euro. Ed è stata ripristinata la "zona franca" (con le conseguenti agevolazioni fiscali) per l’area urbana della città dell’Aquila. Sono state invece respinte le proposte di emendamento targate Pd per la rateizzazione in 10 anni (e con lo sconto del 40%) delle somme dovute. La copertura di queste misure sarà in parte garantita dall’aumento dell’accisa sui tabacchi per le sigarette "low cost".

Mantiene toni duri Roberto Formigoni (ieri era tornato a minacciare la remissione delle deleghe) , che stamattina dalle colonne del Corriere della Sera definisce l’emendamento che introduce una flessibilità nella ripartizione dei fondi a favore delle Regioni virtuose "fumo negli occhi e per di più scritto male. Con il paradosso che chi ha una spesa corrente enorme verrà premiato e noi lombardi virtuosi verremo tagliati fuori dall’emendamento". Non solo."La conferenza Stato-Regioni – continua Formigoni – è un incontro di routine in cui si esaminano una serie di partite correnti. Al 42.mo e ultimo punto dell’ordine del giorno c’è il tema della manovra. Non ci spaccino questo per l’incontro che chiediamo noi con il presidente del Consiglio e i ministri Tremonti e Fitto".

Chiede con insistenza un faccia a faccia anche Renata Polverini, alla quale l’incontro di domani con il ministro Tremonti "non basta, anche perché sta diventando una questione di sgarbo istituzionale: noi  siamo pezzi di Stato – ha continuato il Governatore del Lazio – rappresentiamo persone che ogni cinque anni esprimono un voto. Siccome con il ministro Tremonti ci sono stati incontri che non hanno prodotto alcun effetto perchè c’è stata una posizione rigida da parte sua, io credo che noi abbiamo il diritto-dovere di chiedere un’interlocuzione più alta perchè comunque noi rispondiamo ai cittadini".

La scelta di non rivedere le misure che toccano gli enti locali, insieme a quella di preannunciare il voto di fiducia con largo anticipo rispetto all’iter parlamentare, hsa causato anche nuove levate di scudi da parte  delle opposizioni. "Non vorrei – ha detto il segretario del Pd Pier Luigi Bersani – che dopo Berlusconi arrivasse Chavez. Bisogna ripristinare i concetti basici della democrazia parlamentare che non può andare avanti a fiducie, decreti e telefonate riparatrici". Poi il giudizio su contenuti: "La decisione di non tornare indietro sui tagli alle regioni – osserva la capogruppo del Pd al Senato Anna Finocchiaro – è inaccettabile". Il governo, attacca l’Italia dei Valori, "naviga a vista e sta portando la nave Italia – dice il presidente dei senatori dell’Idv, Felice Belisario – a sbattere sugli scogli di una incompetenza infinita".