Missili iraniani in Venezuela: ora gli USA sono più vicini

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Missili iraniani in Venezuela: ora gli USA sono più vicini

17 Dicembre 2010

In un momento in cui la diplomazia mondiale sta superando l’imbarazzo scatenato dalla pubblicazione dei documenti riservati su Wikileaks, i fantasmi dell’epoca bipolare sembrano bussare alla memoria di tutti. L’ottobre del 1962, passato alla storia come l’apice della tensione tra USA e URSS, vedeva la piccola isola di Cuba assumere un peso geopolitico centrale: lo spauracchio di un possibile conflitto nucleare, allora, non era una possibilità ma una temibile realtà. Oggi, la c.d. “questione missilistica” riemerge prepotentemente, ponendo al centro un altro paese caraibico: il Venezuela.

Secondo C. Wergin e H. Stausberg, autori dell’articolo pubblicato il 25 novembre sul quotidiano tedesco Die Welt, Venezuela ed Iran avrebbero stretto un accordo in occasione della visita di Chávez a Teheran nell’ottobre scorso. Da quanto trapelato da fonti di intelligence, oggetto dell’intesa sarebbe il posizionamento di missili iraniani a media gittata in una base militare – a gestione congiunta – in un non meglio precisato luogo del Venezuela. Secondo quanto emerge dall’articolo del Die Welt, Chávez avrebbe concesso a personale iraniano di gestire, insieme a propri ufficiali, una base militare, all’interno della quale verrebbero stanziati importanti unità missilistiche, utilizzabili in caso di “emergenza” o “necessità nazionali” dei due paesi.

Un importante supporto militare per Caracas che, date le continue tensioni con la Colombia, vicina agli Stati Uniti, potrebbe “equiparare” le posizioni, o far degenerare il tutto in conflitto armato. L’Iran invece, si avvicinerebbe da un punto di vista militare ai confini statunitensi. Secondo quanto pubblicato dal quotidiano tedesco, tre tipi diversi di unità missilistiche sarebbero pronte per essere dispiegate in questa base: gli iraniani Shahab 3 (dalla gittata di 1300-1500 km), gli Scud-B (285-330 km) e gli Scud-C (300-500 o 700 km).

Un vero e proprio guanto di sfida per Washington da due paesi della sua black list, che fanno dell’antiamericanismo e delle aspirazioni strategiche nucleari i propri cavalli di battaglia. Neppure l’avvento di Obama, inizialmente visto da molti analisti come l’uomo che avrebbe disteso e pacificato i rapporti tra gli Stati Uniti e le aree calde del mondo, non ha ridimensionato l’atteggiamento antioccidentale dei vicini latinoamericani, in primis i neobolivariani.

Mentre l’Occidente brindava all’accordo del Summit di Lisbona e all’accordo sulla difesa missilistica, Teheran aveva già in caldo un accordo con l’alleato Hugo Chávez, il quale non ha esitato ad offrire al regime khomeinista  il territorio del proprio paese per la creazione di una nuova base militare che potrebbe così costituire una minaccia per gli USA. Il tutto strizzando sempre l’occhio a Mosca. Venezuela, Federazione Russa e l’Iran, infatti, formano un pericoloso triangolo in America Latina. La sigla di accordi per la compravendita di armi, petrolio e più generali intese politiche sono divenuti una costante nelle relazioni tra questi tre paesi. Accordi che bypassano le sanzioni ONU, atte a impedire all’uno o all’altro di vendere particolari beni, che troverebbero comunque il modo di arrivare “legalmente” a destinazione. Ciò è avvenuto nel caso dei sistemi di difesa anti-aerea S-300PMU-1 che la Russia non potrebbe vendere direttamente alla Repubblica Islamica Iraniana, ma che sono stati passati sotto banco dal Venezuela, dopo averli previamente acquistati da Mosca.

Ciò che sta avvenendo in questo momento in Venezuela ci riporta con la memoria alla crisi missilistica del 1962: se prima era l’Avana a prestare il nome e il territorio all’URSS, oggi Caracas lo fa per conto dell’Iran. L’attuale situazione geopolitica, tuttavia, è profondamente diversa da quella di allora: il bipolarismo e la sua logica sono crollati, ma non per questo le tensioni nucleari sono andate scemando. Se, però, nel 1962 la fermezza politica di Kennedy pose fine alla crisi, gli stessi caratteri non sono riscontrabili a nostro avviso nell’attuale classe dirigente di Washington.

L’amministrazione Obama è debole politicamente, lassista nel linguaggio e nei fatti. Costantemente intenta a tendere la mano a coloro che palesemente la rifiutano, questa ha permesso ad alcuni di farsi beffa dei principi democratici e dei diritti umani; di minacciare apertamente Israele e il suo popolo, considerati non degni di esistere; di consentire all’Iran di proseguire nella sua corsa atomica. Una realtà, quest’ultima, che chiaramente mette in ridicolo l’ONU, le sue sanzioni, e la diplomazia occidentale. Viene, quindi, da chiedersi: quando l’amministrazione Obama intenderà considerare l’Iran e la sua “amicizia” con il fronte neobolivariano una seria e reale minaccia?