Molti cattivi pensieri

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Molti cattivi pensieri

10 Maggio 2008

Chiedo scusa, ma non ce la faccio proprio a tenermi dentro i cattivi pensieri.

Sono giorni che assistiamo all’arrembaggio di tutta la cultura di sinistra romana – o pronta a cambiar residenza – nei confronti del nuovo sindaco Alemanno. Architetti che scalpitano per realizzare le loro opere, registi che intravedono nuove prospettive per la loro consunta ispirazione, romanzieri, pittori, musicisti, filosofi che lodano la straordinaria intelligenza del nuovo sindaco che non vorrà certo distruggere il meglio del “modello culturale Roma”. Tutti in coda a sgomitare per un posto all’ombra della nuova giunta. Sembrava che dovessero emigrare nelle nebbie parigine – anzi, vista l’aria che tira a Parigi, al sole di Madrid – e invece Roma è diventata la nuova Mecca. E per ora ricevono tanti sorrisi. Aveva capito tutto per primo Odifreddi. Gli avevano riso dietro perché aveva chiesto a Berlusconi il posto di ministro dell’istruzione. Ha chiesto cento per ottenere dieci ma c’è da scommettere che dopo il suo pellegrinaggio a Santiago de Compostela riceverà in dono il Festival di Tutte le Scienze, oltre a quello della matematica.

Leggiamo su Il Foglio una recensione del libro di Eugenio Scalfari “L’uomo che non credeva in Dio”, a firma del nuovo ministro della cultura Sandro Bondi. Scrive Bondi che «la cultura umanistica scalfariana … eredita il meglio della filosofia [sic] e squadra ogni frammento di senso col piglio del moralista insoddisfatto». Il testo «di scrittura sapientemente stratificata» abborda nientemeno che «il progetto della rifondazione di un’etica». E se non ci riesce ci manca poco.

Lo stesso ministro Bondi, sul Corriere della Sera intona un peana a Umberto Eco, che spera di convincere a venire con lui, perché – è chiaro – senza Eco non si da cultura. Poi loda Nanni Moretti, grande regista senza cui – Caimano a parte – il paese sprofonderebbe rapidamente nella barbarie.

La storia di sette anni fa si ripete. Non so se in farsa, certamente in peggio. Allora una cultura di sinistra già boccheggiante e pronta a fare le valigie per Parigi, scoprì di avere un inaspettato salvagente nel complesso d’inferiorità culturale della destra, nella sua rassegnata convinzione che non vi possa dare cultura se non a sinistra. Oggi, dopo sette anni, la cultura di sinistra è tanto agonizzante da non limitarsi a mostrare una contegnosa disponibilità a collaborare, ma da abbassarsi a supplicare umilmente pur di non perdere le sue posizioni. Pare che le venga incontro un salvagente ancor più largo, tanto largo da offrirle non soltanto le posizioni di potere che aveva già a sinistra, ma anche un nuovo spazio a destra.

Manca soltanto la nomina del pedagogista di stato, progressista naturalmente. Si erano già affrettati a chiederla prima delle elezioni. Ora che hanno perso non si vede perché non debbano ottenerla.