Monti pensa di poter sperimentare in Italia un nuovo tipo di democrazia

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Monti pensa di poter sperimentare in Italia un nuovo tipo di democrazia

03 Giugno 2012

A dirla tutta, non avevamo proprio bisogno di un libro contro Mario Monti per ammettere che non ci sentiamo troppo rappresentati dall’attuale Premier. Però veder sfilare la sua carriera, gli ambienti frequentati, le scelte passate e presenti, diciamo che fa un certo effetto, chiarisce un po’ di cose, insinua il legittimo sospetto che oggi in Italia si stiano facendo esperimenti, che siamo in una specie di laboratorio per il futuro dell’Europa del Sud. Un futuro favorevole ad interessi esteri e soprattutto sopranazionali.

Insomma, senza cadere nel complottismo semplificatorio, i fatti son fatti. È un fatto il meeting del giugno ’92 sul panfilo “Britannia” al largo di Civitavecchia, quando Mario Draghi, accompagnato da una delegazione di manager ed economisti italiani, ascoltò i consigli dei banchieri inglesi su come privatizzare, o meglio svendere il patrimonio pubblico, e come impostare le future politiche del lavoro. È un fatto, o quantomeno una strana coincidenza, l’improvvisa ondata di vendite di titoli di Stato italiani provocata da Goldman Sachs proprio il giorno dopo la nomina di Monti a senatore a vita (chiarissimo primo passo di Napolitano per farlo poi Primo Ministro). È anche un fatto, decisamente imbarazzante, che il novello Presidente abbia presentato la manovra economica prima alla (non più tanto premiata) ditta Merkel & Sarkozy e solo dopo ai partiti che, poveretti, votano la fiducia al suo governo. Ed è un fatto che Draghi (prima presidente della Banca d’Italia e ora di quella centrale europea) e Monti siano vicini al gruppo Bilderberg ed abbiano lavorato per Goldman Sachs. Che non sono la Spectre di James Bond ma nemmeno un circolo del cucito, almeno per quanto riguarda gli interessi nazionali e del continente meridionale, come minimo poco adatto ai ritmi atlantici e franco-teutonici.

Appunto, dicevamo, fa effetto rileggere queste cose e scoprirne di nuove fra le pagine de “Il Grigiocrate” ((Fuori Onda edizioni), scritto dal prode terzetto Augusto Grandi (giornalista de Il Sole 24 ore), Daniele Lazzeri (scrittore che ha firmato opere su Jünger e Pound), Andrea Marcigliano (saggista esperto di geopolitica). I tre ci raccontano i momenti cruciali nella vita di Monti, a partire dal suo arrivo a Torino, dalla sua cooptazione nella Fiat di Valletta (così diversa dall’idea di impresa messa in atto da Adriano Olivetti). Alla corte degli Agnelli e nei salotti che controllano la città sabauda, Monti fece solide amicizie, ad esempio con Mario Deaglio ed Elsa Fornero. Membro del consiglio d’amministrazione Fiat dal 1988 al 1993, fu nuovamente utile alla ditta quando nelle vesti di Commissario Europeo alla Concorrenza raccolse molte richieste di aiuti pubblici.

Poi vennero gli anni di apprendistato in Europa e negli organismi internazionali, dove Monti (“abituato ad essere nominato più che eletto) trasse anche l’ispirazione per scrivere gli editoriali sul Corriere del Sera, primi passi verso “l’ostensione mediatica” che lo portò a Palazzo Chigi. “Il Grigiocrate” ci riporta a quei giorni convulsi di qualche mese fa. L’Italia chiude da anni il bilanci con un avanzo primario (“se andiamo in rosso, è per pagare gli speculatori internazionali, i loro salatissimi interessi sul nostro debito”), ma qualcuno vuole che si rimescolino le carte. I giudizi delle agenzie di rating possono bastare per cambiare per mettere in ginocchio la Grecia, ma noi siamo ossi più duri. Così è cominciato l’incubo dello spread, il differenziale tra i tassi d’interesse dei nostri titoli di Stato con quelli tedeschi. Berlusconi, già indebolito a dovere dagli scandali e dagli ex alleati, viene così liquidato dalla Bce. È il momento dei tecnici, quelli che devono liberalizzare e tagliare perché “ce lo chiede l’Europa, ce lo chiedono i mercati”. Facendoci ballare in faccia “lo spettro di Atene” chiedono però non sacrosanti tagli alla spesa pubblica, ma più tasse e meno garanzie sul lavoro.

Gli italiani conoscono la Fornero per le lacrime in tv. Ma i suoi studenti torinesi la chiamano “Elsa la belva” e un motivo ci sarà. L’innalzamento dell’età pensionabile, le modifiche all’articolo 18, il mancato argine alla precarietà giovanile, l’Imu sull’unico bene rifugio rimasto, nuovi inasprimenti fiscali, sembrano rientrare in una precisa strategia: distruzione della classe media e conseguente crollo della domanda interna (saremo tutti costretti a a comprare cinese, che costa meno). Lo scopo sarebbe appunti di trasformare il Sud Europa (presto toccherà a Spagna e Portogallo) in “terreno di conquista” per chi ha ancora soldi da investire (gli imprenditori nostrani è noto che devono fuggire all’estero per reggere la concorrenza). Probabilmente ci solleverebbero investimenti e sgravi fiscali nei settori del turismo e della cultura, ma non se ne vede traccia. “Il disastro è una scelta” secondo Grandi, Lazzeri e Marcigliano, scelta dei veri poteri forti, la grande finanza e i petrolieri che tengono alto il prezzo dell’energia per dirottare i ricavi sulla finanza speculativa (gli stessi, per intenderci, che non piansero troppo Enrico Mattei). Se Monti è una figura di transizione, non promettono altro i probabili successori: Passera, Profumo o Montezemolo.

Ora, si può non essere d’accordo con la tesi del libro, si può far finta che la nomina di Monti abbia arrestato lo spread ed impedito il declassamento; rimane indubbio ciò che scrive Piero Sansonetti (uno dei pochi veri e rispettabili uomini di sinistra rimasti in circolazione) nella prefazione: il programma del governo in carica è stato scritto all’estero, la democrazia è stata violata, il consenso popolare ignorato. Il tutto con il plauso della grande stampa interessata. La politica è ormai sottomessa all’economia, più che mai nella storia, qui in Italia più che altrove. I partiti, messi all’angolo dall’antipolitica e dalla tecnocrazia, non dimostrano abbastanza coraggio. Forse stiamo veramente entrando nell’epoca della “post-democrazia rappresentativa”. Siamo avvertiti.