Mozione Bankitalia, sgambetto a Visco o al Governo?
20 Ottobre 2017
Pensavamo, noi poveri ingenui, che l’affaire Bankitalia fosse solo una mossa escogitata dal segretario del Pd Matteo Renzi per scaricare sul governatore Visco le colpe dei crac bancari, primo fra tutti quello di Banca Etruria. La motivazione, certo, è forte: la lunga storia di omessi controlli, conflitti d’interesse, favori ai soliti noti e regole cambiate in corsa ha danneggiato fortemente l’immagine del suo governo, dando a gran parte dell’opinione pubblica l’idea di un premier spregiudicato che ha contribuito a mandare in fumo miliardi di risparmi; uno che non ha risarcito sufficientemente i cittadini truffati, e che quando una signora di una certa età protesta davanti a lui, invece di scusarsi l’apostrofa in modo brusco: “avete rubato lo dice a sua sorella”.
Eppure, no, dietro la “sfiducia” a Visco c’è molto altro. La faccenda è diventata chiara con la pubblicazione dei messaggi che, proprio pochi minuti prima del voto sulle mozioni, hanno infuocato la riservatissima chat tra la Finocchiaro, ministro dei Rapporti con il Parlamento, e una decina di deputati dem. Proviamo a riassumere: il testo della mozione “renziana” viene presentato all’insaputa del Governo, il bliz viene intercettato e segnalato a Gentiloni e Padoan mentre la Finocchiaro cerca di mediare limando il testo “inaccettabile” e tenendo a bada chi, tra i dem, si è infuriato non solo per il contenuto della mozione, ma per il metodo. A chi minaccia di non sostenerlo, lei risponde che “è preferibile non farsi sconfiggere in aula dal gruppo Pd con la sua mozione”. Tradotto: se non votate, il Governo rischia di saltare.
Il vero obiettivo di Renzi era dunque forse proprio questo, far cadere la “sua” maggioranza. Una strategia così palesemente ricattatoria, aggressiva e arrogante, tradisce un evidente nervosismo. Cosa turba così profondamente il segretario del Pd da costringerlo a tentare il “tutto per tutto” anche a costo di dover rinunciare a fair play e cortesia istituzionale?
La risposta potrebbe essere cercata nelle vicinissime elezioni siciliane: se si realizzasse l’incubo della sua lista che arriva addirittura quarta, dopo quella di Claudio Fava, per capirci, a palazzo Chigi non ci torna proprio più. Allora – potrebbe essere il suo ragionamento – meglio provare a giocare d’anticipo, far saltare il tavolo e buttarla in caciara: innescare una crisi di governo, affossare definitivamente il “fantoccio” Gentiloni, confondere ancora di più – se possibile – le già torbide acque della sinistra e risorgere come unico fiero sopravvissuto per una nuova campagna elettorale. Il gioco, oltre a essere molto sporco, è veramente pericoloso. Chi semina vento, la sua grande specialità, non può che raccogliere tempesta, e chi rischia di rimanerci affossato, è proprio lui.