Musharraf sotto impeachment. Quale sarà la sua prossima mossa?
07 Agosto 2008
In Pakistan è appena iniziato un altro capitolo della lunga crisi istituzionale al cui centro resta Musharraf. Questa volta però la scintilla non è scoccata nel fronte presidenziale. I partiti che si oppongono a Musharraf hanno raggiunto un accordo per procedere con la messa in stato d’accusa del presidente. L’alternativa al giudizio sono le immediate dimissioni.
L’iniziativa proviene dalla maggioranza parlamentare formata dopo le elezioni dello scorso febbraio. E’ una prova di forza politica esibita dalla maggioranza anti-Musharraf, che ritrova la sua compattezza dopo mesi di crescente malcontento. L’impeachment di Musharraf riunisce i due pilastri della coalizione governativa, il Partito Popolare del Pakistan (PPP), guidato dal vedovo di Benazir Bhutto, Zulfikar Al,e La Lega dei Musulmani Pakistani, storico movimento dell’ex premier Nawaz Sharif (PML-N), che fu defenestrato nel 1999 proprio dal colpo di stato incruento di Musharraf.
Le lacerazioni interne sulla strategia da assumere verso il presidente avevano scatenato polemiche proprio nel partito di Sharif, al punto tale che nel maggio scorso il PML-N aveva ritirato i suoi ministri dal governo. Motivo del contendere era la protesta di Sharif di fronte al mancato reintegro dei giudici deposti da Musharraf durante lo stato d’emergenza del novembre scorso e la linea troppo morbida del primo ministro Gilani verso il presidente.
Ma ora la messa in stato d’accusa di Musharraf ha ridato fiato ad una maggioranza in affanno. Eppure, dopo la convulsa e sanguinosa campagna elettorale, che costò la vita a Benazir Bhutto, il nuovo governo non aveva seguito una rotta in aperto conflitto col presidente. Il premier Gilani è infatti un moderato, ma privo di effettivo potere sui partiti di maggioranza. Anche da parte di Musharraf la tensione sembrava allentarsi, con una cordiale tolleranza verso il nuovo governo. La pressione maggiore che ha portato all’impeachment proviene quindi dal PML-N, il partito di Sharif, il più agguerrito rivale di Musharraf che non ha mai celato la sua completa condanna verso l’operato del presidente.
All’annuncio della messa in stato d’accusa, la reazione del presidente è stata l’annullamento della sua visita per l’inaugurazione dei giochi olimpici a Pechino – appuntamento che sarebbe stato utile a rinsaldare i suoi preziosi legami con la Cina. Quando l’impeachment era soltanto un’ipotesi, Musharraf si dichiarava pronto a resistere ad oltranza. Adesso che l’ipotesi si è fatta realtà, le strategie si diversificano dalle più morbide alle più estreme.
Il presidente studia le divisioni nel fronte del nemico e annuncia il reintegro di sei giudici deposti, togliendo terreno alle accuse che gli vengono mosse. Ma si ritrova pur sempre a corto di risorse. Le elezioni parlamentari hanno svuotato i seggi del partito del presidente che prima dominava la maggioranza. Per effetto del sistema elettorale, nonostante il PML-Q sia il secondo partito per voto popolare, i seggi ottenuti sottostimano pesantemente la sua forza elettorale. Pertanto la maggioranza può raggiungere i due terzi del parlamento richiesti per giudicare il presidente.
Allo stesso tempo, Musharraf ha lasciato l’uniforme militare per quella civile, rinunciando alla sua principale fonte di potere. Ma attualmente l’esercito non sembra disposto ad intervenire per il suo ex leader. Il suo successore, il generale Kayani, è anche un suo fedele, ma non sembra nutrire ambizioni politiche. Passati gli anni in cui Musharraf occupava il vertice dell’esercito e dello stato, l’esercito è alla ricerca di un profilo più sfumato.
L’unica risorsa per la sopravvivenza di Musharraf è anche quella più estrema. Per i poteri conferiti dalla costituzione, il presidente può sciogliere anticipatamente il parlamento e indire nuove elezioni – una mossa radicale per liquidare in un colpo solo l’impeachment e l’ostilità di governo e maggioranza. Musharraf è il personaggio chiave del Pakistan e rimuoverlo senza scatenare un’altra crisi sembra impossibile. In caso d’impeachment, la sua uscita di scena non è un esito scontato.